
“HO AVUTO UN’EDUCAZIONE FERREA DEL NON LAMENTO. NON CI SI LAMENTA. MAI” - CONCITA DE GREGORIO, OSPITE DEL PODCAST DI CATTELAN, RIPERCORRE LE PROVE PIÙ DURE DELLA SUA VITA, DAL TUMORE (“NON C'È UN'EPICA DELLA BATTAGLIA. NON E' VERO CHE SI COMBATTE CONTRO LA MALATTIA. OGNUNO FA QUELLO CHE PUÒ, E VA COME VA”) AI TRE MILIONI DI EURO DI RICHIESTE DI RISARCIMENTO DANNI, ACCUMULATE ATTRAVERSO DECINE DI CAUSE CIVILI INTENTATE CONTRO L’UNITÀ DI CUI È STATA DIRETTRICE – “AVEVO TRE BAMBINI PICCOLI. NON AVEVO I SOLDI NEMMENO PER LE SIGARETTE. MA L’UNICA DOMANDA ERA: COME SI FA A CONTINUARE A FARE QUESTO LAVORO SENZA DARGLIELA VINTA?” – LO SCOOP AL G8 DI GENOVA E "IL LAVORO COME RIPOSO" - VIDEO
Da leggo.it - 17 luglio 2025
Un’ora e venti minuti di confessione lucida e intensa. Concita De Gregorio, giornalista, scrittrice, ex direttrice de l’Unità, ospite dell’ultima puntata del podcast Supernova condotto da Alessandro Cattelan, ha ripercorso le “catastrofi” della sua vita: il cancro, il debito milionario ereditato dal giornale, la pressione di un mestiere vissuto sempre come vocazione. Ma il filo rosso che attraversa il suo racconto è un’etica rigorosa, quasi spartana, appresa fin da bambina: «Ho avuto un’educazione ferrea del non lamento. Non ci si lamenta. Mai».
Nel 2022 a De Gregorio viene diagnosticato un tumore maligno al seno. Nessuna parola di eroismo, nessuna narrazione da guerriera. Anzi, la giornalista rifiuta esplicitamente quella retorica: «Non è vero che si combatte contro la malattia. Se fosse così, vincerebbero i più bravi e perderebbero i più deboli. E non è così. Ognuno fa quello che può, e va come va. Io non sono la mia malattia, sei sempre la stessa persona e in più hai un problema grave. Il tema è come si risolve questo problema, se si risolve.».
Parlarne pubblicamente, spiega, è stato un gesto di libertà e condivisione: «Io non sono la mia malattia. Quando mi sono tolta la parrucca, tante persone mi hanno scritto dicendo che avevano fatto lo stesso. Dirlo serve a dare una casa alle cose». Riconosce la forza nella rabbia – come quella di Emma Marrone, che cita – ma il vero punto, per lei, è un altro: «Elaborare rapidamente la direzione. Capire cosa fare, senza perdere tempo a chiedersi: ‘perché proprio a me?’».
Tre milioni di euro di debiti: «Come si fa? Si continua a vivere»
Un altro capitolo doloroso arriva dopo la sua esperienza da direttrice de l’Unità, incarico lasciato nel 2011. Anni dopo, De Gregorio si trova a fronteggiare quasi tre milioni di euro di richieste di risarcimento danni, accumulate attraverso decine di cause civili intentate contro il giornale.
Il meccanismo è quello della responsabilità solidale, che ricade sul direttore responsabile in assenza dell’editore. «Era un periodo in cui qualunque cosa scrivessimo arrivava un avvocato – spesso anche parlamentare – che ti chiedeva un milione di euro per danni d’immagine. Una forma di intimidazione», racconta. Alla fine, quando l’editore non c’era più, i procedimenti sono finiti sulle sue spalle. Ma lei non ha pensato a ritirarsi o a cambiare mestiere. «Avevo tre bambini piccoli. Non avevo i soldi nemmeno per le sigarette. Ma l’unica domanda era: come si fa a continuare a fare questo lavoro senza dargliela vinta?».
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Il racconto di De Gregorio è anche una dichiarazione d’amore verso un giornalismo fatto di ascolto, dubbio, e prossimità. Non di scoop gridati, ma di storie raccolte sul campo, come quella del G8 di Genova. «Ero la più giovane. Quando è successo il cataclisma, mi sono seduta sui gradini di una chiesa e sono rimasta lì tutto il giorno. Alla fine, un ragazzo mi ha chiesto chi fossi. Gli ho detto che ero una giornalista, gli ho lasciato il mio numero».
Poche ore dopo, mentre era a cena, quel ragazzo la richiama per avvisarla che stava per avvenire l’irruzione nella scuola Diaz. «Sono andata subito, con un cameraman. Siamo entrati prima che chiudessero tutto. Il giorno dopo, c’era solo il mio racconto». Una lezione che diventa metodo: «Pratico un giornalismo di relazione, di attesa. E dubitare sempre: l’esercizio del dubbio è la vera virtù».
«Mi riposo lavorando. È nel mio metabolismo»
Per Concita De Gregorio il lavoro non è solo una professione, ma una parte biologica della sua identità: «Non vado in vacanza, mi annoio. Mi riposo lavorando. Mi piace stare, capire, ascoltare. È come entrato nel metabolismo». Una curiosità famelica che l’ha portata lontano da un’infanzia fatta di possibilità modeste. «Ho iniziato a studiare in prima elementare e non ho mai smesso.
È stato l’investimento per salvarmi da un destino già scritto». E se potesse scegliere un superpotere? L’invisibilità, ammette. Anche se la visibilità è stata parte inevitabile – e faticosa – del suo percorso.
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