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IL CINEMA DEI GIUSTI - DIFFIDARE DEI MILIARDARI CHE SEMBRANO GENEROSI: "FOXCATCHER" È UN FILM DI GRANDE LIVELLO, E CI SVELA IL LATO DRAMMATICO DI STEVE CARRELL

Marco Giusti per Dagospia

 

Foxcatcher – Una storia americana di Bennett Miller.

 

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Lo sappiamo dai tempi di Charlot e di Paperino che bisogna diffidare dei miliardari ricchi e stravaganti che sembrano generosi. Non lo sono mai. E sono anche pericolosi. Meglio un coach come Massimo Ferrero.

 

Anche se non ha avuto premi né a Cannes, dove è stato presentato in concorso un anno fa, né agli Oscar, malgrado le cinque nominations pesanti (regia, sceneggiatura, attore protagonista e non protagonista), è molto piaciuto alla critica internazionale questo duro, complesso e notevole Foxcathcher – Una storia americana, diretto da Bennett Miller, il regista di Truman Capote e Moneyball, e scritto da E. Max Frye e Dan Futterman, che hanno raccolto un caso per i più ignoto di follia da american dream assolutamente straordinario.

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Siamo alla fine degli anni '80, dopo le Olimpiadi di Los Angeles. Mark e Dave Schultz, cioè Channing Tatum e Mark Ruffalo, sono due fratelli uniti da un'infanzia di stenti da orfani che hanno superato grazie alla lotta libera. Se Mark, il fratello minore, è il più forte tecnicamente, Dave, il maggiore, è la testa dei due, e il suo vero coach. Mark non esiste staccato da Dave, anche se ha dovuto digerire il fatto che il fratello si sia fatto una famiglia, una moglie, Sienna Miller, dei figli.

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E' una specie di gigante buono e fragile, fresco di medaglia olimpionica e di successi ovunque, ma incapace di costruirsi una sua identità fuori dal wrestling e lontano dall'amore del fratello. Lo chiama un miliardario bislacco, John DuPont, interpretato genialmente dal comico Steve Carell come se fosse un Vittorio Cecchi Gori in pessima forma, ma con la candidatura per l'Oscar già in tasca, rampollo di una delle più potenti famiglie d'America, i Du Pont, fabbricanti di armi e munizioni, totalmente reazionari e guerrafondai. John, che ama farsi chiamare l'Aquila, tipo Gigi Reder in Il tifoso, l'arbitro e il calciatore, è un fan del wrestling e vuole per la sua squadra, la Foxcatcher i due fratelli campioni.

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Dave non ci casca, deve seguire la famiglia, mentre Mark sì e precipita nella follia del miliardario, che vive da single con la vecchia potente madre, Vanessa Redgrave, che odia il wrestling considerandolo uno sport minore rispetto all'equitazione e alla caccia alla volpe. John sogna di fare il coach di una squadra, di essere un mentore, un padre per Mark Schultz, di fargli vincere il campionato del mondo e poi le Olimpiadi di Seoul nel 1988.

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Ma è pazzo, ossessivo, forse gay represso e strapippato di cocaina, che fa prendere anche a Mark, che non sa neanche cosa sia. Non si capisce quanto ci sia di tensione sessuale fra i due, anche se un po' tutto il mondo del wresling sia costruito come un universo maschile di grande contatto carnale. Certo è che quando anche Dave entra nel team le cose si complicano. Mark rifiuta totalmente prima Dave e poi John come figure paterne, anche se poi torna docilmente fra le braccia del fratello.

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Ma nel complicato intrigo fra i tre personaggi, dove l'unico sano di mente è Dave, dopo la fuga di Mark dalla tenuta dove John DuPont ha chiuso i suoi lottatori, ci scapperà un morto, frutto della follia e della solitudine del miliardario. Più che un film sul wrestling e su un celebre fatto di cronaca, sembra un film sulle contraddizioni americane, sulla difficoltà di costruirsi una identità in un paese dominato dal potere dei soldi e delle armi.

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DuPont è schiavo del proprio ruolo e cerca di uscirne con una parodia del miliardario mecenate. E' ossessionato dai media, dal documentario che cerca di fare che lo mostra come il coach e il mentore del campione, vuole costruirsi un ruolo che non potrà mai avere. Mark è schiavo del suo ruolo di fratello minore a causa della povertà della sua infanzia e dal sentirsi schiacciato dalla figura fraterna.

 

Film di grande livello, che lascia varie letture possibili, completamente aperte. Mark Ruffalo e Channing Tatum bravissimi, ma Steve Carell, finora solo un popolare comico americano, è la vera scoperta. In sala dal 12 marzo.

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