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COSBY STRATEGY - PRIMA LE ATTIRAVA CON IL LAVORO O FACENDO DA MENTORE, POI LE DROGAVA, ABUSAVA DEI LORO CORPI INERTI, INFINE LE LICENZIAVA COME MITOMANI, BUGIARDE E CERCATRICI D'ORO. MA LA COPERTINA DEL 'NEW YORK' METTE LA PIETRA TOMBALE SULLA LIBIDO DEL BUON VECCHIO DOTTOR ROBINSON

Vittorio Zucconi per “la Repubblica

 

bill cosbybill cosby

Ascoltate le voce di quelle trentacinque donne mute in nero fotografate sulla copertina del New York Magazine , perché tutto il mondo le guardasse e le conoscesse. Dicono tutte la stessa cosa: «Noi non abbiamo paura». Noi donne non abbiamo più nessun contorto pudore, nessuna inutile vergogna nel metterci la faccia e denunciare di essere state violentate da un uomo- mito, da una celebrità planetaria, da uno stupratore seriale con un nome leggendario e irraggiungibile: Bill Cosby.

 

Guardiamole perché queste donne sedute in pose identiche su trentacinque sedie accanto a una lasciata vuota per aspettare le altre che ancora non hanno avuto lo stesso coraggio, sono tutte diverse fra di loro — anziane, giovani, bionde, afro, magre, rotonde — sono un’unica persona.

 

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Migliaia, milioni di altre, potranno identificarsi e cercare la forza per fare quello che loro hanno osato fare: denunciare un intoccabile come Bill Cosby, un mostro sacro dello spettacolo che girava per il mondo e le università predicando e interpretando le virtù, per quello che ormai sembra essere. Un predatore di donne nascosto nel mantello della propria invulnerabilità.

 

La copertina del settimanale newyorkese, divenuta istantaneamente globale grazie all’eco di Internet, ha richiesto sei anni di lavoro per convincerle e poi ancora sei mesi di incontri con quelle donne per farle diventare quello che oggi vediamo: un’icona moderna in bianco e nero nella quale, come nelle icone russe, immagini laicamente ieratiche, statiche e perciò implacabili formano il coro che denuncia il pantostupratore Cosby, il demone che ha distrutto due volte la loro vita.

 

Prima aggredendole, drogandole, ricattandole, ubriacandole di barbiturici e tranquillanti prima di abusare a volte dei loro corpi inerti («Non immaginavo che ti piacesse scopare i cadaveri», disse una di loro svegliandosi insudiciata a letto, dal coma artificiale nel quale lui l’aveva precipitata) e poi licenziandole come mitomani, bugiarde, cercatrici d’oro.

bill cosby donnebill cosby donne

 

Per 15 anni, dal 2000 quando Lachele Covington, che aveva fatto una particina da cameriera nel Cosby Show ( I Robinson nella versione italiana) lo denunciò per averle messo le mani addosso in camerino e fu ignorata dalla magistratura, almeno quarantasei donne si sono fatte avanti, cadendo nella incredulità e poi nella prescrizione.

 

Prima esitando, spesso nell’anonimato, poi via via più coraggiose, sono uscite da un’oscurità cominciata nel 1965, con il primo presunto stupro, per raccontare storie che le autorità e l’opinione pubblica rifiutavano di accettare per l’enormità delle accuse, per l’oscenità dei dettagli, e per l’impossibilità di riconciliare le loro denunce con la figura paterna, benevola, benedicente di un uomo che doveva la propria fortuna alla finzione dell’afroamericano buono ed esemplare.

 

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No, Cosby no, non era possibile. Laureato in letteratura inglese ad Amherst in una delle università umanistiche più selettive e più politically correct d’America, “alma mater” anche di quattro Nobel tra i quali l’economista Joseph Stiglitz e schiere di Pulitzer. Autore di una dissertazione dottorale, Alberto il Ciccio e i bambini Cosby letta ancora oggi, ma non per molto, alle elementari. Sposato con la stessa moglie dal 1964 e padre di cinque figli.

 

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Autore e protagonista di una serie tv, il Cosby Show , per quattro anni consecutivi numero uno per ascolti, racconto di una perfetta famiglia afroamericana nella quale lui, nella parte — ironicamente tragica vista oggi — di un ginecologo, guidava con bonomia la vita di una casa nel nostro tempo. Cosby, che ha oggi 78 anni, era lo stereotipo del “nero” che i bianchi possono ammirare, e che gli afroamericani possono sognare di essere.

 

Poi, la maschera comincia a incrinarsi. Lachele denuncia l’aggressione in camerino, i palpeggiamenti, le mani, le spinte e ancora era ben poco, rispetto a quello che Beverly, Patricia, Marcella, Tamara e le altre “Women in Black” avrebbero denunciato. La sua era ormai una tecnica perfezionata, il modus operandi di un criminale in serie, secondo queste narrazioni. Erano ragazze, segretarie, ammiratrici, giovani attrici alla ricerca di un’occasione ricevute dal grand’uomo.

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Arrivava l’offerta di un drink per metterle a loro agio, per calmare i nervi di giovani con le mani sudate di fronte a un gigante. E la pastiglie sciolte nel drink, o offerte per calmare un mal di testa, un’agitazione, molte volte compresse di Quaalude, l’antidepressivo, ipnotico, euforizzante oggi proibito, ma diffusissimi negli anni 70 e 80 e sempre disponibile al mercato nero. Quello stupefacente che DiCaprio finge di ingoiare a manciate nel suo Wolf of Wall Street .

 

Predecessore del Roipnol, la potente benzodiazepina divenuta la droga d’elezione per il date rape , lo stupro da appuntamento normale, il Quaalude le stendeva secche. Ricordano di essersi svegliate, o avere ripreso lucidità parziale, sui letti, sui divani, seminude, mentre lui le assaliva, le frugava ovunque, le penetrava ovunque, e lo vedevano rivestirsi, ridendo di quel suo sorriso così buono.

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«Avevo capito che le sarebbe piaciuto, ma non osava dirmelo», spiegò sorridendo complice, da uomo a uomo, nella deposizione nel corso di una querela che mise a tacere versando dieci milioni di dollari alla vittima.

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Ma ora lo show è finito. Quell’inerme e micidiale schieramento di “Donne in Nero” è il suo plotone di esecuzione. È il coro muto che ha trovato la voce della verità, di fronte alla lunga menzogna della violenza, dopo una vita di dolore offeso e segreto, a volte lunghissima, come una di loro che ha oggi ottanta anni e s’è portata dentro il segreto per mezzo secolo. L’icona spezza l’omertà del silenzio, sbriciola il solito sospetto della mitomane che s’inventa, riporta la vergogna e l’obbrobrio dove deve stare, dalla vittima al carnefice.

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Ma accanto al dramma di queste donne e l’incredulità del vecchio Bill che ancora tenta di negare e nascondersi, resta la tragedia misteriosa di un’altra donna, Camille, la moglie rimasta al suo fianco per mezzo secolo che ancora lo difende. «Non è questo il Bill che amo da 50 anni», ha detto. Forse è per lei la trentaseiesima sedia, la sedia vuota.

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