conte salvini schlein

IL "CAMALE-CONTE" METTE NEI GUAI SCHLEIN – IL PD IN SUBBUGLIO PER LA SVOLTA DI PEPPINIELLO APPULO CHE HA VOTATO NO AL MES RINSALDANDO L’ASSE POPULISTA CON SALVINI COME AI TEMPI DEL GOVERNO LEGA-M5S – “ABBIAMO RIVISTO IL PREMIER GIALLOVERDE. IL PROBLEMA È CAPIRE CON QUALE VERSIONE DI CONTE DOVREMO ALLEARCI” – SULLA POLITICA ESTERA (GUERRA IN UCRAINA E CONFLITTO IN MEDIO-ORIENTE) LE DISTANZA COL PD DI SCHLEIN SONO ANCORA PIU’ MARCATE RISPETTO AL MES - LA SFIDA ALL'ULTIMO VOTO ALLE EUROPEE...

Niccolò Carratelli per la Stampa - Estratti

 

 

matteo salvini giuseppe conte

«Il problema è capire con quale versione di Conte dovremo allearci». La riflessione semi-ironica di un dirigente Pd, il giorno dopo il traumatico voto alla Camera sulla riforma del Mes, fotografa bene l’umore interno al Nazareno. Il modo in cui il presidente 5 stelle ha cavalcato il no sul Fondo salva-Stati, la cui revisione era stata avviata proprio da lui quando era a Palazzo Chigi, ha confermato i timori. Inutile illudersi di poter affrontare una campagna elettorale per le Europee all’insegna del fair play, senza colpi bassi. «Abbiamo rivisto il premier gialloverde», è la battuta che circolava tra i dem in Transatlantico.

 

 

E, puntualmente, sui social c’è chi è andato a recuperare la foto di Giuseppe Conte e Matteo Salvini, fianco a fianco, sorridenti mentre mostrano i cartelli con scritto “Quota 100”, il cavallo di battaglia leghista sulle pensioni, oppure “#decretosalvini, sicurezza e immigrazione”. La seconda immagine, datata 24 settembre 2018, è forse la più “compromettente” nella breve carriera politica dell’ex premier, soprattutto da quando si è cucito addosso il profilo da leader progressista.

giuseppe conte matteo salvini

 

Una veste che, però, l’altro ieri non gli ha impedito di unirsi a Lega e Fratelli d’Italia in un suggestivo abbraccio antieuropeo. Votando con loro e mettendo così la maggioranza al riparo da brutte sorprese numeriche, vista la contemporanea astensione di Forza Italia. Il tutto subito dopo aver rischiato di far saltare il sistema di amplificazione di Montecitorio mentre urlava tutta la sua indignazione per il “pacco di stabilità e decrescita” rimediato a Bruxelles dalla coppia Meloni-Giorgetti.

 

Guai a chiamarlo “camaleConte”, un soprannome che lo fa infuriare, ma in casa dem è chiaro a tutti che le tendenze populiste del leader M5s andranno accentuandosi da qui a giugno. «Tutta propaganda in chiave elettorale, ottima per Instagram, finché sei all’opposizione può anche funzionare – dice a La Stampa Enzo Amendola, ex ministro Pd nel governo giallorosso –. Ma con Conte in passato ho lavorato bene e voglio sperare che, al momento opportuno, da parte dei 5 stelle ci sarà un atteggiamento più responsabile, altrimenti creare un’alternativa di governo sarà difficile».

salvini conte

 

 

 

C’è la consapevolezza che le Europee saranno l’occasione per pesare i reali rapporti di forza all’interno del campo progressista: sondaggi alla mano, Conte ha la legittima ambizione di recuperare terreno su Schlein, battendo su due tasti. Il primo, mostrare la differenza tra chi è riuscito a ottenere dall’Europa risorse per gli investimenti, come ha fatto lui con i 209 miliardi del Next generation Eu, e chi, invece, condanna l’Italia all’austerità sottoscrivendo il nuovo Patto di stabilità. Secondo punto, l’impegno per la pace, in Ucraina come a Gaza, denunciando la «scandalosa» esclusione delle spese per le armi dai vincoli del Patto e insistendo sullo stop delle forniture militari a Kiev, proprio mentre il governo conferma la proroga degli aiuti anche per il 2024.

 

matteo salvini giuseppe conte

Anche su questo fronte c’è una netta distanza tra Movimento e Pd, come e più di quella scavata sul Mes. «La politica estera è un terreno cruciale su cui costruire un’eventuale futura coalizione – avverte, interpellata da La Stampa la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno – ad oggi non mi pare ci siano i presupposti. Servono serietà e affidabilità, non si può cambiare posizione in base alla convenienza del momento». Non è l’unica a pensarla così, soprattutto nella minoranza dem.

 

(...)

Se questo è l’auspicio, dal Nazareno fanno malignamente notare che il Movimento in Europa «resta da solo, senza una famiglia, perché è percepito come inaffidabile». Dopo mesi di trattative, infatti, l’apparentamento con i Verdi è saltato, ogni possibile accordo è rimandato a dopo le elezioni. Molto dipenderà da quale Conte si presenterà al tavolo.

CONTE SALVINIMATTEO SALVINI E GIUSEPPE CONTEelly schlein alla camera 2 CONTE SALVINI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...