IL VERO E UNICO RESPONSABILE DEL FLOP DELLA TRAVIATA ALLA SCALA SI CHIAMA LISSNER - PECCATO IL PUBBLICO SI SIA SCAGLIATO INVECE CONTRO CHI ERA SUL PALCO, VITTIME INCONSAPEVOLI DELLE SUE REALI STRATEGIE PROFESSIONALI

Biro per Dagospia

Anche quest'anno la liturgia è stata identica a se stessa: uno spettacolo inutile e pigro persino nei difetti seguito dalle solite, prevedibili reazioni. Dapprima in anticipata, scomposta difesa, quindi in scorato biasimo. Senza che il vero responsabile di un simile flop ne sia stato minimamente sfiorato; disapprovare, per l'uscente Lissner, è ovviamente "da talebani".

Al calduccio del suo prossimo rientro in patria, probabilmente con l'idea di aver lavorato in una città (e in un paese) di barbari. Elargendo ogni tanto a questo pubblico d'insaziabili reazionari, tanto per placarli, tozzi di zeffirellismo datato. E poi via con le geniali trovate raffazzonate dal suo adorato Nord.

Ma com'era, davvero, questa prima scaligera? Nella sua bella lingua, Lissner avrebbe persino il termine esatto per indicare gli scopi di simili operazioni: "succès de scandale". Ma purtroppo qui lo scandale non si è visto. Contro le previsioni del sovrintendente, nessuno si è davvero scandalizzato.

Solo sbadigli, per un dadaismo sfinito, sfinente e senza più efficacia. Con un Alfredo (tra Rutelli e Mammuccari) inespressivo e una Violetta che scoppiava di salute (ma questa non può essere una colpa), come fossero in un altro racconto e in un'operetta. Certo non nello spettacolo programmato. E tutte le banalità contrabbandate per grandi eversioni estetiche? Cosucce: viste e straviste, come ormai fanno tutti a Parigi. Perché la vera modernità, in ogni senso, non è certo più lì.

E allora che ci faceva in questi anni un simile sovrintendente alla Scala? Mistero. Su chi lo ha scelto e su chi lo ha coperto d'oro.

All'uscita per gli applausi, il povero regista sembrava Daniele nella fossa dei leoni; incredulo e stupefatto che quella cosina inoffensiva potesse scatenare tanto dissenso. È infatti il suo mestiere portarsi il boccone alle orecchie e non tra le labbra; con quello campa. E si guardava intorno, pallido, cercando lo sguardo di chi gli aveva messo in mano una simile patata bollente. Ma Lissner naturalmente era nel suo Olimpo a godersi la sua superiore visione dell'arte: tra mattarelli, zucchine trifolate e angelotti appesi a un brutto lampadario di cucina.

Peccato davvero che il pubblico non se la sia presa con l'unico, vero responsabile di questo grossolano niente. Scagliandosi invece contro le solite vittime, in realtà inconsapevoli delle sue reali strategie professionali.

E per fortuna che le prossime programmazioni, com'è stato assicurato, saranno ancora sue: come sopravvivere altrimenti, senza quelle lezioni di Stile?

Ma si sarà mai accorto, l'altero e innamoratissimo (così lo raccontano) sovrintendente, di essere a Milano? Milano-Italia: la città di Prada e dei più grandi designer viventi. E che le Estetiche, lo Stile e le Modernità, a Milano e in Italia si dettano, non si vanno a raccattare in giro?

Da noi certe scivolate ancora avanguardiste fanno sbadigliare e afflosciano nello sbadiglio qualsiasi tentativo di scandalo: riuscito o non riuscito. E questo era proprio non riuscito.

 

Stephane Lissner Sovrintendente Scala I PROTAGONISTI DELLA TRAVIATAIL CAST DELLA TRAVIATA TEATRO ALLA SCALA

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