
PEOPLE FROM CECCHETTO - DA FIORELLO A JOVANOTTI FINO A AMADEUS: VITA, OPERE E SCOPERTE DI CLAUDIO CECCHETTO, IL GRANDE BURATTINAIO DELLO SHOW-BUSINESS ITALIANO – “IL TALENTO È UN DONO, IL SUCCESSO È UN MESTIERE” – "I MÅNESKIN? ALL’INIZIO PENSAI: ‘NON SI PUÒ SUONARE COSÌ, CHE ROBA È?’ POI PERÒ SI SONO MESSI A STUDIARE” – SANREMO, LA “PIANTA” DI FIORELLO, I CAZZIATONI A FABIO VOLO, BERLUSCONI CHE SI INCAZZO’ QUANDO SI ASSOCIO’ A DE BENEDETTI: “MA PERCHÉ NON SEI VENUTO DA ME”. IO GLI DISSI: “GALLIANI MI HA DETTO CHE NON ERAVATE INTERESSATI” – E ALLA DOMANDA SU GIAMBRUNO (“LO PRENDEREBBE IN SCUDERIA DA LEI?”), RISPONDE…
Andrea Minuz e Michele Masneri per “Il Foglio” - Estratti del 23 dicembre 2023
Strangers in the night fatta da Vallanzasca non avrebbe mai funzionato. Dietro un successo c’è una persona, io ho sempre puntato su quella, perché il talento non lo puoi separare dalla persona”. Siamo qui, a Milano, zona San Siro, in una mirabolante palazzina tutta tonda opera del celebre Angelo Mangiarotti, negli uffici di Claudio Cecchetto, mentre ci espone la sua teoria del “bravo ragazzo” (“che non vuol mica dire coglione”, specifica Cecchetto). La teoria del bravo ragazzo proviene da Brian Epstein, leggendario manager dei Beatles (“dei Beatles mi piace tutto, qualsiasi cosa, non sono ancora riuscito a trovare un pezzo che non sia bello o perfetto”).
Punti fermi della teoria: “Sostituire il chiodo di pelle con giacca e cravatta, mai fumare, fare un inchino alla fine. Io coi miei ho sempre fatto così. Da Lorenzo agli 883 a Gerry Scotti a Fiorello avevano tutti l’aspetto da bravi ragazzi”. E qui l’elenco è davvero interminabile: Fabio Volo, ma anche Pieraccioni, Amadeus, Sabrina Salerno, Sandy Marton, si potrebbe continuare a lungo. Cecchetto è il Quincy Jones dei nostri anni Ottanta. Manager, imprenditore, deejay, produttore, talent-scout inesauribile, forever pischello, anche se ha da poco superato i settanta. Un pezzo fondamentale dell’immaginario italiano.
(...) Tolta la musica dance in sottofondo, Cecchetto inizia a parlare di questo “People from Cecchetto”, andato su Rai Uno pochi giorni fa. Parla un po’ come Vasco Rossi, ma con più ritmo, più veloce, “a mitraglia”, come dicevano all’epoca di “Chewing Gum” e “Discoring”, quando Cecchetto sfoggiava sul petto una stella da sceriffo. “Stare su Rai Uno, in prima serata, tipo Ballando con le stelle, ma con un documentario è stato pazzesco. Alcuni amici poi mi hanno detto che sembrava di vedere Netflix, insomma non una cosa lenta, istituzionale, pallosa”. Non sembrava la Rai insomma. Questo “People from Cecchetto” è armocromicamente filologico: grafica con effetto-glitch, titolo in neon “Studio 54”, font dei vecchi Atari, Cecchetto Mario Bros che si aggira in una Milano di pixel. E una carrellata di volti, voci, ricordi di amici, creature e carriere generate da Cecchetto. Oggi che in molti pretendono e ottengono un docufilm magari anche dopo un’opera prima, stupiva in effetti l’assenza di un film sulla strabiliante carriera di Claudio Cecchetto.
(…) Nel documentario si vede Cecchetto per le strade di una Milano grigia che domanda “signora ma lei sa cos’è un disc jockey?” ma non lo sa nessuno. “Oggi a Milano c’è il problema della casa che non si trova, allora non si trovavano cantine sufficienti”. Cecchetto comincia in vari locali, al Panthea, dove il proprietario lo fa sostituire il vecchio amato dj alla cieca, sembra un modulo che poi Cecchetto ha ripetuto coi suoi artisti, dando fiducia basandosi sull’istinto, correndo anche dei rischi. Poi al Divina, leggendario locale in via Molino delle Armi. “Il Divina era lo Studio 54 europeo”.
claudio cecchetto jovanotti fiorello
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Comincia a passare i compiti di matematica a tutti i compagni. Nel frattempo una serie di lavoretti: scaricatore al mercato, comparsa al cinema, in “La classe operaia va in paradiso” di Elio Petri, figurante Rai a Corso Sempione. “Mi chiamano in Rai per uno sceneggiato e devo fare un certo Igino Tarchetti, esponente della Scapigliatura ottocentesca, mi pagano sia la diaria che la prova costume, io sono felicissimo. La volta dopo un guerriero unno. Penso che sia il paese dei balocchi ma da lì in poi un disastro. Solo comparsa nel pubblico. E chiedevo più soldi, mi ero montato la testa, mi cacciano via, non lavorerai mai più in Rai, mi dicono”.
Senza pensare che qualche anno dopo si ritroverà conduttore di DiscoRing, e di tre Sanremo fondamentali, 1980, 81 e 82. Eccoli, i suoi Sanremo: scordiamoci quelli di oggi che tengono incollati tutti tra social e meme. All’epoca, “nel 1979 Sanremo era andato a picco. La cittadina durante il festival era deserta, non come oggi.
C’erano pochissimi giornalisti, un posto triste di mare, come tanti, non c’era il caravanserraglio di imitatori, casi umani, sosia, presenzialisti come adesso. Sanremo rinasce un po’ con me”, dice Cecchetto, “ma tutto nasce da una buona intuizione di Gianni Ravera, il più grande organizzatore di festival in Italia, che faceva il festival da vent’anni: abbiamo rimesso la musica al centro, ma tolto l’orchestra, che sapeva di vecchio, e poi come diceva Ravera c’ero io che parlavo talmente veloce, c’era spazio per una canzone in più, così diceva”. Quello di Cecchetto è un Sanremo trasformato in discoteca, con la musica che riprende spazio, “come oggi del resto, e il caso vuole che sia uno dei miei (Amadeus)”.
E’ il Sanremo del “Gioca Jouer”, il nostro primo ricordo di Cecchetto da bambini e sigla dell’edizione 1981. Non una canzone ma un tutorial da rifare davanti la tv, tipo aerobica di Jane Fonda. Il “Gioca Jouer” era TikTok prima di TikTok. E con molte più royalties. All’apprendistato del Quincy Jones italiano contribuisce anche un corso da venditore che gli segnala un amico: “Era una roba tipo multilevel marketing, si trattava di vendere ninnoli d’argento, tu dovevi comprare un quantitativo di merce e poi venderla, io li detti tutti a mia sorella i ninnoli da vendere, però pensai che le nozioni erano molto interessanti, ma non le avrei applicate all’argento”.
Nel frattempo cova la passione per la radio. Il 10 marzo ‘75 nasce Radio Milano International, la prima radio libera italiana, sfruttando un vuoto legislativo. “Si dice che trasmetta da un camioncino in movimento per non farsi sequestrare dalla polizia”. Cecchetto si presenta e deve cominciare a mettere musica ma paralizzato dal terrore “scelgo il pezzo più lungo che trovo, uno da 7 minuti”. Sarà naturalmente un successo, anche trovarsi al posto giusto al momento giusto, che sembra essere una caratteristica della sua carriera sfolgorante.
gerry scotti kay sandvik cecchetto e sandy marton
(...) Poi per anni sarà “il ragazzo con la stella” e “lo sceriffo di Discoring”. Fiorello racconta che se la mise pure lui mentre faceva l’animatore in Sicilia, per imitare Cecchetto che guardava in tv, col risultato dello sbertucciamento: “arriva lo sceriffo di Villasmundo”. Fiorello entrerà nell’orbita di Cecchetto ai tempi successivi di Radio Deejay, incontrato in un villaggio turistico grazie alla segnalazione di Bernardo Cherubini fratello di Jovanotti. “Pippo Baudo lo aveva bocciato, dicendo che aveva tempi troppo lunghi”.
Sabrina Salerno nel documentario dice che Fiorello era un tipo strano, che andava in giro scalzo per la città, chiuso nella sua bolla pensando di essere sempre in un villaggio vacanze. Cecchetto racconta che “faceva a tutti lo scherzo del polpo saltatore quando arrivavi al villaggio: un pentolone da cui saltava fuori un peluche, che secondo lui doveva far ridere”.
SANDY MARTON KAY SANDVIK GERRY SCOTTI CECCHETTO
Fiorello viene sottoposto al modulo classico di apprendistato cecchettiano: la teoria dell’attesa o della pianta. “Vieni da me, non fai niente ma impari. Fai la pianta. In una Radio ad esempio, al di là dei ruoli formali, chi conta davvero? Che hobby ha il direttore del palinsesto cui voglio proporre un programma? Qual è il momento migliore della giornata per chiedere le cose? Cosa è meglio non dire mai? Cosa è meglio fare sempre? Piccoli dettagli da cui dipendono i successi che cambiano la carriera e la vita delle persone. Sono minime variazioni, che percepisci solo se stai immobile, in attesa, come una pianta, appunto, che è viva, ma non si muove, si fa notare il meno possibile… e vede tutto”.
Ci sono passati tutti, gli 883, Gerry Scotti, e Fabio Volo. Volo – vero nome Fabio Bonetti, cambiare nomi è un’altra prerogativa di Cecchetto (Amadeus era Amedeo Sebastiani, Gerry era Virginio Scotti, ecc. ecc) – racconta anche il lato oscuro di Cecchetto cioè i celebri cazziatoni. “Anche di tre o quattro ore”, ammette Cecchetto oggi. “Ma se ti cazzio vuol dire che ci tengo, sennò non perderei tempo”. “Volo mi ringraziava, ed era un po’ strano. Io gliene dicevo di tutti i colori e lui: grazie, grazie! Ma come, ti cazzio e mi dici grazie?”. Tutti i cazziati e felici sono passati dalla scuola-factory di Cecchetto, che a un certo punto mette su proprio una specie di comune, vicino agli uffici di Radio Deejay, dove tutti i talenti della scuderia, che son spesso talenti di provincia, hanno una casa, un posto dove dormire.
fiorello marco trani claudio cecchetto
A un certo punto, mentre parliamo, suona il citofono, Cecchetto va a rispondere, dice “eccone un altro”. Dopo che è uscito il documentario dice che è tartassato da proposte, da autocandidature, come è sempre stato nella sua carriera, “ma io devo vederli, prima, devo capire bene chi sono”. Oggi ci sono i talent per diventare famosi. “Sono un modo come un altro per arrivare al pubblico ma bisogna tener conto che sono uno spettacolo televisivo, cioè la gente vuole lo show.
Una volta sono andato a ‘X-Factor’, come quarto giudice, quando era ancora su Rai 2. Nell’anteprima sento dei commenti di alcuni ragazzi: ‘wow, c’è Cecchetto’. Poi andiamo in onda, il primo cantante fa ‘Perdere l’amore’ di Ranieri, io dico: per me è difficile esprimere un giudizio, l’abbiamo sentita fare talmente tante volte questa canzone. Poi arriva un gruppo, io dico, ‘ragazzi sapete cosa vuol dire un gruppo per un produttore? Siete in cinque, quindi spese di vitto e alloggio e trasporti moltiplicate per cinque’. Insomma, giudizi tecnici. Mentre tutti vogliono lo show. Alla fine sento i commenti la volta dopo. ‘C’è Cecchetto, che palle’”.
Dei cantanti di oggi chi le piace? “Mi piace Naska”, dice Cecchetto dando naturalmente per scontato lo si conosca bene anche noi (Naska è un emorapper di Loreto nelle Marche, si chiama Diego Caterbetti, va fortissimo tra gli adolescenti). E I Måneskin? “I Måneskin li avevo visti a ‘X-Factor’ all’inizio, e io cresciuto con Deep Purple e Led Zeppelin penso: ma dai, non si può suonare così, che roba è? Poi però li ho sentiti due anni dopo, erano cresciuti tantissimo, si erano messi a studiare”. I Måneskin come dimostrazione della massima cecchettiana, “il talento è un dono, il successo è un mestiere”. “E poi sprovincializzano la musica italiana, ma direi l’immagine italiana nel mondo, questa cosa mi piace, c’è tanto spettacolo nei Måneskin, uno spettacolo studiato, scritto bene, loro che incarnano quattro tipi diversi, così ognuno si può identificare”.
Fiorello Corrado Rizza Franco Nocera Claudio Cecchetto
Tornando al metodo Cecchetto: controllo totale del look suo e dei suoi (“Sogno un talent in cui si veda il cantante senza sentire la musica, per capire com’è lui come personaggio”), quando compra le frequenze per Radio Deejay c’è disponibile solo il 99,7 ma “non mi piaceva, mi sembrava un numero non tondo, così abbiamo sempre detto novantanovemilaesettecento”, grandiosità che vende.
Quando cambia la macchina aspetta la targa MI-XO. Alla fine dai, si è capito, basta unire i puntini: chierichetto, risolutore di compiti in classe per altri, intelligenza inquieta e smaniosa di fare, l’America sempre in testa, radio e musica anziché cinema e tv, ossessione del dettaglio: Cecchetto e Berlusconi, due vite parallele.
“Per me Berlusconi era un modello, certo. La prima volta lo incontrai in via Rovani nel suo primo ufficio. Ricordo che si venne a sedere dalla mia parte, alla scrivania, un uso che ho imparato da lui. Poi, tanti altri incontri.
Quando facemmo Chewing Gum per Tele Milano, non ancora Canale 5, a un certo punto che il programma andava bene, mi misi in testa di chiedere un aumento, prendevo duecentomila lire a puntata, volevo chiederne 400. Ma lui mi precede, mi convoca, mi fa un sacco di complimenti e senza che io proferisca parola mi dice: uno come lei deve prenderne 300! E lì io ero tutto contento, non solo per l’aumento (che era meno di quanto avrei chiesto io) ma per il tratto umano, per la stima”. In questo, nel calore umano ma anche nella mezza fregatura, sta un sublime miniritratto di Berlusconi.
albertino claudio cecchetto linus
Una cosa che non gli andava giù, a Berlusconi, erano però i capelli lunghi. “Quando andai militare finalmente li dovetti tagliare e lui era tutto contento”. E poi “ricordo una festa dei Telegatti, quando era appena entrato in politica. Ero seduto al tavolo con Berlusconi e lui raccontava tutti questi nuovi problemi da gestire da quando era stato costretto a scendere in campo. Io ascoltavo mentre elencava le difficoltà: le stasi della politica rispetto al ritmo degli affari, le manovre, le alleanze, eccetera, si lamentava un sacco. Allora gli dico: ‘Silvio però ti stai anche divertendo o no?’ ‘Beh sì, sì…’ fa lui”.
mike bongiorno silvio berlusconi
Da Berlusconi, dice, ha imparato parecchio cose. “Per esempio a non rompere le palle, anche quando ti serve qualcosa. Essere sempre leggeri. Parlare di calcio ( “oh hai visto come va l’Inter”, Cecchetto è interista, unica divergenza con B., alle sue spalle una lettera di Massimo Moratti), e poi in caso chiedere quello che ti serve. “Quando gli rompevo le palle, Berlusconi iniziava giustamente a non rispondermi più. Grazie a lui ho imparato poi a farlo anche io con quelli che rompono le palle a me”. Non rompere le palle “al dottore” però aveva degli svantaggi.
Nel 1988 per ingrandire Radio Deejay Cecchetto cerca un socio. Va alla Fininvest perché mettere ripetitori radio sui loro piloni già esistenti sarebbe stata la cosa più ovvia, e parla con Galliani che però dice di non essere interessato. Allora Cecchetto va da De Benedetti che diventerà socio sia di Deejay e poi dell’altra creatura cecchettiana, Radio Capital, e alla fine si prenderà entrambe. Curioso che per un berlusconiano come Cecchetto lo sbocco sia sempre l’Ingegnere suo acerrimo nemico. Trattava direttamente con lui? “No, coi suoi ma devo dire che lo rappresentavano perfettamente”, dice Cecchetto con un ghigno.
claudio cecchetto gerry scotti radio deejay
Berlusconi quando scopre che Cecchetto si associa a CDB si arrabbia, ma come, perché non sei venuto da me. “Ho parlato con Galliani che ha detto che non eravate interessati”. “Ah, ho capito”, Berlusconi abbozza. Berlusconi che capisce la potenzialità di una Deejay Television, cioè poi la copia della Mtv vista in America (“un amico mi fece vedere quella novità e io rimasi inebetito per ore a guardare quei video”), video che “passare” in tv ha costo zero. Mentre Mike Bongiorno gli sconsiglia di chiamare la radio Deejay: “Fattelo dire da un americano. E’ una parola che non esiste”. Cecchetto è stato al funerale di Berlusconi. Lo votava? “Ma certo”. E’ sorpreso della domanda. “Era il minimo”.
A proposito, ma De Michelis, patito di discoteche, l’ha mai incrociato? “Certo, mi intervistò per il suo libro-guida alle discoteche ‘Dove andiamo a ballare questa sera’”. Cecchetto non ha mai voluto far politica nazionale ma si è candidato nella sua “residenza estiva”, Misano Adriatico e Riccione, senza però essere eletto, nonostante a Riccione abbia dato tanto. E’ sua l’idea dell’Aquafan, la dépendance estiva di Radio Deejay, che alla fine degli anni Ottanta movimenta e rilancia quel pezzo di riviera.
(...) Però Jovanotti, suo pupillo, è diventato un’icona di sinistra. “Ma tutti nasciamo di sinistra!” dice Cecchetto, “e poi come si può non essere d’accordo con le cose che dice Lorenzo? Essere contro la fame o contro la guerra, ma chi è che preferisce la guerra alla pace?”. Senta Cecchetto, ma Giambruno lo prenderebbe in scuderia da lei? “Mmm”, fa Cecchetto. “Alexa, metti volume tre”.
claudio cecchetto jovanotti
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claudio cecchetto
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