TOH! AD OGNI OCCASIONE CONTE DICE DI ANDARSENE…

Emanuele Gamba per "la Repubblica"

Pare che la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo di risentimento l'abbiano versata i bambini. «Genitori che bestemmiavano e che ci insultavano tenendo in braccio figli di tre o quattro anni. Ma che mondo è?». È il mondo del calcio italiano, una specie di pianeta delle scimmie che ripete all'infinito, di piazza in piazza e di stadio in stadio, i suoi barbari cliché. Spesso si sta al gioco, o si sopporta. Altre volte viene voglia di arrendersi, o di scappare. «Di andare all'estero, lontano da tutto questo».

Antonio Conte lo ha detto dopo la vittoria di Bologna, incorniciata dal solito bestiario: le bastonate al pullman bianconero che entrava al Dall'Ara, gli striscioni e i cori che auguravano la morte ai bianconeri, l'esultanza ostentata da Conte quando ancora la partita doveva finire, la reazione di Pioli («Così non si fa, ci vuole rispetto») e infine lo sfogo dell'allenatore della Juventus, davvero sfinito dall'odio che gli distilla attorno.

«La vergogna non è la mia esultanza, perché io esulto come, quando e con chi voglio. La vergogna è quello che succede fuori: le mettessero lì le telecamere, non negli spogliatoi. Ho moglie e figlia e a Firenze, a Napoli o a Bologna non posso andare. E allora uno prende e se ne va all'estero, che fa prima».

Non sarà quest'estate, «perché abbiamo cominciato un percorso e vorrei completarlo », ma tra non molto Conte espatrierà senza farsi venire voglia di tornare. Studia inglese, mastica lo spagnolo, tiene gli occhi spalancati sul mondo perché in Italia non vede pace oltre la Juve. Fino a qualche mese fa spiegava che lui non è così in quanto juventino, ma in quanto Conte: «Sono tifoso delle società per cui lavoro. Sono un leccese che ha allenato il Bari, potrei lavorare in qualunque squadra italiana perché la sposerei in pieno». Ora non lo dice più, né lo pensa.

Le miserie del nostro calcio stanno sfinendo molti protagonisti. È stato detto troppo poco delle violenze (impunite) che hanno preceduto Napoli-Juve: l'hotel bianconero è rimasto sotto assedio per un giorno e una notte, il viaggio verso lo stadio è stato allucinante, con lanci di oggetti ed escrementi.

Un vetro è andato in frantumi a pochi centimetri da Asamoah. Il problema è che sono fatti ormai considerati normali: capitavano a Catania prima che la questura trovasse un percorso più sicuro, possono succedere a Roma se gli ultrà individuano per il tempo il tragitto scelto (ci sono varie possibilità e si decide dell'ultimo), non è una passeggiata di salute neppure il budello che porta a Marassi.

A Firenze ci sono state domeniche agitate (una volta Buffon uscì dal Franchi nascosto in un bagagliaio), ma negli ultimi due anni meno. Nel 2012, lo stadio irrise Conte e i suoi svolazzanti capelli indossando parrucche: «Ho apprezzato. Questa è la rivalità che mi
piace». È rimasto un fatto isolato, così come sono rari gli stadi che si possono raggiungere in sicurezza: Udine, Palermo e Siena sono i più sereni.

Il problema è che anche lo Juventus Stadium non è dei più accoglienti: ribolle di cori sovente violenti e talvolta razzisti, è molto multato e spesso diffidato. Ma è anche vero che la Juve è la sola ad aver condannato certe esagerazioni. Nessuno è arrivato ai livelli del Bastia, che ha denunciato nove suoi tifosi violenti, ma l'Inter ha taciuto sul razzismo rovesciato su Adebayor e Lotito ha lottato perché non venisse punito il saluto romano dei suoi ultrà. La Juve è convinta di essere odiata perché vince, ma forse è per il come: l'aberrazione di riconoscersi scudetti che non ha, per esempio, non è un segno di pace. Ma di soluzioni non se ne vedono, tranne una. «Prendere e andarsene lontano da tutto questo».

 

ANTONIO CONTE INCAZZATO IN JUVENTUS GENOA LA RABBIA DI ANTONIO CONTE DOPO JUVENTUS GENOA JUVENTUS STADIUM ANTONIO CONTE BACIA IL SANTINO conte antonio

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