CHE PALLE IL FOOTBALL: I CAMPUS USA SI FEMMINILIZZANO E PUNTANO SU YOGA, PILATES E ZUMBA

Federico Rampini per "La Repubblica"
La dottoressa Beverly Tatum la chiama la sua Wellness Revolution. L'ha lanciata guidando le sue studentesse in una classica corsa di resistenza per 5 miglia. Wellness Revolution, sarebbe una delle tante sigle del salutismo, se Beverly Tatum non fosse il rettore di un'antica università femminile di Atlanta.

Lo Spelman College di Atlanta celebra i 132 anni dalla fondazione e annovera tra le sue laureate un premio Pulitzer di letteratura (Alice Walker) nonché le discendenti dell'establishment afroamericano, dalle figlie di Martin Luther King a quelle di Sidney Poitier e Morgan Freeman.

Oggi lo Spelman College è all'avanguardia di una rivoluzione vera. Guida una pattuglia di università americane che hanno deciso di abbandonare gli "sport-spettacolo", i grandi campionati nazionali di football, basket, baseball, atletica leggera. Troppo costosi, troppo inquinati dal business e dagli scandali, troppo élitari. Meglio tornare allo spirito dello sport vero, e farne un'educazione di massa: investendo su attività che costano pochissimo e rendono molto (per i riflessi sulla salute).

Addio baseball, evviva lo jogging e il pilates, la zumba, lo yoga o le arti marziali. Insieme allo Spelman College ci sono una pattuglia di altri atenei, dal New York City College of Technology alla University of Maryland. Per adesso sono università minori nell'universo del " college sport", ma la loro scelta sta calamitando un'attenzione nazionale. Il
New York Times ha deciso di aprire un dibattito nel suo blog dedicato all'istruzione superiore, The Learning Network.

Potrebbe essere l'inizio di una svolta storica. Le università americane sono note nel mondo intero per l'attenzione che dedicano alle competizioni sportive, al punto da avere una federazione apposita, la ricchissima National Collegiate Athletic Association (Ncaa). I campionati hanno un'audience record, vicina agli sport professionisti; hanno dei canali tv specializzati che li seguono 24 ore su 24; e un giro di sponsorizzazioni miliardario. Ma proprio questa ipertrofia sta portando al collasso.

A far precipitare questa scelta dirompente dei college che voltano le spalle alla Ncaa, è stata sicuramente la catena di scandali recenti. Allenatori condannati per pedofilia, manager sportivi violenti, corruzione, e naturalmente il dilagare del doping. Il mondo dell'agonismo universitario non si distingue più dagli sport per professionisti, per degrado etico, aberrazioni farmacologiche, addirittura comportamenti criminali. Troppi soldi,
troppe tentazioni.

La dottoressa Tatum, che di mestiere è docente di psicopatologia clinica, alla sua drastica decisione è arrivata anche per un altro motivo. L'escalation di investimenti negli "sport spettacolo" è andata a scapito dell'istruzione stessa. All'origine, avere squadre d'alta classifica nel football, nel basket o nel baseball, sembrava un buon investimento per una università: esalta l'immagine dell'ateneo, attira più iscritti, e gli iscritti con le loro alte rette aumentano i fondi delle facoltà, trascinandosi dietro anche le donazioni dei mecenati (ricchi genitori, imprese).

Ma questo circolo virtuoso ha smesso di funzionare da tempo. Un recente studio degli American Institutes for Research, battezzato il Delta Cost Poject, ha rivelato una verità sconcertante. Le università che piazzano le loro squadre nei campionati di prima divisione della Ncaa, spendono da tre a sei volte in più per formare un atleta, di quanto investono nell'istruzione degli altri studenti. Lo sport è diventato una sanguisuga.

Nella Football Bowl Subdivision, uno "studente-atleta" costa quasi centomila dollari alla sua università, che invece ne spende soltanto 14.000 per uno studente che si limita a seguire i corsi di matematica, informatica, biologia.

La spettacolarità dei campionati della Ncaa è diventata una macchina infernale che sottrae risorse all'insegnamento. Mentre il livello di attività fisica esercitato dalla massa degli studenti è misero. La dottoressa Tatum si è sentita in dovere di lanciare la sua Wellness Revolution, anche guardando alle statistiche allarmanti sul diabete e l'obesità tra le sue studentesse.

Il rettore ha fatto un po' di conti: le sue 80 campionesse sportive, iscritte in sette categorie di competizioni Ncaa, costano 900.000 dollari all'anno all'università. Con una frazione di quella spesa, lo Spelman College può offrire a tutta la popolazione studentesca corsi quotidiani di zumba e yoga, pilates e kickboxing, nonché organizzare weekend di jogging e maratone a volontà. E ancora non si conoscono casi di yogi rovin

 

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