“MIA MAMMA MORTA DI COVID? NON MI SI DICA COSA PROVARE” - SELVAGGIA LUCARELLI RISPONDE A CHI L’HA CRITICATA PER AVER PARTECIPATO ALLA PUNTATA DI “BALLANDO CON LE STELLE” LO STESSO GIORNO DELLA MORTE DELLA MADRE, MALATA DI ALZHEIMER: “SI DÀ PER SCONTATO CHE LA MORTE DI UN GENITORE DEBBA VOLER DIRE SOFFERENZA, DOLORE, CHE CI SI DEBBA CHIUDERE IN CASA. IO RIFIUTO QUESTI CLICHÉ SULLA SOFFERENZA DOVUTA. BISOGNA DIRE A CHIARE LETTERE CHE CI SI PUÒ SENTIRE SOLLEVATI, ANCHE SE NON È IL MIO CASO. NON C'È NULLA DI DOVUTO, OGNUNO ELABORA IL LUTTO COME DESIDERA - IL VERO ADDIO È STATO DUE ANNI FA, QUANDO L'HO GUARDATA NEGLI OCCHI E HO CAPITO CHE NON MI RICONOSCEVA PIÙ”
Martina Pennisi per www.corriere.it
Selvaggia Lucarelli prende fiato, come se stesse per tuffarsi in piscina. Riemergerà alla fine dell'intervista, aggrappandosi all'energia che la contraddistingue, oggi velata da una stanchezza e una delusione chiaramente udibili nella nostra conversazione telefonica.
«Per rispondere devo fare una premessa: i familiari di persone che soffrono di Alzheimer sono in qualche modo preparati. Non che si possa essere mai davvero preparati a perdere qualcuno, ma il momento in cui svanisce l'essenza della persona per quello che è stata, per come tu te la ricordi, è un altro».
Quando è successo a lei con sua mamma Nadia, malata di Alzheimer e morta sabato di Covid a 79 anni?
«Due anni fa, quando abbiamo perso la sua anima. Era rimasto il corpo, qualche sorriso, qualche sguardo in cui ci sembrava di scorgere un ricordo, un bagliore. Il vero addio è stato quando l'ho guardata negli occhi e ho capito che non mi riconosceva più. Ed è stato più doloroso dell'addio al corpo di ieri».
Al dolore per la perdita si è aggiunto quello per le critiche e gli attacchi di chi sostiene che non avrebbe dovuto partecipare alla puntata serale di Ballando con le stelle.
NADIA LA MADRE DI SELVAGGIA LUCARELLI
«Io mi aspetto sempre il peggio, ma quando arriva è sempre un po' peggio e un po' più sgradevole di quello che mi aspettavo. Di base c'è un enorme corto circuito: siamo così abituati alla strumentalizzazione del dolore trasformato in pochi secondi in rivendicazioni, posizionamenti e fertilizzante per il proprio brand che se uno osa lasciarlo in una stanza, senza esibirlo e sventolarlo, viene additato come cinico».
Potrebbero contestarle di non averlo proprio lasciato in una stanza: ha fatto un post sui social per dire che sua mamma non c'era più.
«No: io non ho scritto cosa provo, ho scritto che è morta. E non accetto che mi si dica cosa dovrei provare. Questo è un altro aspetto grave: si dà per scontato che la morte di un genitore debba voler dire sofferenza, dolore, che ci si debba chiudere in casa. Io rifiuto questi cliché sulla sofferenza dovuta. Bisogna dire a chiare lettere che ci si può sentire sollevati, anche se non è il mio caso. Non c'è nulla di dovuto, ognuno elabora il lutto come desidera».
Prendiamo uno dei commenti: il giornalista Clemente Mimun ha ritenuto necessario twittare che quando morì sua madre lo speciale Tg1 di cui era responsabile non andò in onda.
«Non capisco davvero che ragione ci sia di rivendicare la propria modalità di vivere il dolore. Sei migliore di me? Più sensibile? Più sintonizzato con la sofferenza? Ripeto: ognuno deve essere libero di viverla come desidera».
Con il senno di poi si sarebbe evitata questa polemica e non sarebbe andata in trasmissione?
«Non lascio che la retorica pubblica e il giudizio e il pregiudizio nei miei confronti condizioni e limitino le mie scelte. Lo rifarei altre cento volte. E quello che è successo non mi ha creato ulteriore sofferenza, ma diffidenza e amarezza. E ancora più consapevolezza di quanto la gente sia cinica e giudicante nei confronti altrui».
Sua mamma è morta di Covid. E di compromessi, ha scritto nel suo post. Cosa vuol dire?
NADIA LA MADRE DI SELVAGGIA LUCARELLI 1
«Vuol dire che noi tutti abbiamo accettato un compromesso necessario per continuare a vivere: la cosa importante è dirlo ad alta voce, non fingere che non esista, la rimozione è una cosa gravissima, crea morti di serie B. E mia mamma non è un morto di serie B perché non ha avuto la luce della prima fase della pandemia. Bisogna dirci ad alta voce che accettiamo che continueranno a morire 20mila persone all'anno per permettere ai più giovani e ai più forti di andare avanti, vivere, andare a scuola.
E dobbiamo renderci conto che la pandemia è stata rimossa anche dalla sanità: i reparti Covid sono stati smantellati e fortemente ridotti. Mia mamma ha trovato posto in reparto nell'ospedale in cui era stata trasferita solo perché mi ero esposta pubblicamente, dopo quattro giorni in corridoio, in pronto soccorso. È stato penoso, e solo dopo il mio intervento le hanno fatto la tac da cui è emersa la polmonite».
Nadia aveva — o forse è meglio dire avrebbe, vista la sua condizione — accettato il compromesso?
«È sempre stata generosissima, certo che lo avrebbe accettato. Come noi abbiamo accettato di correre il rischio di andare a trovarla nella residenza per anziani, prima che venisse trasferita in ospedale: abbiamo il dubbio di averle portato noi il Covid, ma qual era l'alternativa? Non vederla più e ricevere un giorno una telefonata che ci diceva che era morta di Alzheimer? È un bivio dolorosissimo, me ne rendo conto».
Quando l'ha vista l'ultima volta?
«Una settimana fa. Nonostante avesse il respiratore cercava ossigeno, aria. E non avrei mai voluto fosse quella l'ultima immagine che ho di mia madre. Non riesco a togliermela dalla testa, ma in realtà va bene così, perché mi ricorda in maniera indelebile cosa significa morire di Covid ancora oggi. E c'è un'altra cosa importante».
Mi dica.
«Mia madre era una radicale convinta, manifestava, faceva i banchetti a Civitavecchia per i referendum e ha lottato sempre per una legge sull’eutanasia negli anni in cui il tema non era ancora mainstream. Per me è stata una ulteriore sofferenza aver visto che a un certo punto per lei sarebbe stato un sollievo andarsene un po’ prima, prima di quella fame d’aria. È successo tutto quello che lei non avrebbe voluto, le ultime due settimane sono state un'agonia».
Proviamo a cambiare argomento: ieri sera Milly Carlucci ha detto di credere nella buona fede di Enrico Montesano, escluso da Ballando dopo una sua segnalazione perché ha indossato in diretta una maglietta della Decima Mas.
«Io non giudico quello che ha detto, ma quello che succederà. Non ci si poteva aspettare una crocifissione pubblica, anche perché lui ha negato di avere simpatie per il fascismo e per qualsiasi tipo di regime. Per me ha fatto una cosa molto grave perché sapeva molto bene il significato di quella maglietta, poi non credo sia fascista, ma che si sia fatto un po' contagiare dai no vax di estrema destra che frequenta nelle chat su Telegram. Diciamolo chiaramente però: io alla sua buona fede non credo. Quello che ha fatto è imperdonabile, ha rischiato anche di far saltare qualche testa».
Anche la sua sedia ha scricchiolato, come ha detto in tv?
«Quella era una battuta, non credo che né l'azienda né Ballando ci abbiamo pensato. Di sicuro io che sono così inflessibile con gli altri non posso nascondere sotto il tappeto una notizia del genere anche se dovessi rischiare il posto: il mio lavoro principale è da giornalista».
Ieri il suo compagno Lorenzo Biagiarelli è stato eliminato dal programma: ora non la accuseranno più di conflitto di interessi fra concorrente e giudice.
«Se questo era il conflitto di interessi di cui preoccuparsi in questo Paese è davvero indicativo di come le cose fondamentali passino inosservate e poi ci si occupi di una gara di ballo. Il presidente di un tribunale ha persino detto che sono colpevole di reati perché non capisce la differenza fra un concorso pubblico e una gara di ballo in tv. Che dire del Codacons... ci ha abituato a grandissime perdite di tempo e al narcisismo compulsivo del suo presidente».
Cosa farà ora, si prenderà qualche giorno?
«Martedì ci saranno i funerali a Imperia, la città di mia mamma. Poi continuerò a vivere nel mio spazio mentale che riesce a essere una camera stagna rispetto a tutto il resto».