"VADO IN PENSIONE" - L'ADDIO ALLA CATTEDRA DI ALESSANDRO BARBERO: "DOPO 40 ANNI NEI QUALI HO INSEGNATO STORIA MEDIEVALE, MI SONO ACCORTO CHE IL LAVORO DI DOCENTE È DIVENTATO INUTILMENTE PIÙ GRAVOSO. LA PRETESA DI TRASFORMARE STUDIOSI E RICERCATORI IN CAPI UFFICIO HA RESO STRESSANTE UN LAVORO BELLISSIMO” - LO STORICO CHE HA INCANTATO GLI ITALIANI CON LA SUA DIVULGAZIONE AMMETTE: “CONFESSO DI NON ESSERE UN GRANDE MAESTRO. LA NARRAZIONE SECONDO CUI UN LAUREATO IN LETTERE SARÀ UN DISOCCUPATO È FALSA PERCHÉ…”

 

 

Francesca Rivano per “la Stampa” - Estratti

 

alessandro barbero

Scatoloni pronti per essere imballati, libri accatastati e, sulla scrivania, tre tesi di laurea, discusse poche ore prima. Il professor Alessandro Barbero sta per traslocare dal secondo piano di Palazzo Tartara, espansione ottocentesca dell'Ospedale di Vercelli fondato nel 1224 dal cardinal Guala Bicchieri.

 

Va in pensione lo storico che ha rovesciato il paradigma del Medioevo come epoca buia e che, su YouTube, ha ottenuto due milioni di visualizzazioni con una lezione su Cavour. A Vercelli, Barbero è arrivato nel 1998, l'anno di fondazione dell'Università del Piemonte Orientale, come docente di Storia Medievale.

 

barbero risponde 1

Perché va in pensione?

«Il destino mi ha riservato la fortuna di trovare attività gratificanti anche al di fuori dell'Università. E, dopo 40 anni nei quali ho orgogliosamente insegnato Storia medievale, mi sono accorto che il lavoro di docente è diventato inutilmente più gravoso.

 

 

La burocratizzazione del nostro mestiere, il tempo passato a svolgere attività che un amministrativo farebbe molto meglio, la pretesa di trasformare studiosi e ricercatori in capi ufficio ha reso stressante un lavoro bellissimo. Non voglio provare l'ansia di sprecare il mio tempo in attività che non sono quelle per le quali mi sono formato e siccome sono sufficientemente vecchio per ricordare un periodo in cui le cose funzionavano in modo diverso, credo sia il momento di lasciare».

 

I suoi superiori come l'hanno presa?

«Nell'Università non ci sono superiori, al di là di una gerarchia per molti aspetti iniqua tra professori ordinari, associati e ricercatori. Chi assume funzioni dirigenziali è un tuo pari che hai votato e che, dopo qualche anno, tornerà al suo posto.

 

in viaggio con barbero 7

L'attuale società, però, incentiva una certa deriva verso le gerarchie, anche nelle scuole e questo, secondo me, è uno dei mali del sistema. O magari sono io che, a 65 anni, tendo a vedere gli aspetti negativi piuttosto che i lati positivi del presente».

 

Ventisei anni nello stesso ateneo ...

«Quando sono arrivato, questa Università era stata la seconda facoltà dell'Università di Torino, cresciuta grazie a studiosi di grandissimo valore, docenti che magari non si sono fermati a Vercelli per l'intera carriera ma hanno dato il proprio contributo a far nascere il progetto. E la città ha risposto fin da subito molto bene».

 

Non ha mai pensato di trasferirsi in un ateneo più grande o più conosciuto?

«Le grandi università offrono maggiori opportunità per chi voglia spendersi a livello organizzativo, curare progetti e cercare finanziamenti e agli studenti garantiscono un ventaglio di corsi maggiori. A me, però, interessa fare ricerca e insegnare. E un ateneo di medie dimensioni è decisamente la situazione ottimale. Sfianca meno per la quantità di esami da fare e di tesi da seguire e consente un rapporto più diretto con i ragazzi».

in viaggio con barbero 6

 

Ne sono passati tanti dalle sue lezioni?

«Dalle aule tantissimi: faccio tra i 200 e i 250 esami l'anno, niente rispetto ai numeri dei colleghi delle grandi Università, ovviamente. Ma abbastanza per poter dire che la qualità dei giovani, negli anni, non è cambiata. La quantità di teste, di gente appassionata è sempre la stessa. Certo, ogni generazione ha caratteristiche sue: oggi i ragazzi sono forse più fragili, più spaventati dall'incertezza del futuro e timorosi rispetto al passato, ma l'intelligenza e la passione che dimostrano nella ricerca non sono diminuiti».

 

Vengono in molti a chiederle la tesi?

«No, a dire il vero».

 

Sorprendente. Si è chiesto il perché?

in viaggio con barbero 5

«Il mio è un settore di ricerca un po' specifico. Negli ultimi tempi, poi ho avuto l'impressione che ci fosse un po' di timore, che i ragazzi si facessero qualche problema nel venire in questo ufficio».

 

Effetto collaterale della notorietà? Lei è un docente che mette in soggezione?

«Non credo. Confesso di non essere un grande maestro: lascio molta libertà agli studenti, cosa che ritengo positiva, ma non inseguo chi viene a chiedermi la tesi e poi, per qualche motivo, si perde lungo il tragitto».

 

(…)

Dipartimenti umanistici come il suo spesso sono eccellenze ma rischiano di essere un vaso di coccio rispetto alle facoltà mediche, tecnologiche o economico-giuridiche.

«Occorre fare una distinzione: da un lato ci sono la professionalizzazione offerta dagli studi e gli sbocchi professionali a essi collegati. E qui le prospettive non sono cambiate negli corso degli anni. Ma i nostri laureati insegnano tutti: è un lavoro che magari non li renderà ricchi, ma può essere molto gratificante.

 

barbero risponde 2

La narrazione secondo cui un laureato in lettere sarà un disoccupato è falsa. Va da sé, però, che nella dimensione attuale, in cui l'università è fortemente aziendalizzata, un dipartimento umanistico offra meno occasioni per collaborare con l'economia del territorio. E in un mondo in cui anche le carriere dei docenti si misurano sulla capacità di portare finanziamenti, i dipartimenti umanistici soffrono.

 

L'errore sta nel pensare che tutti vadano valutati nello stesso modo. Noi alleviamo quella parte di popolazione che vuole ragionare sulla storia, la filosofia, la lingua, i motivi per cui stiamo al mondo. Ed è una funzione indispensabile per il benessere della società: i nostri laureati magari non diventeranno ricchi, ma saranno il lievito che fa crescere le nuove generazioni».

alessandro barbero 37

 

Le chiedono mai un consiglio sull'università a cui iscriversi?

«A chi lo fa rispondo che in Italia l'Università recluta lo stesso tipo di docenti con la stessa qualità media. Non solo: alcuni degli atenei più prestigiosi si trovano in città di medie dimensioni, pensiamo a Pisa o a Padova. Noi docenti facciamo tutti lo stesso percorso, gli stessi concorsi ed è sbagliato pensare che se non si va a studiare in un grande centro non si avrà il meglio».

 

Tempo fa c'era chi sosteneva che le giovani (e piccole) università fossero nocive per la qualità del sistema formativo. Immaginiamo non condivida.

alessandro barbero 33

«Qualche anno fa, una ricerca nazionale classificò l'Università del Piemonte Orientale al secondo posto per il numero di studenti primi laureati della loro famiglia. Al primo posto c'era l'Università della Calabria. A me è sembrata una cosa bellissima, di cui sono enormemente orgoglioso, ed è la dimostrazione che certi atenei possano fare la differenza per il loro territorio, offrendo la possibilità di laurearsi a giovani che altrimenti farebbero maggior fatica a proseguire gli studi».

alessandro barbero coveralessandro barbero 7alessandro barbero 5alessandro barbero 4alessandro barbero 9

Ultimi Dagoreport

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…