CASA BIANCA D’IMBARAZZO: IL MISTERO DEL RAPPORTO CIA “RITOCCATO” SULLA MORTE DELL’AMBASCIATORE A BENGASI

Maurizio Molinari per "la Stampa"

Il portavoce del presidente balbetta, Barack Obama tace, Hillary prepara una nuova linea di difesa e l'unico ministro loquace è John Kerry che all'epoca dei fatti ricopriva altro incarico: è la tempesta del caso-Bengasi a mettere sulla difensiva la Casa Bianca, complicando anche la candidatura della Clinton al 2016.

Il casus belli sono 43 pagine di email scambiate fra Dipartimento di Stato, Cia, direttore dell'intelligence e Casa Bianca, durante e dopo l'11 settembre 2012, sull'assalto al consolato Usa di Bengasi nel quale vennero uccisi quattro americani, incluso l'ambasciatore Christopher Stevens. La Casa Bianca consegna le email al Congresso ma arrivano ai media: il magazine conservatore «Weekly Standard» e la tv «Abc» ne svelano il contenuto.

L'imbarazzo per l'amministrazione nasce dal fatto che nel primo rapporto la Cia scrive «estremisti di Al Qaeda hanno partecipato all'attacco» precisando che alcuni «sono legati ad Ansar al Sharia» ma queste frasi spariscono nelle versioni successive - in totale sono 11 - su richiesta di Victoria Nuland, portavoce del Segretario di Stato Clinton. Nell'ultima, al posto di «attacco» c'è «violente dimostrazioni» e ogni riferimento ad Al Qaeda viene sostituito da un generico «estremisti».

Quando Susan Rice, ambasciatrice all'Onu, va in tv per dare la lettura dell'amministrazione su Bengasi riflette l'ultima versione. Per i repubblicani le email provano che la Casa Bianca ha voluto celare la matrice terrorista dell'assalto nel timore di conseguenze negative sulle presidenziali, che si sarebbero svolte 6 settimane dopo.

La Casa Bianca ha tentato di prevenire la tempesta convocando, venerdì mattina, un incontro off the record con i reporter accreditati ma è servito a poco: la conferenza stampa seguente si è trasformata in un processo a Jay Carney, portavoce di Obama. Anche Carney è nel mirino perché in novembre disse che «l'unico cambiamento apportato al rapporto Cia fu cambiare "consolato" con "posto diplomatico"».

Gli interrogativi dei media rimbalzano su prime pagine, Internet e tv: perché la Casa Bianca ha cambiato la versione della Cia? Che cosa tentavano di celare? Come se non bastasse le email svelano anche che l'ufficio sicurezza del Dipartimento di Stato, ad assalto in corso, disse subito che si trattava di jihadisti, ricordando cinque attacchi simili avvenuti contro stranieri a Bengasi. Si avvalora così la testimonianza al Congresso di Gregory Hicks, ex vice-ambasciatore a Tripoli, secondo cui Stevens poteva essere salvato ma Washington ignorò l'allarme e bloccò il blitz militare per soccorrere gli assediati.

Ce n'è abbastanza per convincere l'opposizione repubblicana che Bengasi può essere il cavallo di battaglia non solo nel 2014 per l'elezione del Congresso ma anche alle presidenziali del 2016. L'ex vicepresidente Dick Cheney suggerisce al Congresso di «tornare a sentire Clinton sotto giuramento» e Rand Paul, senatore del Kentucky, afferma che «in tali condizioni Hillary non può candidarsi alla presidenza».

La pressione è su Hillary perché i repubblicani sono convinti che, per salvare le speranze presidenziali, potrebbe chiamare in causa Obama. L'ex First Lady tace e prepara la nuova difesa. Ilmomento di difficoltà è descritto dal fatto che l'unico a difendere la Casa Bianca è il Segretario di Stato Kerry, che in settembre era al Senato. Con sullo sfondo l'ex capo della Cia David Petraeus che fa sapere al «Weekly Standard»: «Fui sorpreso dalle correzioni». Facendo capire che anche lui, defenestrato per una relazione extraconiugale, ha qualcosa da dire.

 

 

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