EX PISTOLS! - VENTI ANNI DOPO L’ULTIMO ALBUM, JOHNNY ROTTEN TORNA ALLA RIBALTA CON I “PUBLIC IMAGE”: “PERCHÉ I NUOVI PUNK NON INVENTANO QUALCOSA DI NUOVO?”

Sandra Cesarale per Corriere della Sera- Roma

Buongiorno mister Lydon, come sta?
«Vivo».

John Lydon ha rivoltato la Gran Bretagna con i Sex Pistols. Allora, erano gli anni Settanta, si faceva chiamare Johnny Rotten (Johnny il marcio) ed era considerato l'uomo più arrabbiato d'Inghilterra. Oggi lo considerano un «tesoro nazionale», ma è meglio soprassedere perché, tanto per cambiare, lui non è d'accordo.

«Mi chiamano così perché pensano di accrescere il mio ego». Il successo con i Sex Pistols si dissolse nel giro di tre anni. Il tempo di incidere «Never Mind The Bollocks», disco seminale per il punk: i ragazzi brutti, sporchi e cattivi erano entrati nella storia del rock. Poi le liti, l'allontanamento dal gruppo e la rinascita con i Public Image Ltd che fra tumultuosi cambi di formazione sono rimasti in silenzio per vent'anni.

Lydon, nel frattempo, si è dato da fare: ha inciso dischi, girato documentari e reality nella giungla, è stato impegnato in una dura lotta legale - vinta da Rotten - per il «marchio» Sex Pistols con l'ex manager della band Malcolm McLaren, ha scritto l'autobiografia, pubblicizzato burro, partecipato a reunion con i redivivi Sex Pistols e dipinto tele nella sua casa di Los Angeles.

Un anno fa, il ritorno discografico con «This Is PiL», seguito dal tour che arriverà domani all'Atlantico. «Vedrete la più sorprendente band del mondo con il più straordinario cantante di sempre: io. Lo so, non suona modesto, ma qualcuno deve essere il migliore di tutti», dice con una risata Lydon che oggi ha 57 anni.

Anche Iggy Pop non si arrende al tempo che passa.
«Lui corre avanti e indietro sul palco, è il suo stile. Avrebbe dovuto fare il maratoneta».

Il nuovo album de i PiL è arrivato dopo vent'anni. Perché?
«La casa discografica mi remava contro, cercando di distruggermi la carriera. È stata dura uscirne fuori. Ora, quella con i PiL è un'unione felice. Abbiamo una cosa in comune: non ci piace mentire. Non voglio frottole nella mia band».

C'era molta rabbia nelle canzoni dei Sex Pistols e c'è ancora nelle canzoni di oggi...
«Ma non eravamo violenti. Nessuno, uomo, donna o bambino, sarà mai un nemico per me. Le istituzioni, la religione, il governo, le multinazionali sono i veri nemici. Manipolano e avvelenano i nostri cervelli. È questo che porta alle guerre. La vanità da sola non ci riesce. Non ho mai voluto ferire nessuno ma se ti provocano devi rispondere. A chi dice bugie rispondo con l'onestà. Cerco la verità anche in una canzone Le parole sono i miei proiettili».

Cosa pensa dei nuovi punk?
«Perché questi giovani non si inventano niente di nuovo? Perché devono far risorgere il passato? Mi stizzisce, non sono veri. Le band di oggi non combattono nessuno, non sfidano il mondo. Copiano qualcosa che a malapena capiscono. Io sfidavo le convenzioni: non ero soltanto un cantante, ma una persona che cercava di trovare una via migliore per la mia gente e la mia cultura. Tutto questo oggi si è perso».

I Green Day riempiono gli stadi...
«Sono band deboli, senza contenuti, delle macchine da soldi. Non conoscono la storia, la realtà. Non sanno cosa ho passato io. Le battaglie che ho combattuto dai tempi dei Sex Pistols. Quelle lotte hanno migliorato il mondo in cui loro vivono. Dovrebbero esserci grati ma non capiscono che io gli ho reso la vita molto più semplice».

Ascolta la musica di oggi?
«È una perdita di tempo. Però mi piacciono i Vampire Weekend e gli Horrors: hanno integrità. Ai ragazzi che vogliono fare questo lavoro disco di scappare in fretta. Devi lavorare molto per mantenere la tua integrità. Se lo fai per la fama e i soldi finisci in un ospedale psichiatrico o ti droghi».

Perché è fuggito da Londra?
«La polizia mi molestava. I poliziotti venivano a farmi visita almeno due volte settimana. Sapevo che qualunque cosa cercassero prima o poi l'avrebbero trovata, anche se fosse dovuta cadere dal cielo. Ho fatto le valigie».

Cosa farà dopo il tour?
«Non ho progetti ma obblighi. Devo finire i concerti. Se abbiamo abbastanza soldi possiamo incidere un nuovo album, tanto non abbiamo bisogno di studi elaborati. L'ultimo disco l'abbiamo registrato in una fattoria. Ed è venuto molto meglio di album che costano milioni di dollari. Non mi piace sperperare soldi. È bello essere frugali».

Si guarda mai indietro?
«Perché? Sarebbe una grandissima perdita di tempo. Non puoi cambiare quello che hai fatto lo puoi soltanto ricordare. O puoi imparare dal passato. Io più vivo più imparo. Andrò in pensione a cent'anni. Lavorerò fino a quando me lo consentirà il cervello. Ma se anche mi venisse il Parkinson troverei il modo di dire cose interessanti».

 

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