
"TI STACCO LA TESTA, TI VIOLENTO" - I MESSAGGI CHE UN UOMO DELLA PROVINCIA DI TORINO HA MANDATO ALLA SUA AMANTE. I DUE SI SONO CONOSCIUTI IN PALESTRA: LA DONNA È SPOSATA E INTRAPRENDE UNA RELAZIONE EXTRACONIUGALE CON LUI - QUANDO LEI DECIDE DI TERMINARE LA LIAISON, L'UOMO PRIMA LA MINACCIA E POI DIFFONDE IN RETE I FILMATI HOT CHE AVEVA REALIZZATO DI NASCOSTO DURANTE I LORO INCONTRI - LA VITTIMA DI REVENGE PORN LO DENUNCIA E LUI VIENE CONDANNATO A OTTO MESI, CHE NON SCONTA IN PRIGIONE - INOLTRE, ALLO STALKER NON E' STATO IMPOSTO IL DIVIETO DI AVVICINAMENTO ALLA DONNA, CHE ORA VIVE NEL TERRORE...
Estratto dell'articolo di Lodovico Poletto per “la Stampa”
«Quando tutto questo è cominciato mi sentivo sbagliata io. Le minacce che ricevo? Pensavo fossero colpa mia. Mi sentivo la colpevole di tutto. C'è voluto del tempo prima di riuscire a prendere consapevolezza che ero io la vittima». Alle cinque del pomeriggio la ragazza vittima di revenge porn, di minacce e di stalking da parte del suo ex amante, finalmente si siede e mangia.
«Sa, sono smagrita tanto. Ho vissuto per mesi accompagnata da un'ansia che non mi lasciava mai, che mi chiudeva la bocca dello stomaco. Dalla donna sicura che ero prima, mi sono ritrovata fragile come un foglio di carta velina».
[...]
Silvia è una giovane madre che, qualche mese fa, ha avuto una relazione clandestina con un uomo: l'allenatore della palestra che frequentava. Come sia nata la relazione poco importa. I messaggi. Gli incontri. Le fughe fanno parte di un passato che Silvia vorrebbe non ci fosse mai stato. La relazione, però, dopo poche settimane arriva al capolinea.
Dice: «Era una storia sbagliata. Profondamente sbagliata. E io volevo tornare alla mia famiglia, alla mia vita precedente». Lui, però non accetta la sua decisione. La tempesta di messaggi. Di lusinghe e di minacce. Prima sottintese. Poi sempre più esplicite. «Vedremo cosa ti succede...». E poi: «...Te la farò pagare». Ancora: «Se vengo a sapere ciò che sto immaginando, vi stacco la testa a tutti due...». Basta? Assolutamente no.
Uno su tutti, il più rivoltante: «Ti violento». Infine i video hot diffusi online. Lo hanno arrestato perché uno dei messaggi più violenti lo ha inviato mentre lei era in Commissariato a presentare denuncia. Lo hanno ammanettato, processato e condannato. Otto mesi. Sei di lavori socialmente utili. E poi il percorso di rieducazione presso enti e associazioni che si occupano di prevenzione e assistenza psicologica a «soggetti condannati per questi reati».
Ma l'anomalia di questa storia è che lo stalker non ha nessun divieto di avvicinamento alla vittima. Niente braccialetto. Niente divieto di soggiorno nel paese dove Silvia trascorre le vacanze con il suo bambino: «Io adesso vivo nel terrore».
Per quale ragione?
«Perché questo è un paesino. E lui me lo trovo davanti sovente. Va nel ristorante sotto casa mia. Se mi vede seduta su una panchina ai giardini mi gira intorno. Guarda e non dice nulla, è vero. Ma questa non è più vita...».
Di cosa ha paura?
«Nei messaggi ha scritto delle cose terribili. Quel "vi stacco la testa" mi terrorizza. Sa, lui è un allenatore di pugilato. Potrebbe davvero ammazzarmi prendendomi a botte».
Parliamo di quando lo ha conosciuto. Era già così violento?
«No, era un tipo simpatico. Io ero in crisi con mio marito e mi sono lasciata travolgere. Sembravano attenzioni sincere, invece».
Invece?
«Invece era tutta una finta. Si rende conto? Mi ha filmata di nascosto».
Fa riferimento ai video che lui ha messo online?
«Certo. Ma che uomo è uno che fa questo alla donna con cui ha avuto una relazione? ».
Ha tentato di riavvicinarla?
«Dopo la sentenza no. Ma va in giro a dire che se lo mettono in galera lui si fa una doccia, una risata ed esce».
Cosa intende?
«Vuol far sapere che lui non ha paura di niente».
A chi?
«Sui social abbiamo diversi amici in comune».
E loro la difendono?
«In tanti mi hanno voltato le spalle. Come se avessi dovuto subire e tacere. Essere una delle tante donne che non riescono a dire basta. Perché lui è uno importante...». [...]
Che cosa intende?
«Che alla fine la società ti fa sentire colpevole. Che pensi di aver commesso tu il reato. Che meriti lo stigma che ti appiccicano addosso». [...]
E con la vita di tutti i giorni come fa?
«Non posso fare nulla. Lui è libero. E io sono la prigioniera di questa storia assurda.
Lui può permettersi di fare ciò che vuole. Io addirittura a volte cerco di evitare di uscire di casa».