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“DILLO FORTE: SONO NERO E SONO ORGOGLIOSO” - NEL 1969, L’ANNO DI WOODSTOCK E ‘GIVE PEACE A CHANCE’ DI LENNON, LA RIVOLUZIONE ARRIVA CON JAMES BROWN E UNO SLOGAN DI ORGOGLIO RAZZIALE CANTATO CON 30 BAMBINI DEI QUARTIERI-GHETTO DI LOS ANGELES: E’ LA DATA DI NASCITA DEL FUNK – QUANDO FERMO’ LA RIVOLTA AL SUO CONCERTO DOPO LA MORTE DI LUTHER KING: ‘BUILD IT, DON'T BURN IT’, “COSTRUIRE, NON DARE FUOCO” - VIDEO

Michele Primi per “la Lettura - Corriere della Sera”

 

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Nel 1969, l' anno in cui il rock diventa la colonna sonora del cambiamento, l' anno di Give Peace a Chance di John Lennon (4 luglio), di Woodstock (15-18 agosto) e Volunteers dei Jefferson Airplane (1° novembre), la rivoluzione arriva con James Brown e uno slogan di orgoglio razziale cantato con trenta bambini dei quartieri-ghetto di Compton e Watts a Los Angeles. « Say It Loud I' m Black and I' m Proud è il disco che mi ha convinto di essere un nero e non un negro», ha detto Chuck D dei Public Enemy, il gruppo rap più militante degli anni Ottanta. «James Brown mi ha fatto capire che potevo dirlo forte: essere nero era un orgoglio, non una vergogna».

 

Say it Loud I' m Black and I' m Proud esce il 31 marzo 1969 (molte fonti indicano semplicemente marzo, senza specificare il giorno esatto, altre per convenzione segnano il primo del mese, ma secondo le ricostruzioni de «la Lettura», basate anche sulle classifiche di quell' anno, la release cade il 31), anticipato dal successo del singolo omonimo nell' agosto del 1968. È passato meno di un anno dal 2 aprile 1968, quando Martin Luther King ha tenuto il suo ultimo discorso al Mason Temple di Memphis: «Sono giorni difficili», predica King mentre i suoi occhi scrutano nervosamente la sala in attesa del colpo di un cecchino.

 

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«Ma non m' importa, perché sono stato sulla cima della montagna. Come chiunque altro mi piacerebbe vivere una lunga vita ma non sono preoccupato, perché ho visto la terra promessa. Potrei non arrivarci con voi, ma voglio che sappiate che noi come popolo arriveremo alla terra promessa». Il 4 aprile Martin Luther King viene assassinato davanti alla stanza 306 del Lorrain Motel. «Quel proiettile non l' ha ucciso - ha detto il reverendo Al Sharpton -: ha messo a riposo il suo corpo, ma ne ha liberato lo spirito. Nessuno parlerà mai più di ingiustizie senza citare il suo nome». È singolare che la voce più efficace per diffondere il messaggio di King sia quella di un personaggio molto lontano da lui per integrità morale.

 

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James Brown diceva: «Non ho mai creduto nella non violenza. Ho sempre rispettato il dottor King, ma io giravo con due o tre pistole», eppure è lui a scrivere due strofe che risvegliano le coscienze degli afroamericani parlando di emancipazione e dignità: Chiediamo l' opportunità di fare le cose per noi stessi./ Siamo stanchi di sbattere la testa contro il muro/ E lavorare per qualcun altro.Siamo persone, ci piacciono gli uccelli e le api/ Preferiamo morire in piedi/ Che vivere in ginocchio.

 

Nel 1969 James Brown (1933-2006) ha 36 anni e 26 album, è la star del Soul e con Live at the Apollo registrato nel 1963 è stato 66 settimane in classifica e ha venduto un milione di copie, ma con Say It Loud I' m Black and I' m Proud diventa un' icona culturale. La registrazione ai Vox Studios di Los Angeles è il culmine di un periodo di crescente impegno. James Brown è un businessman spietato e instancabile, partecipa alle trasmissioni televisive («Ho lasciato l' America nera per parlare con i bianchi e ho detto loro cosa fare») e usa il suo linguaggio diretto (considerato insieme al flow di Muhammad Ali una delle fondamenta del rap) per creare massime: «Soul è quando un uomo deve lottare tutta la vita per essere uguale a un altro. Soul è quando si giudica un uomo non per le sue azioni ma per il suo colore. Soul è la mia opportunità, Soul è la mia sopravvivenza».

 

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La sua stessa storia personale è un simbolo: abbandonato dalla madre a 4 anni, affidato dal padre a 9 alla zia Honey che gestisce un bordello ad Augusta, Georgia, James inizia a cantare per i militari in cambio di monetine, viene arrestato per furto a 15 anni e ne passa 8 in riformatorio prima di venire accolto dalla famiglia di Bobby Bird che capisce il suo talento («Era rumoroso ma aveva ritmo») e lo prende come cantante della sua band, i Famous Flames. «Mio padre era un uomo poverissimo e poco istruito, per me era impossibile pensare di diventare qualcosa di diverso di un bracciante in cerca di lavoro, perché intorno a me non vedevo altro. Il mio sogno era mangiare», racconta nelle interviste. «Nonostante il successo non dimentico che vengo dal ghetto, e non dimentico la mia cassetta da lustrascarpe».

 

All' inizio del 1968 James Brown si schiera a favore del candidato dei democratici alla presidenza, Hubert Humphrey, che verrà sconfitto da Richard Nixon. Il 5 aprile, quando dopo la morte di Martin Luther King scoppiano disordini in 110 città americane, James Brown è a Boston per un concerto al Garden. Ci sono 14 mila spettatori, la tensione nei quartieri neri è acuta, ma il sindaco di Boston, Kevin White, segue l' invito del consigliere comunale nero Tom Atkins («Se non lo fate suonare bruceranno la città») e fa in modo che il concerto venga trasmesso in diretta televisiva.

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Di fronte a un pubblico agitato James Brown prende il microfono, promette una serata di grande musica in memoria del «Dr.King» e improvvisa una frase che entrerà nel linguaggio della generazione dei baby boomer : Build it, don' t burn it , «costruire, non dare fuoco». Gruppi di ragazzi saltano sul palco, la polizia interviene, James Brown ferma gli agenti e dice: «Così non va bene, fatemi finire il concerto. Ho allontanato la polizia perché mi aspetto rispetto dalla mia gente. Siamo insieme o no? Musica!». Il suo batterista Clyde Stubblefield ricorda: «Tenne a bada la folla come un re. Poteva scoppiare una rivolta ma lui li fece scendere e continuammo a suonare».

 

Due mesi dopo, mentre va ai Vox Studios, James Brown assiste a un litigio tra afroamericani in una strada di Los Angeles. «Abbiamo perso l' orgoglio», mormora ai suoi prima di scrivere sul tovagliolo della sua stanza d' albergo il testo di Say It Loud I' m Black and I' m Proud .

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«Volete il rispetto? Siate neri e fieri», spiega a chi gli chiede perché l' ha scritta. «Era una canzone necessaria per insegnare l' orgoglio alla mia gente, e credo che abbia fatto del bene». Nel 1969, nonostante la vita turbolenta e le contraddizioni (dopo le elezioni appoggia Nixon affascinato dal suo richiamo al principio di autosufficienza nella società capitalista, e dichiara che chiunque può farcela lavorando sodo come ha fatto lui), James Brown è diventato un simbolo di speranza e riconciliazione che si diffonde attraverso una musica indomabile che arriva dritta al pubblico: «Gli altri lavoravano per farsi accettare dal mercato, lui cercava un contatto spirituale. Il suo dolore era il dolore di tutti», scrive Marc Eliot nella biografia I Feel Good . La dialettica di James Brown è semplice ed efficace: «Un nero è un uomo che vuole guadagnarsi da vivere e fa sentire la sua voce.

 

Se dici la tua oggi passi per un militante, ma per me sei un uomo».

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Ogni rivoluzione ha bisogno di una musica e James Brown ha a disposizione una band esplosiva, guidata dalla sezione fiati di Alfred «Pee Wee» Ellis e Maceo Parker, a cui durante le session di Say It Loud I' m Black and I' m Proud si aggiunge il trombonista Fred Wesley.

 

«Non aveva alcuna formazione musicale, usava solo il linguaggio del corpo e la voce ed era difficile capire cosa volesse», ricorda Wesley. «Ma faceva una musica diversa da tutto il resto e la faceva benissimo». La sala di registrazione ai Vox Studios è grande, i Famous Flames possono suonare come fanno dal vivo, tenendo gli occhi fissi sul leader e seguendone le indicazioni. Il botta e risposta con i bambini del ghetto diventa un canto di strada da ripetere all' infinito, sottolineato dal ritmo serrato del batterista più influente della musica nera, Clyde Stubblefield (che di sé stesso diceva: «Non conosco una sola nota, suono con il cuore e l' anima») e dalla linea di basso di Charles «Sweet» Sherrell, con la chitarra di Jimmy Nolen in contrasto e il groove di Maceo Parker riconoscibile su tutto. Usando queste armi, James Brown crea un nuovo genere, il funk.

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Come il rock' n'roll è nato dalla combinazione di blues e country, il funk nasce dalla fusione di jazz e R&B, un' alchimia possibile grazie al talento e all' istinto dei suoi musicisti: «Ero l' unico che capiva il lato funky, solo io lo sentivo così», ha detto Maceo Parker. L' enfasi musicale si sposta sulla prima e la terza battuta (nel jazz è sulla seconda e quarta), la struttura strofa-ritornello viene stravolta dalla ripetizione di una sequenza di note ed è così che James Brown crea il concetto di «Uno»: spazzate via le progressioni di accordi rimane il ritmo, grezzo e definitivo, un suono che rappresenta fisicamente orgoglio e determinazione:

 

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«L' Uno - scrive Marc Eliot - cambiò tutto. Un sound che affrontava il microfono con forza e allontanava la paura, una musica che chiunque poteva capire al volo». Diventa la base di decenni di evoluzione della musica nera, dall' hip-hop alla disco alla house. L' ultima mossa di James Brown è una rivoluzione d' immagine: smette di lisciarsi i capelli e adotta la pettinatura afro, moda che stava già prendendo piede ma viene accelerata dalla copertina di Say It Loud I' m Black and I' m Proud . Nel documentario Mr. Dynamite c' è una scena in cui durante il programma Black Dignity uno spettatore al telefono gli chiede: «Perché ti sei tagliato i capelli?». Brown guarda in camera e risponde: «È una mossa da nero. Non abbiamo mai pensato insieme, dobbiamo costruire un' identità. In Africa lo facciamo perché sappiamo chi siamo, in America no».

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La sua immagine ha una forza irresistibile, che lui usa per alimentare la tensione verso la grandezza. James Brown vuole raggiungere l' Uno: essere il ballerino numero uno, il cantante numero uno, il Soul Brother Number One, il ritmo primario, il pioniere che detta le regole. Le sue movenze, le grida, il modo di cantare e accentrare l' attenzione sono il suo messaggio. Con il richiamo a un' identità comune e un nuovo scintillante suono funk tra le mani, nel 1969 è pronto: «Io lotto contro il passato per far diventare davvero americana l' America nera. Nel bene e nel male, questo è il nostro Paese».

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