UN BANANA E DUE RICATTI - DEBOLE E PREGIUDICATO, BERLUSCONI AL BIVIO: O CEDE ALLE SMANIE DI ANGELINO O ALLE RICHIESTE DEI “LEALISTI” - L’IPOTESI DI UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL PDL

Ugo Magri per "la Stampa"

Avendo trascorso parecchie ore in compagnia dei «lealisti», accampati a Palazzo Grazioli, non c'è da meravigliarsi che dalla bocca del Cavaliere siano uscite espressioni poco carine nei confronti di Alfano e dei ministri Pdl in genere. Sostanzialmente, Silvio ha dato loro dei venduti e dei traditori. È arrivato a dire, in un colloquio coi suoi europarlamentari, che la delegazione governativa «si era già messa d'accordo con Letta, per cui le dimissioni sarebbero state respinte una volta presentate».

Non andò affatto così, reagisce sdegnato Quagliariello, che non accetta di passare per furbetto sleale. Insomma, Berlusconi ieri sembrava assai risentito con le cosiddette colombe. Ma siccome poi dalle sue parti ha messo piede Alfano, e il colloquio con il vice-premier s'è concluso a notte fonda, è ben possibile che Berlusconi abbia nuovamente corretto il punto di vista. Per cui prudenza impone di attendere la giornata odierna prima di azzardare il «fixing».

L'unica certezza è che la temperatura cresce, lo scontro tra le anime del partito prosegue con animale ferocia. Berlusconi lancia appelli all'unità, vorrebbe dimostrare di non essere un leader sotto ricatto ma, ahilui, non ha i poteri magici di una volta, dopo la fallita crisi sembra un po' «spompo» (direbbe Renzi).

Nessuno gli dà retta come prima, al punto che Fedele Confalonieri da un paio di giorni è calato a Roma e presenzia un po' tutte le riunioni, quasi a fare da stampella. Eppure la chiave del puzzle ancora non si trova: se il Cavaliere cede ad Alfano, il quale pretende pieni poteri all'ombra del Fondatore, i «lealisti» minacciano di fare un gruppo parlamentare autonomo. E viceversa, casomai Berlusconi acconsentisse di azzerare tutti gli incarichi come gli aveva suggerito la Santanchè.

Cicchitto, che dei moderati è la mente strategica, ipotizza «una separazione consensuale in due partiti federati tra loro», casomai Berlusconi non dichiarasse espressamente che Alfano è il suo successore. Si delinea un Consiglio nazionale che potrà favorire la conta (congresso è una parola che al Cav dà l'orticaria, la considera «vecchia politica»).

I «lealisti» sostengono di essere in larga maggioranza. Riunito l'altra sera con Fitto e la Carfagna, con Bondi e la Gelmini, l'ex premier ha fatto qualche conto tipo pallottoliere per sincerarsene di persona. Nel frattempo, tuttavia, i campani guidati da Nitto Palma sembrano a un passo dall'intesa con Alfano (determinante il ruolo del capogruppo al Senato Schifani), e ciò quantomeno rimetterebbe in pari gli schieramenti.

Tra le frasi memorabili pronunciate ieri da Berlusconi, vanno annotate le seguenti: «Gli avvocati dicono che il mio futuro è infausto, che mi faranno marcire in galera come la Timoshenko», leader della rivoluzione arancione in Ucraina, «e anche Putin mi ha messo in guardia». Sfoghi avvelenati contro il Pd e la sinistra, che gli vietano di godere dell'eventuale amnistia. È l'antipasto dell'inferno che si scatenerà tra un mese, quando il Senato lo dichiarerà decaduto. La reazione sua e degli scalmanati tra i fedelissimi si annuncia violenta. I «ministeriali» sono già in allarme, «ne vedremo» dicono «di ogni colore».

 

 

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