
ARBASINITE - SI HANNO IN ITALIA CASI FREQUENTISSIMI DI SREGOLATEZZA SENZA GENIO, PROGRAMMATA A TAVOLINO, CALCOLATA IN MODO FURBETTO. IN ALBERTO ARBASINO, AUTORE DI “FRATELLI D’ITALIA”, IL LIBRO PIÙ STRAORDINARIO DELLA SECONDA METÀ DEL ‘900, LA CONGIUNZIONE DI ESTRI E DI ASTRI E' FULMINANTE, LONTANA DALLE MISERIE TIPICHE DEL NOSTRO ESTABLISHMENT CULTURALE, CHE SOTTO SOTTO LO DISPREZZAVA - COME FLAUBERT CHE CLASSIFICAVA TUTTE LE SOMARAGGINI DELLA SUA EPOCA, ARBASINO ERA REO DI SMASCHERARE LA SUBLIME STRONZAGGINE ITALIANA, CON LE SUE COSTANTI ("CONFORMISMI E LECCACULISMI") E LE ULTIME MODE ("LA BELLA VOLGARITÀ") – ECCO PERCHÉ, ANCHE SE IMPERFETTO, IL DOCUMENTARIO DI MICHELE MASNERI HA LA GRANDE VIRTÙ DI RIPESCARE DALL’OBLIO UN GRANDE ARTISTA… - VIDEO
Natalia Aspesi per “la Repubblica”
italo calvino gore vidal alberto arbasino
La prima volta che ho conosciuto Alberto Arbasino aveva già tutta la fama pericolosa derivata dalla prima delle tre versioni del suo Fratelli d’Italia, uscita nel 1963: era lì, alla gloriosa Feltrinelli di via Manzoni a Milano che da tanto non c’è più, accanto a una bella ragazza che lo guardava quasi innamorata.
Lei, Gaia Servadio, aveva scritto il primo libro, Tanto gentile e tanto onesta, che poi venne tradotto in diverse lingue. Con quell’antica erre moscia, Arbasino mi pareva molto carino mentre presentava il romanzo di lei.
All’epoca lui diceva a chiunque di essere omosessuale, quando ancora per me quella parola era un mistero quasi indecifrabile. Servadio in seguito si trasferì in Inghilterra e scrisse molti altri libri: sua figlia per un po’ è stata sposata con Boris Johnson, ex premier del partito conservatore.
Rividi Arbasino per l’ultima volta alla tradizionale festa prenatalizia in casa Crespi, dove si teneva un piccolo concerto raffinato a cui poi seguiva una magnifica cena, sempre uguale da anni. Arbasino venne al tavolo dove Inge Feltrinelli mi aveva fatto sedere.
E da cui, urlando e fissandomi con antipatia, mi costrinse ad alzarmi. I tavoli erano tanti, per cui trovai subito un altro posto a sedere. Lo sapevo appassionato di donne bellissime, colte e nobili e non certo di una modesta signora, io, che si guadagnava il pane tentando di travestirmi da giornalista.
Nel 2020 Arbasino è venuto a mancare, a novant’anni, dopo una lunga malattia. Ed ecco che ora, cinque anni più tardi, diventa il protagonista di un docufilm intitolato Stile Alberto, tratto dall’omonimo libro di Michele Masneri edito da Quodlibet.
Prodotto dalla Rai, sostenuto da Luca Guadagnino, diretto dallo stesso Masneri con Antongiulio Panizzi, sarà presentato alla Festa del cinema di Roma. Un omaggio a un magnifico scrittore che tuttora scandalizza i benpensanti, soprattutto i tipi pro famiglia tradizionale e pro life.
Tra i produttori associati c’è Piero Maranghi, entrato in corsa nel progetto, che è riuscito a trovare i fondi per finirlo. «Ma io non sono un arbasiniano - racconta - anzi, lui mi era antipatico. L’ho visto a una cena alla Fenice di Venezia, e fu davvero scostante con il mio amico Pino Gavazzeni, figlio del grande maestro Gianandrea: ci rimasi male».
Ma forse proprio per questo distacco Stile Alberto finisce per essere, come dice Maranghi, un film onesto, sincero, che cita ogni più piccolo dettaglio legato al protagonista. Compreso il fatto che Voghera, sua località d’origine, ha dato i natali anche a Carolina Invernizio.
Il documentario inizia con una serie di cartoline che portano la firma di Arbasino, spedite da luoghi vicini e lontani: chi ne riceveva di più era il preferito. Giovanni Agosti, professore ordinario di storia dell’arte moderna, tiene le sue, in gran quantità, chiuse in un’apposita scatola, come fossero reliquie.
Con Masneri che gli gira attorno, esibisce la sua fede arbasiniana mostrando un Fratelli d’Italia situato nel punto più buio e stretto di un corridoio. Adriana Sartogo, che fu anche amica di Andy Warhol, apre il suo terrazzo e ci si trova davanti al maestoso Altare della Patria, a Roma. Lei ricorda il lato generoso di Arbasino, uomo prodigo verso i suoi amici: mostra il regalo che le fece, due piccole sculture antiche.
Lo stile di Masneri è quello di viaggiare nei ricordi, di far vedere lo scrittore giovane e molto bello, con baffi o senza (soprattutto senza). E poi nel lento progredire dell’età, e di un dolore - profondo, nascosto - che lo rese sempre più cupo. Naturalmente vengono mostrate anche le sue leggendarie, immancabili librerie, certe volte immense.
A ricordarlo ci sono Giorgio Montefoschi, spettinato scrittore quasi ottantenne, Masolino d’Amico, 83 anni, figlio della celebre Suso Cecchi d’Amico e del musicologo Fedele d’Amico. Una di quelle famiglie che hanno reso, se ancora si può dire, più colta l’Italia.
Così, pezzo dopo pezzo, impariamo chi era Arbasino, al di là dei tanti libri scritti con rigore e amore. Riviviamo l’ingenua pausa in politica nel partito repubblicano che lo deluse molto («mi facevano fare le copie dei comunicati stampa»). E quella nel cinema, quando diresse La bella di Lodi dal suo libro, con Stefania Sandrelli doppiata da Adriana Asti.
Anche se poi finì per lasciare a Mario Missiroli la regia, abbastanza disgustato da quel mondo. Visconti gli sembrava un gran maleducato, e anche con Fellini i rapporti non furono mai buoni: «Quello ti fa perdere due giorni per andare a fare dei pranzetti a Fregene, e poi ti ruba le idee». Non amava nemmeno Pasolini, di cui criticava il provincialismo.
E poi arriviamo in un meraviglioso appartamento che pare una piccola reggia, a Roma, all’ultimo piano del cinquecentesco palazzo Caetani. Qui vive Álvar González-Palacios, italiano di origine cubana. A 89 anni, è uno dei massimi storici delle arti decorative.
alberto arbasino - alle sue spalle, con gli occhiali, il compagno della sua vita Stefano Bollina
Ha un immenso terrazzo da cui si vede tutta la città. I libri, tanti, sono chiusi da spessi vetri. Nei primi mesi del prossimo anno uscirà un suo nuovo saggio. È lui finalmente a parlare delle nobili e bellissime donne che adoravano Arbasino.
Infine si torna alle origini, alla sua Voghera, in una farmacia ricca di decorazioni liberty: un’attività che permise ad Arbasino di vivere da benestante, girando il mondo. Masneri incontra suoi parenti e familiari: insieme scendono le scale del cimitero dove è sepolto e dove, in un’altra teca, ci sono i resti di Stefano Bollina, il compagno che gli è stato vicino per molto tempo e che morì prima di lui.
Ma a cinque anni dalla scomparsa del grande scrittore, anche l’editoria, oltre che il cinema, gli rende omaggio: il 25 novembre Feltrinelli ripubblicherà Fratelli d’Italia nell’impareggiabile versione del 1963 con la cura di Giovanni Agosti, e un ampio apparato filologico e critico.
Arbasino e Suni Agnelli in parlamento d
Il docufilm
Stile Alberto è il documentario dedicato ad Alberto Arbasino (1930-2020) diretto da Michele Masneri e Antongiulio Panizzi, tratto dal libro omonimo di Masneri edito da Quodlibet. Prodotto da Mad Entertainment con Rai Documentari e Luca Guadagnino, il film sarà presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma e andrà in onda il 28 ottobre in prima serata su Rai 3
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Marilu Gaetani d Aragona Elettra Marconi e Alberto Arbasino
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