piroso guardì

"I FUORI-ONDA DI GUARDI’? LO SAPEVANO TUTTI" - ANTONELLO PIROSO RIVELA A DAGOSPIA: “E SE NON SAPEVANO, IN MOLTISSIMI AVEVANO CAPITO. QUANDO? DOPO CHE AVEVO TRASMESSO, PIÙ DI 10 ANNI FA (ALL'INTERNO DI "AHIPIROSO" SU LA7), IL FAMIGERATO AUDIO DI CUI SI PARLA IN QUESTI GIORNI, E CHE STASERA SARÀ RIPROPOSTO DA LE IENE SU ITALIA1" - "NEPPURE LA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI VIGILANZA SE NE OCCUPÒ" (NEI FUORIONDA TRASMESSI SU LA 7 NON SI FACEVA ALCUN NOME, GLI AUDIO ERANO INCOMPLETI E CON VOCE MODIFICATA...)  - VIDEO

 

Antonello Piroso per Dagospia

 

antonello piroso

Sapevano. Sapevano tutti. E se non sapevano, in moltissimi avevano capito. Quando? Dopo che avevo trasmesso, più di 10 anni fa (all'interno di AhiPiroso su La7), il famigerato audio di cui si parla in questi giorni, e che stasera sarà riproposto da Le Iene su Italia1 (dopo che siti come TvBlog, Open, Dagospia, e addetti ai lavori di ottima memoria come Massimo Falcioni, hanno evocato il precedente "storico"). Capirono dirigenti televisivi di tutte le emittenti, conduttori, giornalisti, cronisti tv e perfino austeri critici. Sapevano. Capirono. Ma nessuno disse, scrisse, fece nulla. 

 

I migliori furono quelli che reagirono con una scrollata di spalle: "Sì, vabbe', e che sarà mai?". Neppure la Commissione parlamentare di vigilanza se ne occupò, come spiegherò tra poco. Facciamo un bel rewind, e raccontiamo la storia dall'inizio, per quello che vale.

michele guardì

 

1) AhiPiroso era un programma di "cazzeggio intelligente" -ce la raccontavamo così, Fulvio Abbate, Adriano Panatta ed io- di ispirazione "arboriana" (così invece ce la raccontò lo stesso Renzo Arbore ospite in trasmissione, una delle poche medaglie professionali di cui vado orgoglioso).

 

425 puntate in due anni, 2010-2012, una marea di ospiti (a un certo punto chiedevano loro di essere invitati). Un programmino a suo modo "di culto" -molto "paracult", ironizzavamo noi- con una piccola platea di aficionados che sghignazzavano alle nostre battute mentre facevamo controinformazione con una contro-rassegna stampa (un originale che, come La Settimana Enigmistica, vanterà in seguito molti tentativi di imitazione) e i video che prendevamo da Youtube. Uno dei quali, una corsa di persone vestite da dinosauri in un ippodromo, ho avuto il piacere di rivedere qualche settimana fa dentro il Gialappa,'s Show su Tv8, per dire dei corsi e dei ricorsi, e di come grazie al web, "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si ricicla. E diventa meme". Il nostro motto era: "Qui si percula chiunque. A cominciare da noi stessi. E a chi tocca, nun se 'ngrugna".

antonello piroso foto di bacco (3)

 

2) Fu per questa visibilità guadagnata sul campo che a un certo punto fui contattato da un alto papavero Rai, che -contando sul fatto che mi aveva già "passato" altri documenti senza che io ne lasciassi mai intuire la fonte e la provenienza- mi spiegò di aver ricevuto da un altro dirigente un audio "captato", cioè rubato, nella regia di un loro programma. Me lo fece ascoltare, e io, basito, commentai: "Se non è un audio falso (oggi diremmo un fake o un deepfake), mi pare la voce di Michele Guardì". E il dirigente: "L'audio è vero, arriva direttamente dalla regia.

 

Ma che sia Guardì lo ha detto lei, non io". Quindi: qualcuno dei "Fatti vostri" aveva registrato Guardì ovviamente "a sua insaputa", file copiato per un dirigente che lo aveva inoltrato al suo collega, che aveva contattato me. Una concatenazione che manco Annalisa in Mon Amour.  La mia obiezione fu: "Ma perchè non disponete un Audit interna, non fate cioè un'inchiestina voi, e poi procedete, data l'evidente gravità della condotta? Perchè altrimenti devo pensare che lo passiate a me perchè sia io a togliervi le castagne dal fuoco, facendo il lavoro sporco". La risposta fu una supercazzola che mischiava: il codice etico, la privacy, il furto di dati etc etc. Ok, replicai: io intanto l'audio me lo tengo, e poi vedrò il da farsi.

 

michele guardi le iene

3) Ragionai insieme al mio avvocato (sì, il mio, non quello de La7, perchè io ero anche coproduttore con La7 del programma da me ideato e condotto). Riflettemmo sul fatto che c'erano in ballo svariati profili civili e penali. Compresa la ricettazione (io sarei stato un ricettatore perchè sarei entrato in possesso di materiale che era evidentemente "rubato", circostanza di cui io ero consapevole). Non solo: ma la stessa La7 avrebbe potuto rivalersi su di me nel caso fosse stata coinvolta in un'eventuale processo e condanna per danni. 

antonello piroso foto di bacco (1)

 

4) Arrivai così a una decisione: avrei distorto la voce per renderla non immediatamente riconoscibile, e avrei "bippato" le parolacce (è un'attitudine che ho conservato anche oggi a Virgin Radio, dove se capita di far ascoltare audio di interesse pubblico -un politico che la spara grossa, o un "incontinente" Stefano Bandecchi- ove ci siano improperi, si "bippa"; nell'era dello sbracamento collettivo, in cui tutti abusano del turpiloquio, trovo sia doveroso distinguersi evitandolo, omaggiando così anche l'educazione ricevuta dai miei genitori, oltre che lo stile aziendale).

 

5) Lo mandai in onda (come testimoniato da questo disgraziato sito, che l'ha messo in pagina) e non solo una volta. E non ci fu nessuno che, prestando orecchio, non arrivasse alla conclusione: "Ma questo è Guardì". Me lo dissero esponenti di altri reti tv (a quelli di Rai e La7 si unirono quelli di Mediaset e di Sky): "Ma è Guardì, dai, ammettilo". Fino a un altro dirigente Rai che mi confessò, come se niente fosse: "Ma noi lo sapevamo già". Il colmo fu raggiunto dal componente della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai, che mi domandò ufficiosamente come mi sarei comportato se fossi stato convocato per un'audizione.

i fuorionda di michele guardi le iene 4

 

Risposi che davanti alla richiesta di un organismo parlamentare ero pronto a consegnare l'originale ma non a esplicitarne la provenienza. Ma aggiunsi che trovavo stravagante che una commissione incaricata di vigilare sulla tv pubblica si facesse aiutare da un professionista di una tv privata...non avendo vigilato abbastanza. Risultato? Non ebbi più notizie, per il più ovvio dei motivi: sentire l'audio originale avrebbe imposto l'adozione di una serie di misure di cui nessuno, alla fine, voleva farsi promotore. Quindi: c'era chi sapeva da "prima", quasi tutti hanno capito "dopo", ma nessuno ha preso "comunque" una qualsivoglia iniziativa. Niente, nada de nada, rien, nothing. Silenzio assoluto.

ANTONELLO PIROSO

 

6) Questo la dice lunga sull'andazzo di una certa Rai, "la più grande azienda culturale del Paese", "il servizio pubblico finanziato per due terzi dai soldi dei contribuenti attraverso il canone". Guardì ha potuto contare su un'omertà diffusa perchè ha costruito una rete di rapporti, la sua personale rete di protezione professionale, negli anni, anzi: nei decenni (Guardì cominciò a collaborare con la sede regionale di Rai Sicilia nel 1969, comunque sempre dopo Bruno Vespa, divenuto evidentemente per meriti nel 1962,

 

a 18 anni, cronista radiofonico alla Rai, così almeno leggo nei loro profili Wikipedia; e se vi sembra scrauso documentarsi sull'"enciclopedia del web", sappiate che perfino il mitico critico del Corriere della Sera Aldo Grasso è uso riprendere passi da wikipedia, senza citarla; così sostiene "per acta" quello strepitoso lettore di siti e giornali che è Stefano Lorenzetto, autore di una fortunata rubrica su fatti & misfatti della nostra professione, che ritrovo con molto gusto sulle pagine di ItaliaOggi di Pierluigi Magnaschi, da voi riprese). Insomma, un vero intoccabile, Guardì. Almeno, evidentemente, fino a ora.

 

ANTONELLO PIROSO NEL 2005

7) Una mosca bianca, o un cigno nero, Guardì? Macchè. Altri suoi colleghi, in regia, mi dicono siano (stati?) altrettanto sboccati. Per non parlare di certi conduttori, che non in video, ovvio, ma dietro le quinte e nei fuori onda, si lasciano andare a un linguaggio che, semplicemente, non si può commentare (ho detto video? Ma è successo anche in radio: quando feci un programma per Radio2, mi fu fatto ascoltare un audio di un conduttore tv che, nel suo format per Radio Rai, ogni volta che si bloccava la registrazione cominciava a tirare delle bestemmie, condite da insulti irriferibili, da far tremare i vetri di via Asiago).

 

Nel ringraziarvi per l'ospitalità, vi regalo un piccolo "nanetto", per dirla alla Frassica-Frate Antonino da Scasazza, che non c'entra. Ma c'entra. Di recente mi è stato offerto di coordinare il lavoro di un dipartimento su "comunicazione, tv, giornali e informazione social". Bello. Solo che me l'ha offerto un partito. E non è stata neanche la prima volta.

 

antonello piroso

Negli anni mi sono state fatte proposte simili, da altri parti politiche, da me sempre rimbalzate. Per due ovvi motivi, come ho esposto ai miei cortesi interlocutori: se accetto, un secondo dopo, qualunque cosa io dirò, sarà giudicata come pronunciata "per conto terzi", cioè per conto vostro. Non solo.

 

Da quel momento, la mia possibilità di criticare voi, in quanto soggetto politico, mi sarà preclusa. Come ho ricordato, non è stata la prima volta. Quella ci fu più di 30 anni fa, quando il Pri mi chiese, per bocca del capo della segreteria politica Giorgio Medri, altro galantuomo che a Como viveva vicino alla casa dei miei genitori, se volevo, essendo già anni giornalista a Panorama, entrare in un Tg della Rai, almeno con la qualifica di caporedattore, "in quota" loro.

 

E io, che il Pri di La Malfa e Spadolini l'ho pure votato, replicai che ero refrattario a qualunque divisa di partito, per quanto la loro fosse più "immacolata" di quella di altri. Mi attenni alla regola che non ho mai smesso di rispettare (confortato dall'esempio del mio maestro Giampaolo Pansa, che mi raccontò, con grande understatement, di aver rifiutato una montagna di soldi per dirigere il Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi: "Con la mia storia, non mi sarei sentito completamente a mio agio", versione che mi fu confermata da Fedele Confalonieri): meglio pane e cipolla, ma con la libertà di dire quello che mi pare giusto dire, quando mi va, su chi mi va. Niente è più onesto e innocente del bambino che ride indicando il sovrano: "Il re è nudo".

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