EVA CONTRO EVA - LA SCRITTRICE FEMMINISTA NAOMI WOLF PARAGONA KATHRYN BIGELOW A LENI RIEFENSTAHL, LA REGISTA DI HITLER – NEL MIRINO “ZERO DARK THIRTY”, IL FILM SULLA CACCIA E L'UCCISIONE DI OSAMA, IN PRIMA FILA PER L’OSCAR – “UN FILM MENDACE CHE NEL FILM SPOSA TESI PRO-MILITARISTICHE TRASFORMANDO IN EROI E EROINE GENTE CHE SI È MACCHIATA DEI PIÙ BRUTALI CRIMINI CONTRO L'UMANITÀ”…

Alessandra Farkas per Corriere della Sera

Il tanto annunciato secondo Oscar a Kathryn Bigelow per «Zero Dark Thirty», il film sulla caccia e l'uccisione di Osama Bin Laden (in Italia dal prossimo 7 febbraio) potrebbe non materializzarsi mai. O almeno così spera la nota scrittrice femminista Naomi Wolf, che per sbarrare la strada alla prima e unica donna a vincere il premio Oscar per la regia, (nel 2010, con il film «The Hurt Locker») le ha inviato una feroce lettera aperta, pubblicata dal britannico Guardian, dove la paragona addirittura a Leni Riefenstahl, la regista ufficiale di Adolf Hitler.

«Anche tu, come Riefenstahl, sei una grande artista - teorizza la Wolf - e se Leni sarà per sempre sinonimo del regime nazista, tu verrai ricordata dai posteri come l'ancella della tortura». Nel mirino dell'autrice di «Il Mito della Bellezza», oltre alle «pretese documentaristiche di un film mendace e per nulla realistico» sono i «compromessi amorali» adottati dalla Bigelow. Che nel film sposa tesi pro-militaristiche «per ottenere il pieno appoggio dal Pentagono». E quindi «l'accesso illimitato alle sue risorse tecnologiche, di personale e intelligence che le hanno garantito gli investimenti milionari e una gigantesca campagna promozionale».

«Zero Dark Thirty trasforma in eroi e eroine gente che si è macchiata dei più brutali crimini contro l'umanità», punta il dito Wolf, figlia di un profugo ebreo romeno, che sbatte in faccia alla rivale «il precedente storico di delitti basati solo sulla razza». Ma il giudizio più duro riguarda la tesi del film («una ignobile menzogna riaffermata sequenza dopo sequenza») secondo cui il famigerato programma di tortura implementato dalla Cia avrebbe portato alla cattura ed eliminazione del leader di Al Qaeda, nonché alla vittoria della guerra globale contro il terrore.

Il legame tra i durissimi metodi d'interrogatorio della Cia e la scoperta del rifugio di Bin Laden non è andato giù alla Wolf. «Benissimo, compagna reporter: scopri le tue fonti e mostra le prove», ironizza nella lettera, aggiungendo che la Bigelow non potrà mai farlo «perché cinque decenni di indagini citate nel mio libro The End of America, confermano che la tortura non funziona». E chi avesse ancora dubbi, aggiunge, può consultare i reportage di Robert Fisk, corrispondente dal Medio Oriente per il quotidiano britannico The Independent o leggere il rapporto di Human Rights First del 2011 che, a detta della Wolf, «confuta la premessa stessa di Zero Dark Thirty».

A darle ragione sono i senatori Dianne Feinstein, californiana, capo della Intelligence Committee, il Chairman della Armed Services Committee Carl Levin (Michigan)e il senatore dell'Arizona John McCain che hanno deciso di avviare un'indagine ufficiale per far luce sui rapporti intercorsi fra alcuni esponenti della Cia, la Bigelow e Mark Boal, sceneggiatore del film.

L'indagine, spiegano i tre leader bipartisan, ha come fine quello di «appurare se esistono prove che le tecniche di interrogatorio mediante tortura abbiano prodotto informazioni che hanno aiutato le autorità a localizzare e uccidere Osama nel maggio del 2011». E se ci fu «uno scambio d'informazioni secretate tra fonti interne alla Cia e i realizzatori di Zero Dark Thirty» e fino a che punto queste abbiano «influenzato la versione della storia accreditata dal film».

In un comunicato di qualche giorno fa, il direttore della Cia Michael Morell aveva stigmatizzato la versione della storia sposata dal film giudicandola «non realistica», pur lasciando aperta ogni ipotesi circa la possibilità che le tecniche d'interrogatorio abbiano giocato un ruolo centrale nell'operazione. «La verità è che molte piste d'intelligence hanno condotto gli analisti della Cia fino al nascondiglio di Abbottabad - ha spiegato Morell - insieme a quelle che scaturivano dagli interrogatori, c'erano molte altre tracce che sono state seguite.

Se furono in effetti decisive quelle raccolte durante gli interrogatori, come suggerisce il film, è questione dibattuta che non può essere e non sarà mai appurata».
Ma nella lettera inviata lunedì al Congresso, i tre senatori americani citano l'analisi del programma di detenzione e interrogatori della Cia post 11 Settembre realizzata dall'Intelligence Committee secondo cui il prigioniero che portò l'intelligence Usa sulle tracce di Bin Laden «ha fornito tali informazioni cruciali prima di essere sottoposto a tecniche di interrogazione coercitive».

 

 

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