UN GIORNO IN PROCURA: FEDE SCAGIONATO, BALOTELLI ACCUSATO DA UN CAMORRISTA DI FARE IL PUSHER PER GIOCO

1 - FEDE E LA VALIGETTA: "NON ERO IO L'UOMO DEI SOLDI IN SVIZZERA"
Fabio Poletti per "la Stampa"

L' uomo con la valigetta non era Emilio Fede. L'ex direttore del Tg4 - assicura la procura di Roma - non è mai stato messo sotto inchiesta per aver esportato illecitamente in Svizzera due milioni e mezzo di euro. Soddisfatto, Emilio Fede?

«Porca miseria ladra ho dovuto aspettare due anni per avere ragione. Figurati che il giorno in cui il tuo giornale e il "Corriere" spararono in prima pagina la notizia di Fede sotto inchiesta per questa valigetta svizzera, pensai che si parlasse di Federica Pellegrini. E mi chiedevo: ma cosa c'entra la nuotatrice campionessa del mondo con quella storia lì».

Invece ce l'avevano proprio con il direttore del Tg4.
«Ma chi può pensare che con la mia faccia così nota potessi fare una cosa simile, i milioni nella valigetta, l'abboccamento con un banchiere svizzero. Ma dai, è incredibile».

Facile sparare su Emilio Fede.
«Era appena successa la storia di Ruby. Questa valigetta sarebbe stata la pietra tombale definitiva per la mia fedina penale e per quella del Cavaliere».

E invece niente.
«Io non sono uno che trascina i tuoi colleghi in tribunale. E non lo farò nemmeno questa volta. Però, insomma, un po' più di cautela. E voglio vedere cosa succederà quando sarò assolto per la storia di Ruby».

Bisogna almeno aspettare che finisca il processo.
«Attaccare me perchè sono la persona più vicina a Silvio Berlusconi è troppo facile. Fa comodo infilarmi in questa vicenda della valigetta per screditare il Cavaliere».

Giornali a parte che l'hanno solo ripresa, come nasce questa storia della valigetta? Perchè se ne sono dette tante...
«È stato pure detto che io sarei stato coinvolto per avere fatto riferimento a una gigantesca operazione che coinvolgeva Mediaset. Ma cosa ne so io. C'è una lettera anonima che alla fine non ha portato a niente di niente contro di me. Ma come faccio a sapere chi vuole così male a Emilio Fede?».

Meno male che c'è un giudice a Roma.
«Sì ma ho dovuto aspettare quasi due anni. Due anni per stabilire che contro di me non c'è stata nessuna informativa di carattere amministrativo e fiscale per quelle supposte violazioni valutarie. Senza contare che questa cosa, per un possibile fraintendimento, in una prima fase può avere influito pure nei miei rapporti con l'azienda per cui ho lavorato per 28 anni. E alla fine questa storia mi è costata pure la candidatura al Senato».

2 - "PUSHER PER GIOCO" IL PENTITO DI CAMORRA INFANGA BALOTELLI
Marco Ansaldo per "la Stampa"

Non ci sono treni abbastanza veloci per scappare dalle cattive notizie. La Nazionale stava arrivando da Firenze alla stazione di Bologna quando è scoppiato il «caso Balotelli». E questa volta non si tratta di razzismo. Secondo Armando De Rosa, un pentito di camorra, il milanista spacciò droga quando andò a Scampia nel 2010 insieme agli esponenti di due clan malavitosi.

La storia era nota ma De Rosa ha raccontato dettagli inquietanti ai pm Sergio Amato e Enrica Parascandolo che si occupano di un processo su riciclaggio a Napoli nella quale è coinvolto Marco Iorio, il proprietario di un ristorante frequentato da Balotelli. Fu proprio Iorio a organizzare la «visita» e, sempre secondo il pentito, l'attaccante fu accompagnato a Scampia da tre camorristi tifosi dell'Inter e «da un ragazzo che aveva una busta con molte dosi di eroina e cocaina». SuperMario avrebbe chiesto «di poter spacciare anche lui alcune dosi».

Un episodio dimenticato, la visita a Scampia, tra i tanti discutibili disseminati in una vita brevissima. Invece gli atti del processo napoletano lo riportano in una luce molto più grave anche se, al momento, ci sono soltanto le parole di un pentito. Balotelli è molto arrabbiato. Raccontano che negli spogliatoi del Dall'Ara, lo stadio di Bologna dove la Nazionale gioca questa sera contro San Marino (e SuperMario andrà in panchina), si sia sfogato tirando pugni agli armadietti.

Forse è leggenda. E' sicuro invece che ha reagito subito con un tweet, in un linguaggio assai crudo e irripetibile: «Ah,ah, ah, adesso spaccio droga. Prima andavo a p...» e altro ancora. Per concludere: «Vergognatevi, usate il mio nome non per odience», che sarebbe «audience» ma non bisogna guardare troppo per il sottile: talvolta non basta vivere un anno a Manchester per imparare come si scrivono le parole inglesi.

Il tweet è scomparso dopo un quarto d'ora, pare su pressione del Milan che l'ha considerato poco elegante. «L'ho scritto perchè all'inizio ci scherzavo - ha spiegato Balotelli nel dopo allenamento -. Poi mi sono arrabbiato, l'ho preso come un insulto. Questa storia è gravissima e mi chiedo come una persona possa dire certe cose, come faccia a mettere nei guai altra gente raccontando una bugia incredibile: io la droga la odio». E su Scampia: «Ci sono andato con alcuni amici e non è successo niente di strano nè di particolare».

Ora la palla passa agli avvocati del giocatore e al Milan. Le rassicurazioni dell'attaccante potrebbero non bastare ai magistrati napoletani che già lo interrogarono su quella strana «gita» e sulla scorta dei camorristi. Balotelli spiegò che, dopo aver letto molte storie su quel quartiere, se ne era incuriosito e aveva chiesto di poter osservare la realtà di persona. «Non so se i pm mi richiameranno - ha aggiunto -. Mi hanno sentito una volta e già hanno confermato che sono andato più per pubblicità che altro: se mi chiamano un'altra volta esagerano anche loro».

Per la Nazionale il caso è congelato. Tuttavia ce n'è abbastanza per creare imbarazzo, oltre a riesumare le sensazioni che precedettero la partenza dell'Europeo con le inchieste sulle scommesse in cui finirono alcuni degli azzurri. Qui non c'è un avviso di garanzia, come quello che portò Prandelli a escludere Criscito proprio un anno fa: per applicare il codice etico in base al quale si giudicano i comportamenti dei Nazionali servono elementi molto più concreti.

Lo scenario però inquieta, soprattutto perché colpisce un ragazzo che non ha mai pace. «Mario è un personaggio che tanti tirano in ballo - ha commentato Prandelli -. Lui risponde sempre in maniera sincera e la sua è stata la risposta di un ragazzo di 22 anni che dice: basta, cosa devo fare di più, ogni settimana c'è una cosa che mi riguarda e alla quale devo ribattere».

Nei giorni scorsi fu il razzismo, dopo i «buu» dei tifosi romanisti e gli striscioni comparsi in alcuni stadi. Balotelli è diventato un simbolo dell'intolleranza che serpeggia nel calcio italiano e che porterà la Federazione ad adottare, martedì prossimo, le norme decise dall'Uefa e che sono molto più punitive che in passato. La partita con San Marino è anche l'occasione per lanciare una campagna antirazzista e allo stadio ci sarà anche il ministro Cecile Kyange, che incontrerà Balotelli.

«Mi sembra però che non si faccia abbastanza, non so se l'Italia sconfiggerà il razzismo - dice il milanista -. E l'idea che sia un arbitro a decidere se posso lasciare il campo per gli insulti dei razzisti non mi piace: non è lui che può valutare cosa percepisce la mia sensibilità».

Ora il fronte si allarga. Da vittima del razzismo ad amico dei camorristi e spacciatore di droga, come lo descrive il pentito De Rosa, il salto è grande. «Capisco che a molti non piaccio - ammette SuperMario-. Questa però è gente cattiva e che non ha niente da fare. Non mi pento di essere tornato in Italia ma in Inghilterra certe cose non succedono».

 

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