PER SEMPRE MIA - LA DOLOROSA STORIA DI DOMENICA BERTÈ, IN ARTE MIA MARTINI - ALDO NOVE PUBBLICA UN LIBRO, UN LUNGO MONOLOGO, CHE ESPRIME LA BUIA SOFFERENZA DELL’ARTISTA - LA SPLENDIDA VOCE, I TESTI COMMUOVENTI, LA DROGA, IL CARCERE E INFINE LA STORIA DELLA IETTATURA - LA CACCIA ALLE STREGHE NEL PAESOTTO PROVINCIALE CHE È L’ITALIA LE DIEDE IL COLPO DI GRAZIA, INCRINANDO PER SEMPRE IL SUO EQUILIBRIO...

Ranieri Polese per il "Corriere della Sera"

La chiamavano Mimì, ma il suo nome era Domenica. Domenica Adriana Rita Berté, nata il 20 settembre 1947 a Bagnara Calabra. In famiglia era Mimì, e così sarà più tardi per gli amici più cari. Così si firma nelle lettere che manda al padre Giuseppe che se ne è andato di casa, a insegnare al Nord, lasciando una moglie e quattro figlie che non riusciranno più a riempire il vuoto della sua assenza.

Tutti i nomi di Mimì - Mimì Berté suona bene per il gusto yeye degli anni 60, e così diventa il suo primo nome d'arte, per la casa discografica di Carlo Alberto Rossi, a Milano, la prima che, nel 1963, le offre un contratto. Escono i primi 45 giri, che non sono un granché («il magone sai non è un grosso mago...») e che non la portano da nessuna parte. Lei è scontenta, sognava un altro inizio per la sua carriera. Così, 1967, rompe con Rossi, cambia casa discografica (è il primo passaggio di una lunga serie, che le costeranno penali gravosissime) e va a Roma.

Ha deciso di dire basta alle «canzoni squallide». E qui, ecco un altro nome, il suo nome di battesimo, Domenica, sul manifesto dei concerti che tiene, per pochissimi intenditori, con amici musicisti underground. Ma tre anni dopo c'è un'altra mutazione, Domenica-Mimì diventa Mia Martini. A ribattezzarla è Alberigo Crocetta, il creatore del Piper, che la scopre al locale gemello aperto a Viareggio; gli piace la sua voce, dopo Patty Pravo sta cercando un'altra star. Il cognome lo dà lui, Martini, perché è la parola italiana più conosciuta in America dopo pizza e spaghetti. Mia lo sceglie lei, in omaggio a Mia Farrow.

È troppo presto per pensare al titolo-manifesto del primo femminismo, «Io sono mia», così come ai tempi di Mimì era troppo tardi per chiamare in causa Puccini. Ma intanto arriva il primo colpo basso del destino: nell'agosto del '69, in Sardegna, viene arrestata per possesso di hashish. Resterà in carcere fino a dicembre. Da questo momento la sua vita artistica sarà costellata da una serie impressionante di successi e catastrofi.

In tre anni, 1971-1973, diventa la numero uno; per lei scrivono Lauzi, Baldan Bembo, Califano e un giovanissimo Claudio Baglioni. Con Padre davvero (per «Sorrisi e canzoni» ha il sapore di un «parricidio») vince il primo premio al Festival di Viareggio, 1971, un raduno che vorrebbe somigliare a Woodstock; poi, con Piccolo uomo e con Minuetto, trionfa per due anni di seguito al Festivalbar. Però succede qualcosa che getta un'ombra nerissima sulla sua storia: due musicisti della band che l'accompagnano in tournée muoiono in un incidente d'auto.

È il 1971, nasce così la voce che quella ragazza che va sul palco con una bombetta nera e uno scialle viola, che è finita in carcere per la droga, sia una che porta male, una jettatrice. Dicerie cattive che si alimentano con le gelosie e l'invidia. Si accumulano aneddoti sinistri e spesso di fantasia (incidenti d'auto, un tendone carico d'acqua che cede, una camera d'albergo che va a fuoco) che diventano prove a carico della strega.

È una sorta di processo che non prevede assoluzioni. Lei, Mia, all'inizio prova a scherzarci su, ma non c'è niente da fare. La persecuzione dura più di dieci anni, ci sono trasmissioni tv che la rifiutano, girano perfide battute, e non contano niente le affermazioni e i riconoscimenti che ottiene. Come la collaborazione (1977-78) con Aznavour.

Agli inizi degli anni '80 si opera alle corde vocali. Nell'82, a Sanremo, con E non finisce mica il cielo di Ivano Fossati, vince il Premio della critica, quel premio che dopo la sua morte le sarà intitolato. Isolata, maledetta, è esposta a ogni attacco; a un certo punto anche il suo rapporto con la sorella Loredana Berté sembra rompersi.

Nell'83 decide di smettere di cantare, di scomparire. Quando nell'89 torna a Sanremo, con Almeno tu nell'universo di Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio, la maledizione sembra spezzata. Con una nuova voce, più profonda, più blues, regala nei pochi anni che le restano una serie di capolavori: Gli uomini non cambiano, La nevicata del '56, il duetto con Roberto Murolo Cu'mme.

Non è più la hippy con lo scialle viola, è vestita Armani e si presenta come una grande interprete. Ma ancora una volta la sorte le è nemica, penali non pagate per rotture di contratti la perseguitano, nonostante il ritrovato successo è piena di debiti. Decide di andare a vivere vicino al padre, a Cardano al Campo in provincia di Varese. Una casa modesta, quella in cui la mattina del 14 maggio del 1995 viene trovata morta.

La sua voce umana - A questa donna dai molti nomi e dai grandi dolori Aldo Nove dedica Mi chiamo... (Skira, in libreria dal 13 febbraio nella collana Narrativa). È una sorta di oratorio laico, un monologo che alterna lunghi recitativi, destinato al teatro (lo spettacolo, con regia di Michele De Vita Conti, protagonista Erika Urban, debutterà a giugno, a Milano, all'ex Paolo Pini), Mi chiamo..., dice Nove, prende a modello La voce umana di Cocteau, che fu portato sullo schermo da Rossellini e Anna Magnani. Anche qui c'è una notte di disperazione, in cui la donna che si chiama Mia Martini cerca le parole per dire il dolore che l'ha schiantata. Si rivolge a Dio, che però sembra assente.

Dice di credere ancora nella magia dei versi e della musica, ma confessa che non ce la fa più. «Non voglio più vedere. Più. Adesso non c'è più poesia». Alla vita dolorosa di Mia Martini, Nove si è avvicinato grazie alle storie che gli ha raccontato Gianna, la moglie di Giancarlo Bigazzi, storie di miserabile cattiveria indirizzata contro la strega che portava sfortuna: ristoranti che la respingevano, colleghi che sparlavano, gente che faceva gli scongiuri solo a sentire il suo nome.

«Da bambino», dice Nove, «mi ricordo due suoi dischi che mettevo nel mangiadischi di mia madre, Minuetto e Piccolo uomo. Non capivo le parole, il senso di quello che la canzone raccontava, però mi ricordo che mi commuovevano fino a piangere».

Nei frammenti di racconto che la donna fa della sua vita, la parola che torna sempre è magia: magia della musica, della parola. Quella che, bambina, trovava nelle canzoni ascoltate alla radio, da Nilla Pizzi per esempio, ma il padre non voleva, perché la musica leggera non era una cosa seria. Lei, invece, insiste; partecipa a concorsi locali, sale sul palco e, come sempre farà, «con gli occhi chiusi si abbandonava alla musica, al sogno, alla magia».

È una creatura contraddittoria, lacerata, dice Nove: «È insieme la donna del Sud più antico, e la ragazza rivoluzionaria che guarda a Janis Joplin e a Jim Morrison». Soffre per la lontananza del padre, ma solo così può arrivare a fare la cantante. È fragile, e quando scatta la storia della jettatura, il suo equilibrio si incrina e niente riuscirà più a riparare l'immenso male che le è stato inferto.

«Poteva aspirare a una carriera internazionale, in Francia per esempio, e invece sceglie di restare in Italia; per accorgersi troppo tardi che l'Italia è un paesone maldicente e cattivo, dove il divertimento è quello di seminare odio, creare polemiche. Di lei scrivono che disprezza Orietta Berti, che odia la Rettore, creano perfino un conflitto con la sorella Loredana. E lei alla fine si arrende».

Certo, dice Nove, nessuno come lei riesce a esprimere la passione d'amore, il senso tragico dell'abbandono, l'abisso della solitudine. E quali canzoni piacciono di più ad Aldo Nove? «Quelle che mi commuovono per la loro intensità, come Minuetto, Agapimu, cantata in greco, Cu'mme di Gragnaniello cantata con Murolo. E naturalmente Almeno tu nell'universo: l'hanno ripresa in tante, ma nessuna sarà mai come lei».

 

MIA MARTINI MIA MARTINIALDO NOVE MI CHIAMO IL LIBRO DEDICATO A MIA MARTINI MIA MARTINI - ARMANIMUROLO

Ultimi Dagoreport

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO

barigelli cairo

DAGOREPORT - PANDEMONIO ALLA "GAZZETTA DELLO SPORT"! IL DIRETTORE DELLA “ROSEA” STEFANO BARIGELLI VIENE CONTESTATO DAL COMITATO DI REDAZIONE PER LE PRESSIONI ANTI-SCIOPERO ESERCITATE SUI GIORNALISTI – LA SEGRETARIA GENERALE FNSI DENUNCIA: “I COLLEGHI DELLA 'GAZZETTA' CHE VOGLIONO SCIOPERARE VENGONO RINCORSI PER I CORRIDOI DAI LORO CAPIREDATTORI E MINACCIATI: ‘NON TI FACCIO FARE PIÙ LA JUVENTUS…” - BARIGELLI AVREBBE RECLUTATO UNA VENTINA DI GIORNALISTI PER FAR USCIRE IL GIORNALE SABATO E DIMOSTRARE COSI' ALL’EDITORE URBANETTO CAIRO QUANTO CE L’HA DURO – LA VICE-DIRETTRICE ARIANNA RAVELLI AVREBBE PURE DETTO IN MENSA A BARIGELLI: “STIAMO ATTENTI SOLO CHE NON CI SPUTTANI DAGOSPIA...” - VIDEO

luigi lovaglio giuseppe castagna giorgia meloni giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone milleri monte dei paschi di siena

DAGOREPORT - È VERO, COME SOSTENGONO "CORRIERE" E “LA REPUBBLICA”, CHE L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA È “PERFEZIONATA E IRREVERSIBILE”? PIU' SAGGIO ATTENDERE, CON L'EVENTUALE AVANZAMENTO DELL'INCHIESTA GIUDIZIARIA MAGARI (IERI ED OGGI SONO STATI PERQUISITI GLI UFFICI DEGLI INDAGATI), QUALE SARÀ LA RISPOSTA DEGLI INVESTITORI DI PIAZZA AFFARI (GIA' MPS E' STATA MAZZOLATA IN BORSA) - POTREBBERO ANCHE ESSERCI RIPERCUSSIONI SUL COMPAGNO DI AVVENTURE DI CALTARICCONE, FRANCESCO MILLERI, CHE GUIDA L'HOLDING DELFIN LA CUI PROPRIETÀ È IN MANO AI LITIGIOSISSIMI 8 EREDI DEL DEFUNTO DEL VECCHIO - MA IL FATTO PIÙ IMPORTANTE SARA' IL RINNOVO AD APRILE 2026 DELLA GOVERNANCE DI GENERALI (PER CUI È STATA ESPUGNATA MEDIOBANCA) E DI MPS DEL LOQUACE CEO LUIGI LOVAGLIO (VEDI INTERCETTAZIONI) - INFINE, PIÙ DI TUTTO, CONTANO I PASSI SUCCESSIVI DELLA PROCURA DI MILANO, CHE PUÒ SOSPENDERE L’OPERAZIONE DELLA COMBRICCOLA ROMANA FAVORITA DA PALAZZO CHIGI SE INDIVIDUA IL RISCHIO DI REITERAZIONE DEI REATI (DA PIAZZA AFFARI SI MOLTIPLICANO LE VOCI DI NUOVI AVVISI DI GARANZIA IN ARRIVO PER I "FURBETTI DEL CONCERTINO''...)

putin witkoff marco rubio donald trump zelensky

DAGOREPORT – SI ACCENDE LA RIVOLTA DEL PARTITO REPUBBLICANO CONTRO TRUMP - I DANNI FATTI DA STEVE WITKOFF (SOTTO DETTATURA DI PUTIN), HANNO COSTRETTO L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A METTERE IN CAMPO IL SEGRETARIO DI STATO MARCO RUBIO CHE HA RISCRITTO IL PIANO DI PACE RUSSIA-UCRAINA - CON IL PASSARE DELLE ORE, CON UN EUROPA DISUNITA (ITALIA COMPRESA) SUL SOSTEGNO A KIEV, APPARE CHIARO CHE PUTIN E ZELENSKY, TRA TANTE DISTANZE, SONO IN SINTONIA SU UN PUNTO: PRIMA CHIUDIAMO LA GUERRA E MEGLIO È…

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?