DECLASSATI! - DE NIRO, VALE E VASCO ROSSI, FEDERER, LA FERRARI, HERMAN CAIN: IL “FATTO” STILA L’INFINITO ELENCO DI CHI HA PERSO LA TRIPLA “A” - VINCE RED RONNIE! LA CUI REPUTAZIONE È STATA BOMBARDATA DALLE FONDAMENTA (MA ERA GIÀ TUTTO MACERIE) - A REGGERE IL MERCATO SONO I CHECCO ZALONE E I SOLITI IDIOTI - IL CINEMA ITALIANO LA TRILPLA “A” FORSE L’HA PERSA DA UN PEZZO. ‘QUANDO LA NOTTE’ DELLA COMENCINI CE NE HA DIDASCALICAMENTE RICORDATO I MOTIVI...

Andrea Scanzi per "il Fatto quotidiano"

La reputazione è un lusso. Di questi tempi possono permettersela in pochi. Mai come nell'anno della crisi ciò che pare unicamente contare è far cassa. Con buona pace di qualità e critica. A reggere il mercato sono i Checco Zalone e i soliti idioti (inteso come titolo di film, ma non solo). Il resto è sfondo, snobismo, nicchia. Eppure il 2011 ha fornito una carrellata di grandi declassati, vip e maître à penser a cui è stata tolta la tripla A. La politica lasciamola stare: il governo Berlusconi nasceva caricaturale in partenza. Non c'è stupore alcuno nel constatare i flop dei cicisbei di Mister Priapino.

Perché mai milioni di persone avrebbero dovuto guardare Minzolini, Sgarbi e Ferrara? Anche il masochismo ha la sua estetica. Per perdere la reputazione occorre, prima di tutto, averla. Ecco perché non c'è nulla da declassare nel prequel di Amici miei (un fiasco: ogni tanto una bella notizia).

Ecco perché, osservando Massimo Ghini alle prese coi Delitti Rock, si ha il polso di come la meritocrazia non abbia quasi mai intaccato il piccolo schermo. Vale anche per talent e reality. Facchinetti, D'Urso, Marcuzzi, Ventura: tutti declassati, in nome della "A" più farlocca e spietata. Quella di "Auditel".

C'è chi frana perché abbandonato dal pubblico. Gli ultimi libri di Antonio Scurati e Alessandro Piperno, ad esempio, non hanno confermato le aspettative. E ci sono poi le reputazioni che franano per gaffe marchiane, come quelle del repubblicano Herman Cain. In questo senso, la falsa partenza ai Mondiali di Usain Bolt è una delle più grandi cilecche (pardon: eiaculazioni precoci) della storia. Per non parlare di Biagio Antonacci, chiamato a miracol mostrare a Star Academy su RaiDue.

Forte di un'autostima orgogliosamente ingiustificata, ha preso Amore caro amore bello di Bruno Lauzi e l'ha devastata. Se fosse stato voluto, lo avrebbero eletto Virtuoso del Decostruzionismo. Ma non era voluto. Lui ne è uscito distrutto (l'ego però ribolle ancora) e il programma è nato morto. Trionfo.

I Coldplay fanno discutere da sempre: rivali dei Radiohead o band furbastra? Con Mylo Xyloto hanno sgomberato ogni dubbio. Un capolavoro, comunque, se paragonato all'e-sperimento (Lulu) tra Lou Reed e Metallica. Neanche i Cugini di Campagna che coverizzano John Coltrane sarebbero arrivati a tanto. Da una parte il parlato stonato, dall'altra l'heavy metal imbarbarito: martirio vero.

Chi pare godere nello sperpero di sé è Robert De Niro. Non cambia espressione dal primo governo Amato e, già che c'era, è andato a Sanremo (muto) e Maria De Filippi (piangente): qualcuno lo fermi. Nanni Moretti e Paolo Sorrentino sono i pochi - ma non unici - vanti del cinema italiano, che la reputazione l'ha forse persa da un pezzo (e Quando la notte di Cristina Comencini ce ne ha didascalicamente ricordato i motivi). This Must Be The Place ha avuto successo al botteghino, meno nella critica.

Ci sta, ma sia quantomeno consentito asserire che Le conseguenze dell'amore e Il divo erano davvero altro mondo. Su Moretti la sensazione è sempre la stessa: un patto tacito per cui vada stroncato a destra e incensato a sinistra. A prescindere. Come La corazzata Potëmkin (e relativo Fantozzi). Michel Piccoli è bravissimo e allontanarsi da Apicella (Michele) è un dovere. Ma non tutto convince. Brutalizzando, il problema di Moretti è Moretti (attore).

Senza di lui, Habemus Papam sarebbe stato imperfetto ma coraggioso. Così, invece, vien da dare ragione a Dino Risi: «Nanni, spostati, che altrimenti non vedo il film». Lo sport declassa in base ai risultati. Meritocrazia pura e dibattiti zero (casomai Bar Sport: a proposito, glissiamo sulla versione filmica). Massimo Moratti, che negli ultimi anni aveva acquisito smalto (ahinoi non dentale) grazie alle vittorie, è tornato quello di sempre: la litigata con i tifosi del Novara resterà nella memoria. Il 2011 ha declassato la Ferrari, con buona pace dello "spi-ri-tooo" di Luca Cordero di Montezemolo.

E poi Roger Federer, il Divo Algido, ancora vincente ma mai più numero uno. Il più grande declassato sportivo è però un altro: Valentino Rossi. Ha preso (di malavoglia) una moto pazza, la Ducati, e non l'ha migliorata in niente. Si è visto ridotto a esultare per un quinto posto. Ed è stato involontario protagonista della morte di Marco Simoncelli. Il suo migliore amico. In bocca al lupo.

In un ipotetico Oscar per il Peggior Declassato, dopo aver doverosamente menzionato i clippini di Vasco Rossi, il vincitore sarebbe Red Ronnie. Per distacco. Ha sbagliato tutto lo sbagliabile. La telefonata a Gigi D'Alessio, durante la "festa" di Letizia Moratti a Milano, è capolavoro immortale. Come l'effetto virale «È colpa di Pisapia». Saltuariamente coadiuvato dalla figlia su YouTube, altra intellettuale di riferimento, Red Ronnie è assurto a Re Mida al contrario. La sua reputazione è stata bombardata dalle fondamenta, ma non ce n'era bisogno: era già tutto macerie.

 

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