FINALMENTE DOPO “LE MONDE” ANCHE I GIORNALONI ITALIANI SI ACCORGONO DI “ROMAEUROPA”, L’UNICO FESTIVAL IN ITALIA CHE SQUADERNA LE MIGLIORI E PIU' SCINTILLANTI NOVITA' DEL TEATRO E DELLA DANZA DELLA SCENA INTERNAZIONALE – "REPUBBLICA" INTERVISTA IL DIRETTORE ARTISTICO FABRIZIO GRIFASI CHE PARLA DELLA 40ESIMA EDIZIONE DI "UN’UTOPIA" NATA CON MONIQUE VEAUTE NEL 1985 A VILLA MEDICI - "110 EVENTI, OLTRE 60MILA PRESENZE E LE PARTNERSHIP CON IL TEATRO DI ROMA, CON L’OPERA E CON SANTA CECILIA SONO UNA RICCHEZZA: NON CI RUBIAMO IL PUBBLICO, LO MOLTIPLICHIAMO" – IL PROGRAMMA DEL 2026 - VIDEO
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Andrea Penna per roma.repubblica.it
Ultimo fine settimana per Romaeuropa Festival che per il gran finale ha gioca carte importanti, da Papadopoulos all’Ensemble Modern a Kruder & Dorfmeister. Il giro di boa dei 40 anni è stato anche un test per capire quanto un festival storico — un’utopia nata con Monique Veaute nel 1985 — riesca ancora a interpretare il presente, la città e il pubblico. Fabrizio Grifasi, da anni alla guida artistica del festival, è un entusiasta coi i piedi per terra, ma stavolta è piuttosto soddisfatto.
Ha già i dati del 2025, che annata è stata?
“Ottima direi, con 110 eventi, con quasi 250 repliche di spettacoli del festival e 36 serate coprodotte con altre realtà abbiamo superato le 60mila presenze, oltre 5% in più rispetto alla scorsa edizione. Un segnale importante, che ci conferma nell’idea che si debba innovare e rischiare con la cultura: non c’è altra via per creare vera qualità”.
Com’è diventato oggi il pubblico di Romaeuropa?
“Sono tanti,con un ricambio continuo, generazionale e di tipologia. Ci si mischia. Rischiare è possibile quando nel tempo guadagni la fiducia di un pubblico che ti segue, pronto a scoprire cose nuove. Incredibile il risultato della proposta kids, per i giovanissimi, con la stessa formula di tutto il festivial: tante novità internazionali ma anche un accento forte sui talenti italiani”.
Qualche nome che merita riscontro a livello europeo?
“Fabiana Iacozzilli, in scena con Oltre: sono convinto che dopo il Piccolo le si apriranno le porte della scena internazionale. Del resto è successo con Marcos Morau e Papadopoulos, arrivati qui giovanissimi e semi sconosciuti nella sezione Dancing days. Oggi sono tra i primi in Europa, scommesse vinte”.
Però Roma non è una città sempre facile in cui produrre spettacoli.
“Per questo bisogna essere in tanti: le partnership con il Teatro di Roma, molto felice, con l’Opera per l’apertura e in tanti momenti con Santa Cecilia sono una ricchezza, permettono di avere sale speciali e di operare un travaso di pubblico virtuoso tra istituzioni: non ci rubiamo il pubblico, lo moltiplichiamo. Vale anche per i privati, dal Vascello al Brancaccio. E poi le ambasciate, gli istituti di cultura e infine il Mattatoio, dove fare sperimentazione per tutto il festival. Imprescindibile”.
Come lavora Romaeuropa nel resto dell’anno?
“In team, tante persone capaci e inventive, ma al nostro fianco abbiamo attori fondamentali: solo le risorse di Roma Capitale, Regione e Ministero della Cultura ci permettono di affrontare il rischio necessario della cultura. E già lavoriamo sul 2027”.
Anticipazioni sul 2026?
“Il ritorno di Romeo Castellucci, con una creazione nuova pensata per noi. Poi il Köln Concert, progetto che nasce con Santa Cecilia, il Barbican di Londra e la Philharmonie di Parigi, grazie al permesso di Keith Jarrett. E ci sarà ancora La Horde, che con suo spettacolo a ottobre ha folgorato tutti”.
ARTICOLO DI LE MONDE SUL ROMAEUROPA FESTIVAL
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Teodor Currentzis e Romeo Castellucci
le horde



