maledetti amici miei

MALEDETTI AMICI MIEI - GIOVANNI VERONESI SBARCA IN TV CON IL SUO CIRCO FOLLE: ''HABER LO CONOBBI QUANDO BEVEVA E ANCORA SI DROGAVA. GLIELO RICORDO SEMPRE, COME IL FATTO CHE È IL PIÙ VICINO ALLA MORTE. MOSTRIAMO ANCHE UN TRAILER DEL SUO FUNERALE, CHE LO FA INCAZZARE COME UNA BELVA MA SOLO PERCHÉ...'' - POI CI SONO LA BUY 'CHE NON VOLEVA ESSERE MIA AMICA', PAPALEO, RUBINI, MAX TORTORA. SU RAI2 DAL 3 OTTOBRE…

 

Malcom Pagani per Vanity Fair

 

Genesi di una follia, capitolo primo: «Il merito dello spettacolo che abbiamo messo in piedi, un merito involontario ma non per questo sottovalutabile, è di Francesco De Gregori. Avrebbe dovuto inaugurare un teatro non lontano dal Lago di Garda ma finì per non mettersi d’accordo con il manager locale e alla fine rifiutò. Mancavano due giorni al suo concerto e dal nulla mi telefonò Balsamo, il direttore dell’Ambra Jovinelli di Roma, allertato dai suoi colleghi lombardi. La buttò giù piana, senza tanti giri di parole: “Perché non riunisci una band e sul palco, tra quarantotto ore, andate voi?”».

maledetti amici miei

 

Giovanni Veronesi gli diede retta, riunì gli anarchici incontrati «in mezzo secolo di vita errante, l’unica che sono in grado di affrontare» e si esibì insieme ai suoi amici davanti a «quasi tremila persone che si aspettavano Rimmel e al posto della pagine chiare e di quelle scure si ritrovarono noi disgraziati». Ovazioni, richieste di bis e tre ore di fuoco, voci e suoni, allegri e disperati, cinici e al tempo stesso molto sentimentali, così vicini e così lontani al teatro canzone di un tempo che fu da spingerli a riprovarci e a ripetere l’esperimento in teatro.

 

Da tentativo velleitario, con la complicità di Rocco Papaleo, Margherita Buy, Sergio Rubini, Max Tortora e Alessandro Haber, in due anni A ruota libera è diventato prima un tour e adesso (produce Ballandi) anche un programma tv, diverso sia nel nome (Maledetti amici miei) che nella messa in scena. Dal 3 ottobre, in prima serata su Raidue: «Si riderà, si piangerà, si canterà, si giocherà e si oserà con una ferocia che non risparmierà niente e nessuno e, soprattutto, si improvviserà senza sosta».

 

Quanto si improvviserà?

«Non ha idea della follia. Nessuno sa cosa faccia esattamente l’altro e ogni sera va sul palco un’intenzione diversa. Non abbiamo un copione dello spettacolo perché semplicemente il copione non esiste».

 

maledetti amici miei

Come governate l’anarchia?

«Ci diciamo qualunque cosa. Abbiamo messo in mezzo le famiglie, messo a rischio i nostri rapporti, persino vilipeso, con un gusto un po’ gotico, la memoria delle nostre mamme, che essendo tutte morte non potranno rivalersi. Ma se non stiamo attenti, qualcun altro ci querelerà. Facciamo nomi e cognomi, raccontiamo fatti veri con un’attitudine da Banda Bassotti. Ci divertiamo e questa volta io sono esattamente come tutti gli altri».

 

In che senso?

«Non sono più il regista, ma mi metto in scena. Perdo i miei privilegi, il mio carisma, il mio vantaggio, il rispetto del ruolo. Presto il fianco e i miei compagni di avventura non se lo fanno ripetere due volte. Colpiscono. E colpiscono duro».

 

Il patto è stringersi di più.

«Alla fine l’unica cosa che conti davvero è l’amicizia e, superati i cinquant’anni, il calcolo è presto fatto. Gli amici che hai sono quelli veri e quindi, nella complicità, c’è il divieto di offendersi e il tacito permesso di buttarsi un po’ via, di esagerare, di superare consapevolmente i limiti».

 

Si chiama complicità?

a ruota libera con pieraccioni

«Come potremmo non averla? Ci conosciamo da decenni. Haber per esempio me lo presentò Francesco Nuti, in Piazza delle Coppelle, trentacinque anni fa in una serata molto etilica piena di stelle e di promesse. Avevo 22 anni. “È giovane ma vale”, disse Francesco».

 

E Haber?

«Avevo quindici anni in meno e per l’età ebbe subito un moto di invidia presto trasformato in amicizia vera. Da allora non ci siamo più mollati, Haber è una delle poche persone che ho voglia di vedere anche se ho 40 di febbre».

 

Com’era allora Haber?

«Beveva e forse all’epoca ancora si drogava».

 

Magari questo nello spettacolo non glielo rinfaccerà.

«Glielo faccio notare invece. E lui risponde: “Anche tu”. Allora ribatto: “Io no”, e lui affonda il colpo: “Tu no, ma loro sì”. D’altra parte Haber ha una certa età e ormai sopporta ogni cosa. Tra di noi è il più vicino a morire e non perdiamo occasione per farglielo notare. Al pubblico mostriamo anche un trailer del suo funerale. Un trailer in cui non ne parliamo mai come artista, ma sempre come uomo, padre irreprensibile, persona generosa, custode della casa.

 

Lui si incazza come una belva: “Sono un attore, ho vinto il David di Donatello”. Non gliene frega niente dell’uomo probo o del padre modello, ma Alessandro non dovrebbe arrabbiarsi: chi può avere un trailer del proprio funerale prima di andare all’altro mondo è un vero privilegiato».

 

L’ironia e l’autoironia sono figlie degli anni ribaldi che mi raccontava prima?

a ruota libera

«Furono anni divertentissimi in cui poteva capitare di confondere il giorno con la notte e di eccedere perché l’eccesso era vitale. All’epoca mi ospitava Francesco Nuti. Dormivo su una poltrona. Per capire che si poteva aprire diventando un divano letto mi ci volle qualche mese».

 

Lei Nuti lo aveva incontrato a teatro.

«Io e mio fratello Sandro avevamo riscritto il Diario di un pazzo di Gogol. Francesco disse: “’Un ho capito una sega dello spettacolo, ma tu un talento ce l’hai sicuramente”».

 

L’interno giorno successivo fu a Roma.

«Soprattutto l’esterno. Una bellezza e una dimensione che a Prato non potevo neanche immaginare. Sono stato molto fortunato e Roma è una delle migliori cose che mi siano capitate nella vita. Nonostante l’immondizia, i topi e il casino oggi non potrei vivere in nessun altro posto al mondo».

a ruota libera

 

Di Roma è Max Tortora, di Roma è Margherita Buy.

«Son due tipi umani molto diversi. Max è il comico per eccellenza: quando è attivo ti fa ridere sempre. Poi durante l’anno, come tutti i comici, ha momenti di down e si rintana nella sua grotta. Quando ne esce però è una furia. Può andare avanti per un’ora e mezza. Imitare un perfetto Celentano in romanesco o, adesso che Benigni ha smesso, far leggere Dante a uno scatenato Califano immaginario».

 

E la Buy?

«All’inizio Margherita non aveva nessuna intenzione di essermi amica. Io volevo proprio riuscirci, ma non c’era verso. Quando finalmente ha aperto uno spiraglio mi sono infilato oltre la porta e adesso siamo una coppia comica alla Stanlio&Ollio. È la più brava attrice che abbiamo in Italia, Margherita, e non da ieri, da decenni».

 

Come ha fatto a convincerla a imbarcarsi con voi?

«Mica facile, sa? La Buy non vuole mai. Dice “no” a qualsiasi proposta per partito preso. La Buy è maestra d’ansia. Però siccome con lei sono tutti molto seriosi, ho vinto facendola ridere e ho scoperto che è molto spiritosa. In radio, a Radio Due, diciamo cazzate per un’ora e mezza. Lì Margherita fa delle cose impensabili, persino delle imitazioni».

giovanni veronesi

 

Ospiti a parte, è l’unica donna su sei elementi.

«Dice sempre che siamo maschilisti. Non sappiamo come uscirne. Qualunque cosa facciamo, respiro emettiamo, parola proferiamo, la sentenza è sempre quella».

 

Ed è vero?

«Per niente. Se devo far scegliere al pubblico la canzone che canta Haber sono salomonico. Alessandro non ha un repertorio sterminato. Propone Tenco, che è troppo malinconico e non vince mai. Paoli che tanto allegro non è neanche lui, ma ogni tanto viene eseguito, e poi La valigia dell’attore di De Gregori o Margherita di Cocciante. Spesso, soprattutto quando ci esibiamo in piazza, vince Margherita».

 

C’è differenza?

«Certo. Devi capire dove sei, che pubblico hai, chi ti sta ascoltando: altrimenti ti divorano. Tra teatro e piazza il pubblico conta tantissimo, noi ci adeguiamo. Siamo molto liberi però. Di solito inizia Papaleo, ma se non gli va mi dice: “Stasera sono triste, comincia tu”, e cambiano le parti in commedia».

 

Cosa non cambia?

giovanni veronesi foto di bacco

«L’emozione. Lo spirito. La vita è una commedia e la commedia è come la vita: ha momenti divertenti, drammatici e spietati come d’altra parte dal Sorpasso a La grande guerra è nella tradizione del nostro miglior cinema. Per questo ho fatto la commedia e non amo invece particolarmente i film comici. Perché non si può essere per forza obbligati a ridere. Nella vita, quando giri l’angolo, mica lo sai se riderai o piangerai. Amo la libertà di scherzare su qualsiasi ambito: la morte, la malattia, i problemi. Solo se ridi di gusto potrai sperare un giorno nel pianto liberatorio».

 

Le capita di piangere?

«Mi capita di commuovermi per quello che non è commovente, ma duro. Una notizia, un servizio al giornale, un’efferatezza gratuita. Mi commuove la crudezza della vita».

 

Una fotografia di Sergio Rubini.

«Rubini è tremendo: un coltello affilato che fende l’aria ogni momento. È un uomo di profilo, Sergio, anche quando ti sta di fronte. È una specie di pinocchio con mille articolazioni, è uno che se alzi la voce gli prende un eritema e si gratta di continuo, ma è una persona straordinaria e davvero un virtuoso della parola. In Maledetti amici miei fa cose inaudite, un rap pugliese meraviglioso, uno scioglilingua impossibile, prodigi da talento vero: pensi che Sergio mi odiava».

 

Dice davvero?

maledetti amici miei

«Lui lavorava con Domenico Procacci, il produttore della Fandango. Lo consideravo un fandangaro o un fandanghino, come preferisce, ovvero un radical chic con la puzza sotto il naso che si dilettava solo con cose da intellettualini. Immagino che al tempo stesso, per lui, quelli come me e Nuti che facevano film commerciali, rappresentassero il male. Si trattava di opposte fazioni, una roba da sassaiola permanente.

asia argento giovanni veronesi (2)

 

Poi incontrai Sergio per Manuale d’amore e, come spesso accade, i pregiudizi vennero giù. Da allora non ci siamo più mollati e ho avuto modo di lavorare anche con Procacci, uno dei più bravi produttori italiani se non il più bravo in assoluto. Non credo di essere cambiato io però, sono loro a essere diventati meno radical, meno alteri».

 

Dalla galleria è restato fuori Rocco Papaleo.

«Lo conobbi su una terrazza, a casa di Paolo Virzì, a metà degli anni ’80. Suonava già e aveva già allora questa capacità di raccontarti un mondo tutto suo, in modo assolutamente originale. Papaleo è di una genìa a parte, fa parte dell’universo dei papalei, tutta un’altra storia». 

 

Last but non least, Paolo Conte.

«Suonerà dal vivo le sigle delle sette puntate. Un sogno. Lo intervistai per la radio, mi feci scrivere anche qualche domanda da mio fratello per sembrare più intelligente e ci piacemmo. Allora azzardai: “Farebbe le sigle del nostro programma?”. “Sei molto sfacciato, lo sai?”. “Se mi dice di no per me non cambia nulla”, gli dissi, “lei resta comunque il mio mito assoluto”. Alla fine ha accettato. Da Aguaplano a Via con me, ci ha regalato delle perle».

 

Per citarlo, la sua vita è stato un sogno fortissimo?

«Mi diverto ancora ed è l’unico modo che conosco per stare in piedi. Un modo che è sprezzante dell’età, del pericolo e della vecchiaia, mi allevia gli acciacchi, i dolori e le malattie che un giorno, presto o tardi, mi porteranno via. D’altra parte in altra maniera non saprei vivere. Non sono un artista leopardiano che aspetta la pioggia con la gobba. Sono sempre stato una persona che vuole andare avanti e vedere che succede. In guerra sarei il primo a morire».  

 

È stato impaziente?

max tortora foto di bacco

«Lo sarei sicuramente, ma non ne ho avuto il tempo. Mi è andato tutto subito bene e anche quando ho sbandato e ho preso la china sbagliata, magari bevendo molto e facendo con Francesco una vita irregolare di cui purtroppo lui paga ancora le conseguenze, mi sono salvato. Ad aiutarmi furono due donne. La mia prima moglie e poi Valeria. Apparsa come un miracolo quando avevo già superato i quarant’anni. Ero single da sette, mi ero messo il fallimento del matrimonio alle spalle e pensavo che l’amore non mi riguardasse quasi più. Allora ero giovane, ma non lo sapevo. Ero sfiduciato, sepolto dalla routine, insoddisfatto. Mi chiedevo: “Ma la vita è davvero tutta qui?”. Valeria mi ha cambiato prospettiva».

 

A 57 anni lei non ha figli.

«In compenso Sandro ne ha 5. Che devo dirle? Non me lo sono mai confessato, ma se non li ho avuti significa che non li ho voluti. Se desideri un figlio, lo fai. Non ho la vocazione e nuoto in questa ingenuità un po’ infantile, questa ambizione: rimanere sempre come mi ricordo di essere stato».

 

margherita buy

È felice?

«Molto più di dieci anni fa. Ho deciso di fare solo quello che mi va. Per il resto, provo a rimanere incosciente, più che posso».

E ce la fa?

«Mi pare di sì e anche senza grande sforzo».

rocco papaleo

 

Ultimi Dagoreport

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…

emmanuel macron

DAGOREPORT – MACRON, DOMANI CHE DECIDERAI: SCIOGLI IL PARLAMENTO O RASSEGNI LE DIMISSIONI DALL'ELISEO? - A DUE ANNI DALLA SCADENZA DEL SUO MANDATO PRESIDENZIALE, IL GALLETTO  È SOLO DI FRONTE A UN BIVIO: SE SCIOGLIE IL PARLAMENTO, RISCHIA DI RITROVARSI LA STESSA INGOVERNABILE MAGGIORANZA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE – PER FORMARE IL GOVERNO, LECORNU SI È SPACCATO LE CORNA ANDANDO DIETRO AI GOLLISTI, E ORA FARÀ UN ULTIMO, DISPERATO, TENTATIVO A SINISTRA CON I SOCIALISTI DI OLIVIER FAURE (MA MACRON DOVRA' METTERE IN SOFFITTA LA RISANATRICE RIFORMA DELLE PENSIONI, DETESTATA DAL 60% DEI FRANCESI) – L’ALTERNATIVA E' SECCA: DIMETTERSI. COSÌ MACRON DISINNESCHEREBBE MARINE LE PEN, INELEGGIBILE DOPO LA CONDANNA - MA È UN SACRIFICIO ARDUO: SE DA TECNOCRATE EGOLATRICO, CHE SI SENTIVA NAPOLEONE E ORA È DI FRONTE A UNA WATERLOO, SAREBBE PORTATO A DIMETTERSI, TALE SCELTA SAREBBE UNA CATASTROFE PER L'EUROPA DISUNITA ALLE PRESE CON LA GUERRA RUSSO-UCRAINA E UN TRUMP CHE SE NE FOTTE DEL VECCHIO CONTINENTE (LA FRANCIA E' L'UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E UN POSTO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU), COL PERICOLO CONCRETO DI RITROVARSI ALL'ELISEO BARDELLA, IL GALLETTO COCCODE' DI LE PEN, CHE NEL 2014 AMMISE A "LE MONDE" DI AVER RICEVUTO UN FINANZIAMENTO DI 9 MILIONI DA UNA BANCA RUSSA CONTROLLATA DA PUTIN...