GIORNALISTI CHE SI SCANNANO - “IL FATTO” PUBBLICA LE CONVERSAZIONI INTERCETTATE TRA MULE’ E AMADORI DI “PANORAMA” SUL CASO LAVITOLA

Marco Lillo per "Il Fatto Quotidiano"

Quando il direttore di Panorama Giorgio Mulé il primo luglio del 2013 dice al telefono al suo inviato Giacomo Amadori, mentre è intercettato dalla Digos, "Certo che ho chiamato Silvio Berlusconi" pensa di dire una cosa banale, che risulta dalla collezione del suo settimanale.

Il 25 agosto del 2011 infatti Panorama svela i contenuti della richiesta di arresto (segreta) nei confronti di Valter Lavitola e Gianpaolo Tarantini per estorsione ai danni di Berlusconi. Grazie alla pubblicazione di quello scoop, Lavitola sfugge alla cattura restando in Bulgaria come da consiglio di Berlusconi: "resta lì".

Per i pm napoletani Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli quello scoop non merita il Pulitzer, ma è un episodio (oltre che di rivelazione di segreto di ufficio) di favoreggiamento e corruzione delle fonti che avrebbero consegnato il file con le carte segrete. Quelle presunte fonti, sulle quali era stata presentata richiesta di interdizione, rigettata dal Gip, e sulle quali si dovrà esprimere a breve il Tribunale del riesame, sono l'avvocato Alessandro Maresca e il cancelliere del Gip Amelia Primavera: Marco Reale.

Il primo avrebbe consegnato il file con la richiesta di arresto a Amadori. Il secondo l'avrebbe estratta usando la password del Gip inconsapevole dal pc del Tribunale. Oggi il Tribunale del riesame si occupa delle fonti, ma intanto la Procura continua le sue indagini sui giornalisti. Uno dei punti più delicati dell'inchiesta è proprio quella chiamata dagli Stati Uniti, dove si trovava il direttore di Panorama Giorgio Mulé in vacanza in quell'agosto del 2011, con Arcore, dove si trovava Silvio Berlusconi.

Mulé chiama il suo editore avendo ricevuto già dal suo inviato una mail con la richiesta di arresto. La versione offerta al telefono da Berlusconi a Lavitola, quando mentre sono intercettati lo invita a restare a Sofia, e da Mulé, quando è interrogato dai pm, è la seguente: il direttore di un settimanale della Mondadori chiama il padrone della Mondadori e non gli dice che ha in mano la richiesta di arresto per i suoi amici. Non gli legge una riga delle sue telefonate intercettate, non si cura degli interessi e delle curiosità dell'editore e lo tratta come un passante: lo intervista a carte coperte.

Questa è l'intercettazione della telefonata del luglio 2013.
Amadori: tu che hai chiamato Berlusconi ... non lo so.
Mulé: e certo ... che ho chiamato io Berlusconi, Berlusconi che cazzo c'entra, era parte lesa ma non ho capito scusa, ma che c'entra Berlusconi è stato pure scritto, era sul giornale Berlusconi quindi. .. ma che cazzo c'aveva da nascondere?

Nel 2011, quando Amadori trova lo scoop, il 18 agosto alle 18 e 17, scrive a Mulé: "Caro Direttore una mia vecchia fonte ha in mano una bomba: ha la richiesta di arresto (una cinquantina di pagine circa) (...) nei confronti di cinque personaggi accusati di estorsione nei confronti di Berlusconi (...) tra non molto dovrebbero scattare le misure (...)Lavitola, Gianpaolo Tarantini, la moglie di quest'ultimo Nicla e il factotum di Lavitola avrebbero sfilato 500 mila euro a Berlusconi". Poi arriva il passaggio più importante per i pm: "Le richieste della fonte le conosci. Attendo".

I pm motivano così l'accusa di corruzione contro Mulé e Amadori: "È certo quindi che la ‘fonte' ha manifestato una esplicita richiesta a cui dover ottemperare per poter ricevere in corrispettivo la richiesta di arresto di cui la stessa fonte disponeva e che è stata poi consegnata". Va detto a onor del vero che c'è una mail del 19 agosto in cui Mulé scrive ad Amadori: "Caro Giacomo,(...) Ribadisco: nessun contatto diretto. Ascoltami e dammi retta: se vuole ti dia le carte, ma tu non prendere alcun impegno. Di alcun tipo, di nessun genere".

Il 20 agosto poi l'inviato molla la patata bollente al direttore e gli spedisce la richiesta di arresto. Alle 19 e 55 Amadori scrive a Mulé: "Ciao Giorgio ecco le Istruzioni Vai su gmail indirizzo ...@ gmail.com   password ... poi vai in documenti e scarica "Per Giorgio". Quindi butta il documento nel cestino. O se vuoi lo faccio io".

E proprio ‘Per Giorgio' è il nome del documento, trovato nella pen drive di Amadori, che secondo i pm è stato trafugato dal pc del tribunale di Napoli. I pm si chiedono: Berlusconi cosa sapeva di tutto ciò? Nell'articolo di Amadori si legge: "sentito da Panorama per avere un commento sulla vicenda, Berlusconi (...) afferma: ‘Attraverso Lavitola ho aiutato una persona, cioè Tarantini, e una famiglia con bambini che si è trovata in grandissime difficoltà economiche".

Ai pm che lo interrogano il 20 ottobre del 2011 Mulé dice: "dagli Usa dove mi trovavo, telefonai ad Arcore, sull'utenza fissa di casa Berlusconi. Spiegai al Presidente del Consiglio in estrema sintesi il fatto che avevamo scoperto e quindi del presunto ricatto ai suoi danni da parte di Lavitola-Tarantini-Devenuto. Il Presidente replicò nel senso che abbiamo riportato nell'articolo (...) escludo di aver mai comunicato all'avvocato Ghedini ovvero ad altri legali ovvero ad altri collaboratori di Berlusconi ancora prima che l'articolo uscisse il contenuto dello scoop. Fu una scelta deliberata poiché volevo evitare reazioni inconsulte e tam tam mediatici".

Mulé afferma anche: "escludo che Amadori mi abbia mai posto in visione atti di indagine che comprovassero il contenuto del suo articolo". Poi aggiunge "non abbiamo assolutamente pagato la fonte informativa. Su questo posso giurarci". I pm, però, sulla base della perizia del consulente informatico Salvatore Riegler, ritengono invece di avere tracciato il percorso del file: Amadori avrebbe avuto la richiesta da Maresca e poi l'avrebbe spedita a Mulé.

Non credono molto nemmeno alle parole di Mulé sulla mancata corruzione e scrivono: "per escludere l'eventualità (...) bisognerebbe ipotizzare che "la fonte" a un certo punto abbia autonomamente rinunziato a qualsiasi richiesta limitandosi a "donare" il prezioso materiale di cui era venuto in possesso deliberatamente". In questo quadro, non bisogna stupirsi se, prima di credere alla versione di Giorgio Mulé sulla telefonata con Berlusconi, i pm vogliono fare alcune verifiche.

 

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