ALLEGRI O MESSI MALE? - ALLONTANATE MOGLI E PUPI FRIGNANTI, STASERA MILAN-BARCELLONA È UNO SCONTRO TRA DUE SCUOLE: I ROSSONERI POSITIVISTI E LAICI, I BLAUGRANA ROMANTICI E CREATIVI - GUARDIOLA È L’ALLENATORE DEL FUTURO MENTRE ALLEGRI DEVE DIMOSTRARE DI AVERE IL ‘QUID’ - MA IL VERO PROBLEMA È COSA DIVENTERÀ IL MILAN, DOVE IL BANANA È TORNATO PRESIDENTE MA BARBARA, IN QUALITÀ DI MEMBRO ALLU-PATO DEL CDA, FA L’IDEOLOGA AL POSTO DI CHIUNQUE - IBRA SCALDA LA SFIDA: “MESSI? È IL MIGLIORE, PERÒ NESSUN ALTRO GIOCATORE HA INTORNO TANTA QUALITÀ”…

1 - THE CHAMPIONS
Mario Sconcerti per il "Corriere della Sera"

Non è il solito Milan-Barcellona degli altri anni, forse non somiglia nemmeno a quello dell'autunno scorso. Sono andate avanti le due squadre, ognuna su percorsi diversi. Sono diventate quasi due scuole di pensiero opposto. Il Milan positivista e laico, la squadra con il tecnico che essendo toscano si fa l'obbligo della perifrasi volgare. Il Barcellona con il romanticismo leggero di Messi, una specie di Don Chisciotte realizzato, dove i mulini hanno il soffio lieve dell'arte e dei miliardi.

Da un punto di vista tecnico è già una partita per vecchi. Il nuovo non verrà mai dal Barcellona, tutto il calcio di Guardiola è già diventato scuola, come le campagne militari di Napoleone. Non ce ne sono altre in arrivo, stiamo ancora studiando le vecchie. E poi, come dice il poeta, Dio non s'innamora mai due volte dello stesso uomo. Guardiola ha già dato. Sarà anche stato un altro Picasso, ma è già stato dipinto tutto. Cosa invece deve ancora dare Allegri?

Questa è una domanda molto grande che non riguarda forse soltanto il Milan. La Spagna ha cinque squadre nella primavera delle coppe europee, l'Italia soltanto il Milan. Non si può dare al Milan la responsabilità di un intero movimento.
Il vero problema dell'Inter non è per esempio essere settima, ma avere solo 41 punti in 29 giornate. Stessa cosa per la Roma: si può essere sesti ma non con 44 punti e undici sconfitte. È questo essere sempre bassi, dalla terza in giù, che spaventa e rende tutti modesti.

Il Barcellona è fuori da questo problema. Viene da un campionato inutile dove i risultati sono tutti uguali. Vincono solo due squadre, una vera noia. Però Guardiola è oltre Mourinho. È ragion pura, l'unico che sappia fare del calcio vita e viceversa. Nessuno dice: dove andrà il prossimo anno Guardiola? La domanda su di lui è un'altra: è cosa farà Guardiola? Resterà al Barcellona, o si candiderà alla guida del Paese? Perché Guardiola è l'unico allenatore per cui si possa avere qualunque possibilità di futuro.

Questa è la vera differenza fra Milan e Barcellona. Quella che passa tra un signore gentile e sconosciuto, controverso e fondamentalmente solitario, e un uomo di scoglio come Allegri, con una storia ispida e contadina, già sulla buona strada ma ancora discusso. Il problema è semmai cosa stia diventando il Milan, dove Berlusconi Silvio torna presidente ma Berlusconi Barbara diventa ideologa al posto di chiunque.

C'è in questo tremore primaverile, in questo scarto senile del grande calcio milanista, un bagliore di futuro che forse andrebbe colto. Una specie di affollamento in sala comando, una piccola orgia di pensieri. A che titolo Barbara parla del futuro? Come filosofa o come dirigente del Milan? E se parla da dirigente, qual è il futuro?

In grande sostanza, noi pensiamo che stasera si giochi una grande partita, ma solo una partita. In realtà credo sia molto di più. Qualcosa stasera è seriamente in gioco, per tutto il Milan o per l'intera leggenda del Barcellona. Il calcio ha questo di bello, che una sera, improvvisamente, tutto diventa evidentemente vecchio, insostenibile. Stasera sapremo cosa.

2 - «MESSI RESTA IL MIGLIORE MA HA LA FORTUNA DI GIOCARE TRA CAMPIONI»
Alessandro Bocci per il "Corriere della Sera"

L'incoronazione nasconde anche la provocazione. «Messi? È il migliore del mondo, però nessun altro giocatore ha intorno tanta qualità». Zlatan Ibrahimovic non è mai banale. Fa la differenza in campo e nelle interviste. Risposte secche e giudizi taglienti dalla sala stampa di Milanello prima della partita delle partite. Così è anche quando deve parlare del ragazzo che ha vinto tre Palloni d'oro consecutivi, che ha già segnato 55 reti in stagione, che rischia di oscurare la sua stella stasera a San Siro e condizionare il quarto di finale contro il Barcellona.

«Leo cresce ogni anno, battendo un record dietro l'altro e spero che vada avanti a lungo perché quando lo guardo mi diverto. Però, da solo, avrebbe bisogno di tempo per adattarsi alla serie A, che rispetto alla Spagna è meno tecnica ed elegante, ma più difficile».
Il confronto non lo spaventa. «Anche perché non tocca a me fare paragoni con Messi o con Cristiano Ronaldo. Devono essere gli altri a stabilire chi è il più bravo. Io penso a vincere con il Milan. E solo quello mi interessa». Ibra è felice e determinato.

Pronto alla Partita che per lui ha un carico di attese superiore a quello di qualsiasi altro dei suoi compagni. Le domande degli spagnoli sono tutte per lui. Saluterai Guardiola? Pentito di aver lasciato Barcellona? Speri che lo scudetto della Liga finisca al Madrid? La risposta più velenosa è dedicata al suo vecchio presidente Laporta, che ha definito Ibra un'operazione fallimentare. «Non la pensava così quando mi ha preso».

A Guardiola, invece, non stringerà la mano: «Non so se lo farò, non è importante né per me, né per lui. Entrambi abbiamo altro a cui pensare. Il passato è passato e quanto successo è successo. Io sono un uomo e vado avanti: ogni giorno è un giorno nuovo».

Questo è speciale. Non è la prima volta che Ibra ritrova il Barcellona, ma nei gironi non contava così tanto. E Zlatan lo sa. «Ora c'è in ballo la qualificazione alle semifinali e per arrivarci dovremo giocare la partita perfetta. Il gioco è la nostra qualità e non abbiamo niente da perdere. Il Barça è la squadra migliore del mondo e non c'è un sistema sicuro per metterla in difficoltà. Il calcio difensivo a me non piace, ma se serve per un buon risultato e l'allenatore decide per questa tattica, io mi adeguo».

Non dovrà farlo. Allegri ha scelto di giocarsela alla pari, contando sull'ultimo Ibra per spaventare i catalani. Quello che, quasi da solo, ha messo in crisi la Roma e tenuto lontano la Juventus. I numeri dello svedese sono fantastici: 23 gol in campionato, 29 in 32 partite stagionali. Da questo punto di vista il Barça capita nel momento giusto. Lui però è prudente. «Se sono spesso decisivo non è solo merito mio. Senza l'aiuto dei miei compagni non faccio niente. Ci sarà un momento in cui io farò meno e altri faranno di più. Non c'è Ibra senza Milan».

Lo slogan non è un semplice sfoggio di umiltà. Zlatan sa di essere la speranza rossonera nella sfida impossibile, il grimaldello per aprire la difesa spagnola, il punto di riferimento milanista. Intanto un gol lo ha fatto agli spagnoli, che magari lo immaginavano pentito di aver lasciato la Squadra dei Sogni.

E invece Ibra l'italiano è contento di essere dov'è. «Mi piace la vostra mentalità, la mia famiglia in Italia si sente a casa e i miei figli crescono felici. Perché dovrei cambiare? Ho altri due anni di contratto con il Milan, che è un club fantastico. Dopo non so cosa succederà, ma adesso il mio futuro è qui». Ma ai tifosi catalani uno zuccherino lo regala: «Ho fatto parte di quel gruppo e nella Liga tifo per loro». La chiusura è velenosa: «Sono stato in tante squadre, ma il primo anno migliore l'ho fatto a Barcellona». Meno male (per il Milan) che non ce n'è stato un secondo.

 

 

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