NON C’È PIÙ IL GIORNALISMO DI UNA VOLTA - IL “WASHINGTON POST”, CONSIDERATO UN TOTEM DELL’INFORMAZIONE MONDIALE FINO A QUANDO NON E' FINITO NELLE MANINE DI JEFF BEZOS, HA LANCIATO UNA NUOVA FUNZIONE DI PODCAST PERSONALIZZATI GENERATI DALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE, NONOSTANTE TEST INTERNI AVESSERO DIMOSTRATO CHE PRODUCEVA ERRORI, DISTORSIONI E CITAZIONI SCORRETTE – LA DECISIONE È FRUTTO DELLA DISPERAZIONE: IL FILO-TRUMPISMO FA SCAPPARE GIORNALISTI E ABBONATI, E I BEZOS SI ATTACCANO ALLE CAZZATE DELL'AI GETTANDO L'INFORMAZIONE NEL CESSO...
Sintesi dell’articolo di Max Tani per www.semafor.com
Il “Washington Post” ha deciso di andare avanti, nonostante tutto. Anche sapendo che la maggior parte dei contenuti non era all’altezza dei propri standard editoriali. Il quotidiano ha infatti lanciato una nuova funzione di podcast personalizzati generati dall’intelligenza artificiale — “Your Personal Podcast” — pur avendo accertato, tramite test interni, che la tecnologia produceva errori, distorsioni e attribuzioni scorrette.
Come scrive Max Tani per “Semafor”, oltre due terzi degli script generati dall’IA non hanno superato le verifiche preliminari: in tre cicli di test, tra il 68% e l’84% dei podcast è stato giudicato “non pubblicabile”.
Ai tester era stato chiesto di bocciare i contenuti anche solo in caso di dubbio, proprio per intercettare il maggior numero possibile di criticità. Il verdetto finale della revisione interna era netto: ulteriori piccoli aggiustamenti non avrebbero migliorato in modo significativo la qualità senza introdurre nuovi rischi.
ROBOT GIORNALISTA - IMMAGINE CREATA DALL INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI MIDJOURNEY
Eppure, nonostante i risultati negativi, il prodotto è stato comunque rilasciato. Il team di revisione ha raccomandato di procedere, etichettando lo strumento come “work in progress” e accettando il rischio di errori, nella convinzione che i problemi potessero essere risolti in corsa, lavorando insieme alla redazione.
Gli errori, però, non erano marginali. Quattro dipendenti del Post hanno segnalato casi che andavano da semplici sviste di pronuncia fino a citazioni attribuite a fonti sbagliate o addirittura inventate. In alcuni casi, l’IA inseriva commenti interpretativi, facendo apparire come posizione del giornale ciò che era solo una dichiarazione di una fonte.
Un livello di imprecisione che, secondo alcuni redattori, avrebbe comportato conseguenze disciplinari (licenziamento) se fosse stato commesso da un giornalista umano.
Il lancio ha acceso un forte malumore interno. In un messaggio allo staff citato da “Semafor”, la responsabile degli standard Karen Pensiero ha definito gli errori “frustranti per tutti”.
Altri redattori hanno fatto notare come il momento fosse particolarmente delicato: il Post è sotto pressione politica e mediatica, con l’amministrazione Trump che ha recentemente intensificato gli attacchi contro i media, spesso sfruttando anche singoli errori o correzioni.
ROBOT GIORNALISTA - IMMAGINE CREATA DALL INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI MIDJOURNEY
La scelta del Post si inserisce nella più ampia corsa dell’industria dell’informazione verso l’intelligenza artificiale. I dirigenti dei media cercano allo stesso tempo di stringere accordi di licenza con le Big Tech, sviluppare strumenti interni per aumentare la produttività e difendersi in tribunale dall’uso non autorizzato dei propri contenuti.
La maggior parte delle redazioni, però, utilizza l’IA soprattutto “dietro le quinte”. Il “New York Times”, ad esempio, ha rallentato sull’uso pubblico dell’IA dopo aver evidenziato rischi legali e di esposizione delle fonti.
Il Washington Post, invece, ha scelto di sperimentare apertamente, anche a costo di compromettere la fiducia dei lettori. Una decisione che appare legata anche alla crisi strutturale del giornale: il calo degli abbonati dopo il riposizionamento politico voluto dal proprietario Jeff Bezos, la fuga di giornalisti verso testate concorrenti e la difficoltà nel definire una nuova identità editoriale.
Resta da capire se i podcast personalizzati riusciranno davvero a invertire la rotta. Come osserva ancora Semafor, il problema dei prodotti audio non è la scarsità di contenuti, ma l’eccesso. L’azzardo del Post è quello di scommettere sulla personalizzazione come via d’uscita. Ma in un settore in cui la fiducia è la valuta principale, scrive “Semafor”, affidarsi a strumenti dichiaratamente fallibili potrebbe avere un costo più alto del beneficio atteso.
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