TEOCOLI GIRA LE SAGRE, ED È ENTUSIASTA DI FARLO - “NON MI INVITANO PIÙ IN TV, MA NON ME NE FREGA NIENTE. QUELLI CHE PASSANO OGGI ME LI MAGNO”

Malcom Pagani per "Il Fatto Quotidiano"

Il vento contrario, sostiene Teo Teocoli, non soffia mai dove sembra tiri veramente. Il vento contrario, giura, lo fa tornare ai tempi in cui la casa guardava l'idroscalo e non il Duomo: "E io stupidamente me ne vergognavo". L'epoca, ricorda: "In cui mi ricarivavo dopo un insuccesso ripetendomi ‘cazzo, domani li rovino' attraversando al buio il ponte della Ghisolfa".

La breve apparizione anarchica di Teocoli alla discoteca Charleston di Treviglio (40 minuti di canzoni per non deludere un amico e poi, visto il disinteresse per il suo monologo, un rapido congedo dal pubblico raccontato dalla stampa con toni crepuscolari) per Teo è una non notizia. "Non è successo un fico secco" dice e poi, generoso, si addebita le colpe: "Le discoteche di oggi sono gironi infernali e io che non le battevo da anni sono stato presuntuoso.

La gente era lì per conoscersi e cantare in coro. Così mi sono fermato, ho ringraziato, premesso che non avrei preso un euro e salutato tra gli applausi". Nessun Viale del tramonto, una tournée con 40 date (Restyling-faccio tutto) che parte l'8 ottobre dal Teatro Nuovo di Milano e la pretesa di rispetto: "che oggi" ride "non si riconosce più neanche ai 70enni".

Teocoli non chiederà la Bacchelli.
Io non capisco. Non parlo con nessuno, ma tutti sembrano conoscermi benissimo. Ho la stessa moglie da 30 anni, tre figlie stupende, non sono mai stato così bene in vita mia e non ho alcun problema finanziario. Lavoro dalla mattina alla sera, faccio radio e metto in scena i miei spettacoli. Quest'estate ho girato l'Italia. 20 serate popolari, di quelle che piacciono a me. La sagra della piadina e quella della birra. Migliaia di persone sulle sedie di plastica che ridono. Grandi mangiate a palco smontato . Il paradiso.

Quindi nessuna decadenza.
È un po' dura. Basta guardarmi. Ultimamente sono più buono. Approfittandone, qualcuno avrebbe voluto mettermi i piedi in testa. Finora non ci è riuscito nessuno.

Chi guida la tv però l'ha lasciata fuori dalla porta.
Sono stato recentemente da Mara Venier, un'amica. Mi sono proposto io, ma era la prima puntata, c'era il tipico casino degli inizi e mi sono sentito un po' in trasferta. In strada, a Milano, con le signore, ho avuto però più successo del solito: "Ma perché non torna in tv?". Son 10 anni che mi chiedono perché e io una risposta non l'ho più. Se non mi chiamano neanche per le ospitate, non posso andare. Non voglio fare il gradasso, ma in fondo non me ne frega niente.

Detto come deve essere detto.
Detto come deve essere detto, molti di quelli che oggi passano in tv io me li "magno".

È strano pensarla fuori dallo schermo.
Pazienza. Di Roma le ho detto, qui non succede niente e quindi, direi che per me la televisione è finita. Se aspettano ancora un po', arrivo a 85 anni. Anche se la tv non è più quella di una volta, si aggirano trionfanti nugoli di mezze figure e Mastroianni, Sordi e Gassman non fanno più a gara per andarci, un po' malinconica, l'assenza è. Ma manco da troppo tempo e non può essere un caso.

Aldo Grasso diceva che qualunque programma la ospitasse, in sua presenza, decollava.
Me lo ricordo. Come non ho dimenticato quattro edizioni della Domenica sportiva molto apprezzate. Poi arriva la sciura Ferrari ed è finita così.

Avrebbe dovuto condurre Affari tuoi.
Accadde tutto in poche ore. Il mio contratto con Mediaset era in scadenza, il Corriere mi fece un'intervista e io dichiarai che Affari tuoi non mi dispiaceva affatto. Il giorno dopo, a Pier Silvio Berlusconi, che non sapeva nulla e presentava i palinsesti Mediaset, prese quasi un colpo.

Si disse addolorato e sorpreso.
Pier Silvio, pur decurtandomi a dire il vero una bella cifretta, mi aveva già riaccolto in azienda ai tempi di un dissidio con Antonio Ricci. Avrei dovuto condurre Paperissima. Parlai con Ricci e gli dissi: "Di gattini e bambini non mi frega un cazzo, pur nei limiti del prodotto, vorrei fare quel che più mi riesce, improvvisare".

Due giorni prima del via mi arrivano 13 copioni. Apro e vedo: "Il Gabibbo e Teo-coli a braccetto". Dico no. Rinunciai a una barca di soldi. In quell'occasione Pier Silvio mi graziò. dopo Affari tuoi, a Mediaset, non mi hanno più chiamato neanche per una televendita.

Proprio lei, che era sempre stato apolitico.
Cresciuto con gente di sinistra, ma sempre troppo critico. Forse anche un po' pirla, a pensarci bene.

Affari tuoi poi non lo fece.
Contattai Fabio Fazio, non ancora così famoso e gli proposi il duplex. Le svelo una cosa che non ho mai raccontato.

Siamo qui.
Era tutto fatto. Girammo anche un ottimo numero zero. Poi mi avvicinarono due azzimati dirigenti della Rai: "Teo, ti paghiamo quella vecchia causa che ci hai intentato e ti offriamo anche 2 anni di contratto. Ma Affari tuoi non devi farlo tu". Passarono l'incombenza a Pupo. Gli voglio bene, ma se devo essere sincero non ho mai capito il perché.

Con Fazio divideste tempo e unità d'azione a Sanremo e in Quelli che il calcio.
Ci siamo visti per lo speciale su Jannacci, ma non parliamo da tempo. Per il suo Sanremo diedi l'anima. Mi aspettavo di essere chiamato l'anno scorso, sarebbe bastata una stretta di mano sul palco, due chiacchiere tra amici. Non è accaduto. Ma va bene così. Decido io. Faccio teatro come capita anche ad artisti enormi come Proietti e sono libero.

Da ragazzo andavo a vedere Pelé a San Siro sdraiato sul pavimento di un taxi e ballavo fino all'alba con Brigitte Bardot. Ora rincaso a notte come ieri e rumino chilometri con un panino in mano. Sono tornato ragazzo e rido sempre molto. Diversamente, non saprei vivere.

 

 

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