CUCÙ SETTE-TE! - DURISSIMO ATTACCO A DELLA VALLE DI MARCO BASSETTI (ENDEMOL-CLESSIDRA): “È DA UN ANNO CHE LA7 È IN VENDITA. ADESSO SI SVEGLIA? NOI VOGLIAMO MENTANA PRESIDENTE” - MA CHICCO LODA CAIRO: “GLI DO CREDITO. SONO DISPOSTO ANCHE A ENTRARE NEL CAPITALE” - CAIRO: “NON TOCCO MENTANA, SANTORO, GRUBER, FORMIGLI. DA BERLUSCONI SONO STATO LICENZIATO NEL ’95, DA ALLORA SEMPRE AVVERSARI”…


1- BASSETTI: «PROPORREMO MENTANA PRESIDENTE»
Osvaldo De Paolini per "Il Messaggero"

Alleato, quotista, partner di Clessidra, uomo vicino a Mediaset, amico di Berlusconi: in queste settimane si sono sprecate le definizioni di Marco Bassetti, che invece è semplicemente l'advisor di Clessidra per il progetto TiMedia-La7 e probabilmente il manager che si occuperà di riportare equilibro nei conti della tv qualora il fondo di Claudio Sposito dovesse risultare vincitore della gara.

Bassetti, quanto è vicino a Mediaset il manager Bassetti?

«Vedo che in Italia il vizio di fare gli esami del sangue è ancora radicato. Le risponderò in questo modo: la trasmissione di Fabio Fazio, che tanto successo ha avuto e ha tuttora, è targata Endemol, la società olandese che ho guidato per molti anni. Chieda a Fazio quante volte sono intervenuto sulla sua linea editoriale. Oppure lo chieda a Roberto Saviano, che con Fazio ha fatto un eccellente lavoro».

Che cosa pensa dell'intervento in extremis di Della Valle?

«Che non è un modo corretto di proporsi. Stimo molto Della Valle, come imprenditore ha fatto molte cose belle. E ammetto di essere attratto dai suoi prodotti: in questo momento indosso un paio di comode scarpe Tod's. Quindi sono tutt'altro che prevenuto nei suoi confronti, ma l'uscita di sabato non mi ha convinto».

Dica la verità, vi ha un po' rotto le uova nel paniere.

«Ma no, lui è libero di partecipare a tutte le gare che vuole, ma in modo regolare. Senta, il processo di assegnazione di La7 dura dall'aprile 2012. Si è partiti con 50 sollecitazioni inviate da Telecom ad altrettante istituzioni potenzialmente interessate. Le manifestazioni sono state non meno di venti, quattro le proposte finali, due le vincolanti. Nel frattempo sono state poste da Telecom ben tre dead line, compresa l'ultima di lunedì 18. Adesso si sveglia Della Valle?»

Meglio tardi che mai.

«No, così non vale. Quando i processi di gara si fanno tanto lunghi è fatale che i contenuti delle proposte finiscano sui giornali. Così chi arriva ultimo e fuori tempo massimo, senza peraltro sostenere i costi onerosi tipici di queste operazioni, si avvale di un vantaggio competitivo che non merita».

Questo vuol dire che Clessidra non sarebbe disposta ad accogliere in cordata Della Valle?

«Al contrario. Credo che Sposito non avrebbe remore a stringere accordi con Della Valle. Anche se quell'affermazione sulla cordata delle «persone che vogliono bene al nostro Paese» contenuta nella sua nota non ci è affatto piaciuta. Devo pensare che per Della Valle noi siamo persone che vogliono male al nostro Paese».

Perché, secondo lei, il gruppo editoriale che fa capo a Carlo De Benedetti è tanto aggressivo sulla possibilità che La7 esca dal perimetro di Telecom?

«Non ne ho idea. Mi sembra però paradossale che Telecom e le sue controllate vengano trattate quasi fossero ancora una pertinenza a controllo pubblico».

Forse c'è preoccupazione per l'indipendenza di un mezzo d'informazione che si è conquistato uno spazio non modesto nelle vicende del nostro Paese.

«Premesso che chiunque guidi La7 sarebbe folle a voler cambiare un orientamento editoriale che è la ragione stessa del successo della tv, invito tutti a riflettere su una indipendenza che è costretta a poggiare sull'obolo annuale di un principe generoso».

Che cosa vuole dire?

«Che a mio avviso è davvero indipendente l'azienda giornalistica che vanta un conto economico in equilibrio. Sia chiaro, Telecom ha fatto un eccellente lavoro nel trasformare La7 nell'oggetto di culto che è diventata. Ma i giornalisti non possono pensare di andare avanti con costi tanto squilibrati».

Quindi ci vogliono tagli. Anche di teste coronate?

«Per carità. Sarebbe una follia rinunciare a Enrico Mentana o a Gad Lerner. La televisione è fatta di facce e le facce che contano sono proprio quelle dei grandi conduttori. Al punto che io penso che Clessidra non avrebbe alcun problema a nominare Mentana, se lo volesse, presidente de La7 anche con l'assunzione di responsabilità ampie. E non sarebbe un regalo, mi creda, perchè se lo merita».

Allora a quali tagli pensa?

«Il fatto che abbiamo intenzione di immettere fino a 120 milioni nelle casse di TiMedia vuol dire che abbiamo anzitutto la volontà di investire. I tagli ci saranno, ma più che sugli uomini cadranno sui costi, peraltro approfittando del fatto che La7 è la tv italiana più vicina al modello che tanto successo sta riscuotendo in Europa».

Vale a dire?

«Gran parte dei programmi sono prodotti in outsourcing e ciò offre margini d'intervento molto elevati. Inoltre punteremo forte sul web, un segmento che nell'articolazione di TiMedia possiede grandi potenzialità di sviluppo».

Avrete anche bisogno di massa critica per proporvi a un mercato pubblicitario in forte crisi e che dispone di un'offerta tra le più ampie. E' vero che avete già ipotizzato un'alleanza con Discovery Channel?

«E' prematuro parlare di alleanze. Con Discovery non abbiamo avviato alcun discorso. Tuttavia io credo che l'alleanza con Discovery potrebbe non essere una cattiva idea, vista la complementarietà delle due emittenti».


2- "NIENTE TV BERLUSCONIANA TENGO TUTTI I GIORNALISTI DA MENTANA A SANTORO"
Paolo Brusorio per "La Stampa"

Urbano Cairo, ha già stappato lo champagne delle grandi occasioni?

«Aspettiamo. Il più è fatto, ma non ho ancora firmato. Dobbiamo limare alcuni dettagli per arrivare in porto il più velocemente possibile».

Quale sarà lo scoglio più difficile?

«La7 ha perso 100 milioni di euro all'anno per 10 anni. Capisce anche lei che la prima operazione sarà rientrare delle perdite, ma senza per questo venire meno agli obiettivi della rete».

Come farà a a tagliare i costi senza far cadere qualche testa importante?

«É presto per dirlo. Il momento non è favorevole, ma se io e il mio gruppo ci siamo imbarcati in questa operazione è perchè abbiamo le idee chiare. Non sarà una passeggiata di salute, né un giro d'onore».

La7 ha i connotati piuttosto precisi nel panorama televisivo, ha intenzione di modificarli se non addirittura cambiarli?

«La linea editoriale non è affatto in discussione. Non è un problema e non è neanche oggetto del contratto. Non do via i giocatori migliori, quelli che creano ascolto, che ci danno visibilità sul mercato. Di loro non si muoverà nessuno, anzi dovremo fare il massimo per valorizzarli».

Ha già sentito Enrico Mentana? Lo coinvolgerà nella linea editoriale?

«Lo conosco da dieci anni, con lui ho un buonissimo rapporto. Anzi nel 2005 gli proposi di diventare il direttore del quotidiano popolare che avevo in mente, un progetto che non andò in porto anche perché lui decise di rimanere in tv».

Quindi Mentana for ever?

«Non solo lui. ma anche Santoro, la Gruber, Formigli. Professionisti validissimi che non ho alcuna intenzione di cambiare. Non sono un editore televisivo, almeno non ancora. Ma certe cose mi sono già molto chiare».

Cairo è cresciuto alla scuola di Berlusconi, ergo La7 rischia l'attrazione fatale: è un rischio plausibile?

«Non credo proprio. Anzi. Io da Berlusconi sono stato licenziato nel 1995, da allora l'ho sempre avuto come avversario. Nella pubblicità e nell'editoria, sfilando quote di mercato a Publitalia e Mondadori, e nel calcio. Ecco qui, siamo ancora distanti, ma siamo sulla buona strada per fare meglio anche in questo campo».

Per immaginare La7 di Urbano Cairo da dove si deve cominciare?

«Così com'è è già una buona rete di qualità, preserveremo assolutamente il valore delle news e dell'approfondimento. Non sarà certo lì che andremo a tagliare i costi».

E allora dove?

«Troppo presto per dirlo. Prima devo firmare il contratto».

Secondo lei perché Telecom Italia Media ha scelto la sua offerta?

«Non tocca a me rispondere. Diciamo che noi, prendendo La7, gli portiamo via la parte problematica, quella che perde. Lasciando a loro la piattaforma multiplex, quella per la trasmissione del segnale digitale, destinata ad avere più valore in futuro».

La7 e la politica: teme qualche ingerenza?

«Dal punto di vista della linea editoriale è già tutto molto chiaro, non cambieremo. A me interessa risanare i conti e creare profitto. Non c'è alcun motivo per modificare quello che funziona».


3- MENTANA: LA VERA SFIDA? L'INDIPENDENZA DA MEDIASET
Massimo Sideri per il "Corriere della Sera"

La trattativa per la cessione del canale La7, tradizionalmente terzo rispetto a Rai e Mediaset, pone un problema di natura politica? Per il direttore del Tg La7, Enrico Mentana, «l'ipotesi dell'arrivo di Cairo è sempre stata ben presente in questi mesi anche perché è sempre titolare del contratto pubblicitario che lo vincola fortissimamente al futuro del canale. È vero che è molto vantaggioso per lui. Ma, a parte questo, per lui La7 è non solo preziosa ma a questo punto anche determinante perché è il principale asset sotto forma di raccolta pubblicitaria della Cairo communication».

Nessuno stupore, dunque, ma esiste un caso Cairo-La7?

«Con tutto quello che si può dire di Cairo, e cioè che fu vicinissimo a Berlusconi, uno dei suoi più diretti collaboratori, è anche vero che in questo momento è formalmente uno dei pochi editori puri che esiste in Italia. In altre parole prima di fargli l'esame del sangue politico consideriamo che ha formalmente un pedigree editoriale».

Gli editori non puri stanno dimostrando la propria debolezza, soprattutto in questo contesto di mercato. Ma le elezioni sono alla porta...

«Ora qui entriamo nella questione politicamente sensibile: vorrà tenere La7 al riparo da orbite di influenza e da ruoli satellitari nei confronti di Mediaset? Saprà essere scomodo non sono mantenendo la linea di indipendenza (a questo rispondo facilmente di sì perché non avrebbe senso stravolgerla) ma soprattutto rendendola solida economicamente? Ora tutti sono capaci di fare i Monti in una situazione squilibrata. Ma non è certo quello che ci si aspetta da Cairo».

Bisognerebbe investire?

«Se si vuole evitare di fare de La7 una Grecia della nostra Europa televisiva non c'è bisogno di diete del cavallo ma, da subito, di finanziare la crescita. E questa la si può ottenere in molti modi: avendo idee chiare su che tipo di televisione si vuole fare, anche dismettendo ciò che non è rilevante. Nei mesi elettorali è facile vedere La7 solo come una all news in chiaro. Però poi finisce la campagna elettorale e bisogna stare sul mercato».

Insomma, a conti fatti Cairo potrebbe essere la persona giusta?

«Può essere una persona giusta, di tutti quelli che potevano comprare La7 è l'unico che forse doveva comprarla. Io mi sono abituato nella vita a non allarmarmi prima del tempo e senza adeguati motivi di preoccupazione. Cairo se vuole e se sa può essere un buon editore per La7 così come se non vuole può renderla vassalla in meno di un anno. Io darò totale credito all'inizio di questa fase alla sua gestione ma è chiaro che se le cose dovessero dimostrare che quest'indipendenza non c'è sono accreditato di essere abbastanza svelto a capire...».

Si è parlato di un suo coinvolgimento. Sarebbe disposto a entrare nel capitale?

«Innanzitutto me lo devono offrire. Sono disposto a tutto quello che, a fronte di una garanzia sulla linea editoriale, assicuri un mio impegno serio. A fronte di una ragionevole difesa dell'occupazione dei dipendenti, se necessario posso anche ricevere azioni al posto dello stipendio. Non è un problema: avendo guadagnato nella vita il mio problema non è arricchirmi ma fare le cose bene».

 

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