CAMERE CARITATIS - ENTRO AGOSTO RENZI VUOLE FAR CONVERTIRE TRE RIFORME E CINQUE DECRETI MA SI RISCHIA L’INGORGO IN PARLAMENTO - IL SÌ AL NUOVO SENATO POTREBBE FRENARE SIA LA RIFORMA DELLA RAI CHE LE UNIONI CIVILI - VERDINI E I SUOI POTREBBERO ESSERE DECISIVI

Carmelo Lopapa per “la Repubblica”

 

RENZI, BOSCHI,RENZI, BOSCHI,

Tre riforme e cinque decreti legge da convertire. E l’imbuto è servito. Da oggi mancherà un mese e una manciata di ore alla chiusura delle Camere per la pausa estiva che i due presidenti fisseranno - salvo emergenze - per sabato 8 agosto. Sempre che deputati e senatori non forzino i tempi pur di scappare in vacanza uno o due giorni prima. Tanto basta per far scattare un’emergenza calendario che a Palazzo Chigi hanno subito preso in considerazione.

 

E così, il premier Renzi che non ha escluso di inchiodare i parlamentari ai banchi proprio ad agosto, si trova ora di fronte a un bivio. Perché se è certo che la riforma della scuola sarà approvata in via definitiva a giorni a Montecitorio (si comincia domani), restano in bilico quella costituzionale che ridisegna il Senato (ora all’esame della commissione di Palazzo Madama e poi in aula) e l’altrettanto complicata, per altri versi, riforma della Rai.

SCALFAROTTO RENZI FOTO LAPRESSE SCALFAROTTO RENZI FOTO LAPRESSE

 

Se il presidente del Consiglio opterà per forzare la mano - spiega uno degli uomini a lui più vicini - pur di raggiungere un accordo con la sinistra pd e approvare la riforma del Senato prima della pausa, è chiaro che dovrà rinunciare sia alla riforma della Rai che alle unioni civili.

 

Con buona pace per il sottosegretario Ivan Scalfarotto che sulle unioni ha imbastito il suo sciopero della fame. Angelino Alfano ieri a Repubblica non ha escluso uno slittamento a settembre della riforma costituzionale. Non si è spinto a tanto Matteo Renzi nell’intervista al Messaggero in cui tuttavia ha confermato l’apertura «con spirito costruttivo alle eventuali proposte di modifica», perché l’importante è «far le cose bene, non correre per forza». Ma resta da capire quanto possa pesare, in partita, la linea dura che invece continua a dettare il ministro per i Rapporti col Parlamento Maria Elena Boschi.

RENZI ALFANORENZI ALFANO

 

Intenzionata piuttosto a vedere le carte della sinistra pd, al limite concedere il Senato elettivo invocato con un documento nei giorni scorsi da 25 senatori di quell’area, ma chiudere comunque entro l’8 agosto. Quel che è certo è che domani il ddl ricomincia il suo cammino in commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, presieduta da Anna Finocchiaro. Le difficoltà per il governo si misureranno già in quella sede, dati che i senatori di maggioranza e opposizione si equivalgono ( 14 a 14).

 

In aula, se davvero dovessero venire a mancare i voti di una parte della sinistra pd, Denis Verdini e i senatori di centrodestra disposti a seguirlo rischiano di essere determinanti. Lui la riforma la voterà, non ne fa mistero in queste ore con i parlamentari a lui più vicini. Si tratta di capire se a sposare la sua causa saranno i «due o tre» di cui si dice in casa berlusconiana o i dieci di cui azzardano gli stessi verdiniani. Perché Forza Italia resta sulla linea del no.

 

renzi verdinirenzi verdini

Per Renzi allora prendere tempo e rinviare la disputa a settembre potrebbe essere una necessità dettata anche dall’agenda. Un vero ingorgo tra Camera e Senato costringerà maggioranza e governo a un tour de force , da qui a un mese. Già, perché si comincia in aula da domani a Montecitorio con la “buona scuola”, poi bisognerà correre per approvare la legge delega sulla Pubblica amministrazione, che dovrà tornare al Senato. Sempre a Palazzo Madama entro il 20 luglio dovrà scattare (pena la decadenza) il via libera al decreto legge per la rivalutazione delle pensioni, fatto proprio dal governo dopo la sentenza della Consulta.

 

MATTEO RENZI E DENIS VERDINI MATTEO RENZI E DENIS VERDINI

Ma prima della pausa estiva bisognerà approvare anche il decreto sugli enti locali (scade il 20 agosto) e quello sul credito e i fallimenti (scade il 23 agosto). Ultimo arrivato il decreto Ilva e Monfalcone varato il 3 luglio: se le Camere non lo approveranno prima dello stop dovranno riaprire i battenti l’ultima settimana di agosto. La lista è lunga ma c’è da scommettere che i parlamentari faranno salti mortali e notturne pur di salvare le vacanze.

 

 

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