mario schifano

SCHIFANO SCHIFATO A NEW YORK - RIEMERGE DALL’OBLIO “WORDS & DRAWINGS”, IL LIBRO CHE MARIO SCHIFANO SCRISSE CON FRANK O’HARA - NEGLI ANNI AMERICANI, L’ARTISTA FREQUENTAVA WARHOL, THELONIOUS MONK E CHARLIE MINGUS MA NON VENDETTE NEANCHE UN QUADRO - LE MERAVIGLIOSE FOTO CON ANITA PALLENBERG SCIPPATA A KEITH RICHARDS

Stefano Malatesta per “il Venerdì - la Repubblica”

 

MARIO SCHIFANO E ANITA PALLENBERGMARIO SCHIFANO E ANITA PALLENBERG

Nell’autunno del 1963 R un pittore italiano di nome Mario Schifano s’imbarco sul transatlatico Cristoforo Colombo diretto a NewYork, in compagnia di un’attraente e brillante studentessa dell’Accademia di belle arti, Anita Pallenberg, appena diciottenne. All’epoca la citta americana era in cima ai pensieri di tutti i giovani italiani che volessero respirare un’aria diversa da quella di sacrestia che stagnava nella societa italiana.

 

In quegli anni gli artisti e quelli che, con orrendo termine, venivano chiamati intellettuali, erano o si dichiaravano tutti o quasi tutti comunisti. Ma questa appartenenza implicava l’ideologia, non il mercato. Nessuno di loro si sognava di invocare «A Mosca, a Mosca» come le Sorelle di Cechov.

 

WORDS & DRAWINGS DI FRANK OHARA E MARIO SCHIFANO

Nessuno pensava di vendere quadri ai funzionari del Cremlino, avendo in cambio qualche matrioska.Tutti volevano andare in quella che veniva de nita «la metropoli della infame plutocrazia americana» – ma dove venivi pesato in base a quello che valevi e ai dollari che eri in grado di guadagnare.

 

Schifano era attratto dalla citta stessa, non dai dollari, ma dal lusso di modernita che soffiava su Manhattan come il gelido vento in arrivo dall’Atlantico: l’esatto opposto dello scirocco romanesco. Prima di partire aveva abbandonato la galleria la Tartaruga, gestita da Plinio de Martiis, ed era passato nel giro di Ileana Sonnabend, una scaltra e potente gallerista, che lavorava pero insieme a Leo Castelli.

 

MARIO SCHIFANO E ANITA PALLENBERGMARIO SCHIFANO E ANITA PALLENBERG

Il pittore sperava che questa mossa potesse aprirgli le porte del mondo dell’arte nuovayorchese. Fu un’ingenuita e anche uno sbaglio madornale. Nel frattempo il vero proprietario della Tartaruga, il barone Giorgio Franchetti, un gentiluomo che amava due cose, le opere d’avanguardia e quella regione dell’Italia chiamata Tuscia, aveva mandato una sorta di ukase a Plinio: «Convocate Schifano in galleria e schiaffeggiatelo sul viso, mentre gli dite: Giuda, sparisci dalla nostra vista».

 

MARIO SCHIFANO E ANITA PALLENBERG MARIO SCHIFANO E ANITA PALLENBERG

Il passaggio da Roma a New York era avvenuto senza traumi. La citta sembrava congeniale al giovane artista: era come se fosse sempre vissuto al Greenwich Village. La sera andavano al Five Spot a vedere i film di Andy Warhol, infilandosi delle scarpe da ginnastica, per correre piu veloci quando sarebbe intervenuta la polizia. Oppure erano in prima fila a sentire Thelonious Monk e Charlie Mingus o erano invitati a feste under- ground dove incontravano Ferlinghetti, Corso e quell’amabile poeta pazzo di Ginsberg che faceva vedere a tutti la scatola di  ammiferi dove conservava la sua collezione di peli pubici.

 

ANDY WARHOL FOTOGRAFATO DA MARIO SCHIFANOANDY WARHOL FOTOGRAFATO DA MARIO SCHIFANO

Era tutto un incontrarsi, rincorrersi, e reincontrarsi. E in quegli anni stanziali a NewYork Schifano sembrava, ha scritto Furio Colombo, un husky da slitta che correva di punta trascinando tutti gli altri. A volte, Mario e la Pallenberg venivano invitati dalla Sonnabend a cenare all’Elaine’s, un ristorannte costoso e alla moda.

 

La Sonnabend si atteggiava a protettrice e madre badessa del giovane e affascinante pittore italiano, difendendolo dagli attacchi maligni di Jasper Johns e Rauschenberg, definiti dalla Pallenberg, nelle sue memorie, due tipacci cinici e snob. Ma in realta i loro rapporti erano resi opachi da molte ambiguita e finzioni. Negli Stati Uniti, in pochi anni, l‘arte autoctona era passata, con un salto mortale simile a quello degli acrobati nei circhi, da generi di retrobottega, come romantici paesaggi del west e ritratti di cowboys, alle piu spinte opere del modernismo.

 

MARIO SCHIFANO E ANITA PALLENBERGMARIO SCHIFANO E ANITA PALLENBERG

Tutto era cambiato con l‘arrivo dei surrealisti europei in fuga dai nazisti, che stavano bruciando le loro opere definite degenerate. La fuga era stata guidata da Andre Breton e finanziata dall’impareggiabile Peggy Guggenheim, che a New York aveva portato non solo i pittori, ma anche centinaia di opere mai viste prima negli Stati Uniti. La contaminazione avvenuta in quegli anni e stata all’origine della prima grande scuola americana.

 

Venti anni piu tardi un altro doppio salto, quello provocato dalla nascita della Pop art, rafforzo la presa di potere degli Stati Uniti, di NewYork in particolare, nel mondo dell’arte. Gli arbitri del mercato mondiale, ossia, i compratori americani, che ogni anno scendevano a Parigi per acquistare opere d’arte astratte, che non capivano e che pagavano a caro prezzo, perche non c’era altro a disposizione, furono estasiati davanti alle bottiglie di Coca-Cola, alle zuppe Campbell, ai ritratti di Marilyn.

Schifano Schifano

 

Un’arte all american che parlava da sola. Il piu abile o il piu furbo degli artisti Pop era uno che faceva dichiarazioni demenziali come: «Io sono il piu grande pittore del mondo come Duccio e Giotto». Ma teorizzava anche che la pubblicità era il contenuto delle opere e diceva che dietro non c’era nulla, ne originalità, ne unicità.

 

La Pop era cosi americana che gli artisti europei, con i loro pregiudizi di originalita erano incapaci di capirla, tanto meno di interpretarla, perche legati a sorpassati ideali di autenticita. Per tutto il tempo che Schifano rimase a New York non riusci a vendere un quadro, come successe anche a molti artisti italiani che andarono in America pensando di riempirsi le tasche di dollari.

frank o hara by mario schifanofrank o hara by mario schifano

 

Il piu deciso a chiudere e conservare la Pop nell’ambito americano e stato Leo Castelli, quello che doveva aprire le porte. Anche Tano Festa, dopo qualche tempo si rese conto che organizzare una mostra a NewYork era impossibile e scrisse a Plinio che era «l’ora di smammare».

 

L’unico che aiutò Schifano, in senso concreto, fu un poeta molto conosciuto, Frank O’Hara, con il quale scrisse un libro intitolato Words and Drawings. I due si intesero subito. O’Hara conosceva benissimo Mario e lo stimava, e il pittore amava quello che scriveva il poeta e si accomodo sui suoi versi come in una comoda poltrona.

 

MARIO SCHIFANO E ANDY WARHOLMARIO SCHIFANO E ANDY WARHOL

Il libro venne esposto nel 1964, a Roma, nella libreria Ferro di Cavallo – la prima a ospitare le letture dei libri appena usciti e gestita da Agnese De Donato – e poi scomparve. Adesso e riemerso dall’oblio, stampato in una edizione completa, a cura dell’archivio Mario Schifano, con testi Anita Pallenberg, di Furio Colombo e di Achille Bonito Oliva, e con foto stupende di Mario. E uno non puo fare altro che pensare a quale magnifica evoluzione avrebbe avuto l’arte di Mario se quell’imbecille di Leo Castelli non gli avesse tarpato le ali.

 

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....