VIVA NATALIA! - LA MITOLOGICA ASPESI RACCOGLIE IN UN LIBRO ALCUNI DEI SUOI ARTICOLI DAGLI ANNI ’60 A OGGI - AFFRONTANDO TEMI SERISSIMI FINGENDO DI GIOCARE, MISURANDOSI CON GLI ARGOMENTI SENZA GERARCHIE DI RANGO. BOSSI E L´ORGASMICO PUNTO G, IL SEDERE DELLE DONNE E DARIO FO, LE MADRI ASSASSINE E ‘’BEAUTIFUL’’, IL VATICANO E YVES SAINT LAURENT, IL LIFTING DI BERLUSCONI E LA PROSTITUZIONE MINORILE, NATALIA DIMOSTRA DI ESSERE LA NOSTRA PIÙ GRANDE GIORNALISTA POLITICA…

Leonetta Bentivoglio per "la Repubblica"

Chi legge Repubblica conosce Natalia Aspesi, firma di spicco e molto ben connotata. Non solo per la dimensione empatica che comunica "Questioni di cuore", il suo appuntamento settimanale sul Venerdì, con cui ci introduce negli scenari di relazioni intime, coppie scoppiate, gusti e guasti sessuali.

Quella rubrica di posta è una fetta parziale dell´identità di una giornalista e narratrice ben radicata nella storia italiana dell´ultimo cinquantennio, prima come cronista de La Notte e de Il Giorno, poi a Repubblica, divenendo subito uno dei perni della testata, sulle cui pagine viaggia dalla moda alla politica, dallo spettacolo al costume, dalla letteratura all´arte.

Natalia è così se stessa che ogni articolo si riconoscerebbe anche senza firma. E´ una prospettiva, una fotografia dello spirito del tempo, un ventaglio di presentimenti, una foga lucida di lotte specialmente femminili. E´ una volontà di definire nessi, legami e trait d´union, muovendosi dal basso all´alto e viceversa, proiettando il piccolo nel grande per poi compiere la traiettoria opposta, affrontando temi serissimi fingendo di giocare, misurandosi con gli argomenti senza gerarchie di rango. Dunque il femminismo e Romina Power, Bossi e l´orgasmico punto G, il sedere delle donne e Dario Fo, le madri assassine e Beautiful, il Vaticano e Yves Saint Laurent, il lifting di Berlusconi e la prostituzione minorile.

Lo dimostra il libro Festival e funerali ("Dai costumi ai malcostumi - Una storia italiana", il Saggiatore, pagg.456, euro 16,50), che raccoglie una serie di articoli della Aspesi dai primi anni ‘60 a oggi. Curata da Andrea Gentile e Aurelio Pino, la selezione pesca in un materiale vastissimo privilegiando alcuni segmenti: i pezzi degli inizi, scritti in un´Italia ancora allegra, quella dell´ultimo spicchio di boom economico; le inchieste di taglio sociale; la moda e l´universo femminile, dove l´una alimenta l´altro e il secondo condiziona gli sviluppi della prima.

Non è una celebrazione né un completo autoritratto, mancandovi aspetti rilevanti del lavoro di una giornalista che è anche commentatrice politica, critico cinematografico, lettrice di romanzi, visitatrice di mostre e "consulente amorosa". Piuttosto è un compendio di osservazioni da cui emerge uno spaccato del Paese esplorato su versanti apparentemente marginali, e tendenzialmente guardato dalla parte delle donne, col loro apparato di simboli, corpi, vestiti, frustrazioni, emergenze, abilità nel dannarsi e contraddirsi.

Indagatore ma non giudicante, ironico ma estraneo al dileggio, l´occhio di Natalia registra, per esempio, le inquietudini del "sesso debole" in un´epoca di galoppanti trasformismi per l´identità femminile come gli anni Sessanta. Sfilano le sue inchieste di quel periodo, di volta in volta legate a una città. Le impiegate di Milano: solitarie, sciupate, incicciottite dalla routine. Le universitarie di Padova: amareggiate dall´isolamento, disperse, separate in caste e clan. Le operaie di Torino: meridionali inurbate, alienate, avide di soldi. Le commesse di Bologna: ignoranti, vanesie, protese verso il traguardo risolutorio del matrimonio.

C´è poi la Aspesi ritrattista, la quale sonda, con acume affettivo, i punti-chiave del soggetto. Gino Paoli sogna di andare in Cina per imparare dai saggi di laggiù a sentirsi quercia o sasso. Brigitte Bardot, bellezza travolgente, ha una fragilità affannata, distruttiva, capricciosa. L´ottimo partito televisivo Mike Bongiorno segnala mollemente, nel ‘62, d´essere in cerca di una fidanzata buona. Brilla la giovane maliarda Patty Pravo, con la sua inconsapevolezza antipatica e rissosa.

Il pigro Mastroianni, adorabile anti-divo, è ossessionato dalle donne e da una fama di seduttore che lo importuna. Il depresso Paolo Villaggio rimpiange gli anni in cui lavorava sepolto all´Italsider di Genova, e ancora non gli pesava addosso la condanna dei malmostosi eroi - lo sfigato Fantozzi, il perdente Fracchia, il crudele prestigiatore Kranz - che lo avrebbero fatto precipitare nella tragedia del successo.

La star Madonna, fragorosa e possente, lascia trapelare la sua breccia: è sempre troppo più forte dei suoi amanti, che la piantano per non soccombere o per sfidarla. Non mancano gli ingrandimenti delle "colleghe": Oriana Fallaci, aguzza, cattivissima, eccellente; Camilla Cederna, una dama in grado di ricordarci che «se ti liberi dagli ingorghi di parole, se vai a fondo nelle storie e non hai paura di nessuno, la verità la trovi e poi la paghi».

Fatale è l´intervista a Pasolini, che nel ‘73 definisce il femminismo «un´esigenza di mediocrità, che scivola nell´ordine di idee mistificatrici della piccola borghesia». E sono emblematici i flash sui defunti: ogni dipartita è un tempo, un gruppo umano, il significato collettivo di un trapasso. Ecco Lady Diana, specchio di miti, errori e slanci di fine secolo. Quando muore Gianni Versace, al funerale singhiozzano celebrità mondane, e più che per lui piangono per se stesse, per ciò che di "eccitante e irripetibile" hanno condiviso. Grace Kelly, allestita per l´ultima volta nel sontuoso palazzo Grimaldi, indossa un modello Dior, esatta e teatrale fino alla fine.

Il libro parte nel ‘60 da Visconti, il magnifico Luchino, che con cappotto cammello gira nella periferia milanese Rocco e i suoi fratelli, riprendendo certi giovanotti pagati «per picchiarsi come si deve». E si chiude con La vita dolce amara, un testo del 2010 che rievoca, nel cinquantenario del capolavoro di Fellini, l´anteprima di quel film rivoluzionario e bellissimo, con le proteste e gli sputi dei borghesoni indignati e l´annuncio della scomunica della Chiesa. Oggi che il personaggio del paparazzo Secchiaroli nella Dolce vita equivarrebbe forse al "tatuato, spietato e incriminato Fabrizio Corona", sembra incredibile che quella meraviglia in bianco e nero abbia suscitato tanto scandalo. Dal costume al malcostume.

 

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