
UNA LETTRICE CI SCRIVE: "TRASECOLO NEL LEGGERE LE PAROLE DI ANNALISA CUZZOCREA SU 'REPUBBLICA' SULLA TRAGEDIA DI PAMELA GENINI, LA RAGAZZA MASSACRATA DALL’EX COMPAGNO. LA GIORNALISTA È CATEGORICA: 'POTEVO ESSERE IO'. OHIBÒ, MI SON CHIESTA: 'IO? E PERCHÉ?'. NON SONO IO QUELLA RAGAZZA CHE VOLA A DUBAI E MONTECARLO (MA A FARE COSA? QUESTO NESSUNO L’HA SPIEGATO). NON HO MAI VOLUTO ESSERE MANTENUTA NÉ AVERE IN 'CONCESSIONE' DA QUALCUNO LA SUA CARTA DI CREDITO" - “'CI SONO UOMINI DISPOSTI A UCCIDERE SE NON SEI QUEL CHE LORO HANNO DECISO TU DEBBA ESSERE NELLA LORO VITA', SCRIVE LA GIORNALISTA. MA CI SONO ANCHE DONNE CHE…"
Riceviamo e Pubblichiamo
Caro Roberto,
Gianluca Soncin e Pamela Genini
trasecolo nel leggere le parole di Annalisa Cuzzocrea oggi su “Repubblica” sulla tragedia di Pamela Genini, la ragazza massacrata dall’ex compagno.
La giornalista è categorica: “Potevo essere io”. Ohibò, mi son chiesta: “Io? E perché?”. Ogni donna ha una storia unica. Sono le scelte che ciascuno di noi compie a indirizzare la nostra vita.
Guardo Pamela e vedo una ragazza, indiscutibilmente avvenente. I media la definiscono modella e imprenditrice, e come si dice oggi “influencer”. Scrivono che aveva creato una linea di bikini, che ha partecipato a un reality con i concorrenti nudi e che andava spesso a Dubai e Montecarlo (a fare cosa?).
Poi l’incontro con il suo aguzzino, il pregiudicato Gianluca Soncin, una denuncia per maltrattamenti e precedenti per associazione a delinquere.
“Potevo essere io”, scrive la Cuzzocrea. Mi dispiace ma non sono io quella ragazza, seppure ormai sono in là con gli anni. Un criminale del genere è un fosso da scansare, e io nello schivarli mi sono sempre destreggiata bene.
Le cronache riportano che lui sarebbe stato da subito violento e possessivo, isolando la vittima dal punto di vista economico e vietandole di vedere amiche e amici. Addirittura nell'estate del 2024, in vacanza all'isola d'Elba, il disgustoso Soncin l'avrebbe aggredita a calci e pugni, minacciandola con dei cocci di vetro e cercando di buttarla dal balcone. Ma perché Pamela non è andava via subito? Perché è rimasta? Cosa l’ha trattenuta?
Potevo essere io? No, gentile Annalisa Cuzzocrea, perché a un tipino del genere se solo si fosse azzardato ad alzare un dito non avrei dato neanche la possibilità di fiatare.
E poi: io da un uomo a stento mi faccio offrire una cena. Non ho mai voluto essere mantenuta né avere in “concessione” da qualcuno la sua carta di credito.
“Ci sono uomini disposti a uccidere se non sei quel che loro hanno deciso tu debba essere nella loro vita”, scrive la giornalista.
Ma ci sono anche donne che non si rendono conto che l’imprenditore di turno le possa utilizzare come trofeo. Inutile dire “certe cose non dovrebbero accadere”.
Non siamo sciocchi, per favore. Il mondo è un postaccio. Non sono io tra coloro che scelgono consapevolmente di correre dei rischi per godere di determinati vantaggi. Non sono io quella ragazza che vola a Dubai e Montecarlo (ma a fare cosa? Questo nessuno l’ha spiegato). Io continuo a preferire San Casciano in val di Pesa (sa, sono tempi di vendemmia), detesto i selfie e non ho neanche un bikini da mettermi.
Lietta da Fiesole
LA STRAGE INFINITA CHE NON FERMEREMO SOLO CON LE LEGGI
Annalisa Cuzzocrea per la Repubblica - Estratti
Potevo essere io. C'è una cosa che ognuna di noi pensa e non dice, quando si trova davanti a un femminicidio come quello di Pamela Genini, la ventinovenne massacrata a coltellate da un ex compagno che non accettava la fine della relazione: potevo essere io. Non è margine, devianza, follia, imprudenza: è la nostra vita di ogni giorno.
Ci sono uomini disposti a uccidere se non sei quel che loro hanno deciso tu debba essere nella loro vita. Sono tutti malati? No. Sono tutti culturalmente arretrati? No. Vivono perfettamente dentro la cultura dominante, e la cultura dominante dà loro ragione. Dice loro che se non vogliono che una relazione finisca, non deve finire.
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Che se hanno deciso che tu non vai, resti, allora è così che deve essere. Non impazziscono per gelosia, non sono presi da raptus, non soffrono troppo perché li hai lasciati: fanno valere quel che è stato loro insegnato. Se voglio, posso. Se ho, non lascio andare.
Guardo i nomi e i volti delle oltre 70 vittime di femminicidio in meno di dieci mesi. Penso a quella ragazzina che lotta per la vita in un letto di ospedale dopo che il padre ha ucciso con un masso la madre e il fratello. All'altro fratello, l'unico superstite, che la va a trovare ogni giorno e dice, prega: ce la farà. Alla violenza cieca che non si scatena mai all'improvviso, i segni ci sono, ma chi è che li guarda? Chi è che ancora oggi non ti dice: non esagerare, cerca di stare tranquilla, in fondo ti ama no? No.
Non ha niente a che fare con l'amore tutto questo.
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Leggo i dati pubblicati sul sito di Non una di meno: tra le vittime ci sono ragazze di 20 anni, casalinghe di 40, pensionate di 60. Professioniste, insegnanti, infermiere, badanti, colf.
L'arma preferita è il coltello, poi ci sono il soffocamento, i corpi contundenti, le scale o i balconi da cui farti cadere. Vite normali con una costante: un uomo che opprime, controlla, non dà pace, e alla fine uccide.
(...)
È vero che abbiamo già le leggi sullo stalking, sul codice rosso e sul femminicidio. Approvate all'unanimità, con uno sforzo lodevole della politica perché non è scontato e non è così ovunque. Basti pensare a cosa accade nella Spagna di Vox o nell'Argentina di Javier Milei. Quella che ancora non abbiamo, però, è una rete efficace: i centri anti-violenza sono pochi e ancora poco finanziati.
Le sentenze di alcuni giudici ci mostrano come ancora nei tribunali ci sia molto lavoro da fare perché le donne sentano di potersi fidare. Non deve più accadere che una ragazza vada dai carabinieri o dalla polizia e che si senta dire di non esagerare. Perché si, succede ancora, troppe volte.
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Non deve accadere che una donna con segni di violenza in un ospedale non venga subito assistita e aiutata in ogni modo possibile. Il numero anti-violenza 1522 dovrebbe essere esposto in ogni scuola, ogni ospedale e ogni ufficio pubblico, sugli autobus, sui taxi, sui muri. La rete degli assistenti sociali dovrebbe essere ben più numerosa e formata di quanto non sia. Perché la violenza sulle donne è un'emergenza e sta a tutte le istituzioni – nessuna esclusa – costruire una rete di protezione capillare che diffonda consapevolezza e fiducia.
Non a un dipartimento delle Pari Opportunità perennemente senza portafoglio. Infine, abbiamo un ministro dell'Istruzione che ha deciso che l'educazione all'affettività possa essere insegnata nelle scuole superiori solo se i genitori sono d'accordo. Deleghiamo alle famiglie un pezzo di educazione che non dovrebbe avere nulla di facoltativo, e che soprattutto non contiene in sé nulla di pericoloso. Insegnare il rispetto dell'intimità e della libertà altrui, che l'amore non ha nulla a che fare con il possesso, che nessuna forma di violenza – nemmeno uno schiaffo – può essere tollerato mai, non è un lusso. Non bisogna sceglierlo.
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Capovolgere la cultura dominante, quel patriarcato che chi vuole restare immobile considera sepolto, ma non lo è affatto, è l'unica scelta possibile: significa salvarci la vita.
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le foto dei lividi inviate da pamela genini alle amiche
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