DOPO AVER LAVORATO PER UN ANNO E MEZZO A UNA SOLUZIONE TRA GOVERNI PER IL CASO DEI DUE MARÒ, ADESSO ROMA FA MARCIA INDIETRO E SI PREPARA A CHIEDERE L’ARBITRATO INTERNAZIONALE – L’INDIA HA PRESO ANCORA UNA VOLTA PER FESSI GLI ITALIANI, FACENDO CREDERE AI RENZI-BOYS CHE SI POTESSERO RIPORTARE GIRONE E LATORRE IN PATRIA, PER FARE SCONTARE LORO UNA CONDANNA NON TROPPO PESANTE

 

1. DAGONOTA

renzi padiglione selfierenzi padiglione selfie

Sono passati un anno e tre mesi da quando Matteo Renzi, appena nominato presidente del Consiglio, telefonò a Salvatore Girone e a Massimiliano Latorre per garantire che il suo governo avrebbe fatto “di tutto” per riportarli in patria. E ancora l’estate scorsa il nostro premier, in un colloquio con il collega indiano Narendra Modi, aveva parlato di soluzione “rapida e positiva”.

 

Le cose però sono andate diversamente dalle intenzioni. L’Italia ha lavorato senza successo a una soluzione “diplomatica” del caso dei due marò accusati di omicidio che passa per il loro ritorno in Italia, preferibilmente con una condanna lieve da scontare in patria. Gli indiani hanno preso tempo, e il loro tribunale non tratterà la questione della competenza indiana prima del 7 luglio.

 

Adesso il governo sembra cambiare di nuovo strategia e propende per l’arbitrato internazionale sulla competenza, che poteva benissimo essere sollevato un anno e mezzo fa. Una decisione che è anche un’ammissione di impotenza sulla cosiddetta “soluzione diplomatica”. Segno che gli indiani ci hanno preso ben bene per il naso.   

 

2. CASO MARO’, E’ FALLITA LA VIA DIPLOMATICA

Danilo Taino per il “Corriere della Sera

 

Salvatore Girone Massimiliano LatorreSalvatore Girone Massimiliano Latorre

Il governo italiano ha deciso di procedere con l’arbitrato internazionale sul caso dei due marò. Da quel che risulta al Corriere , entro la metà del mese prossimo, probabilmente prima, ritirerà la proposta che aveva fatto all’India per una soluzione diplomatica negoziata e comunicherà al governo di Delhi l’intenzione di procedere con un contenzioso per stabilire dove risiede la giurisdizione nella vicenda che coinvolge Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, cioè dove andranno processati: in India, in Italia (come sostiene il governo di Roma) o in un Paese terzo. Siamo a una svolta: se nel giro di pochi giorni Delhi non darà una risposta chiara all’offerta italiana, il caso prenderà la forma di un confronto pubblico e internazionale. 

 salvatore girone Massimiliano Latorre  salvatore girone Massimiliano Latorre


La scelta è il risultato di due sviluppi: da un lato, il governo indiano di Narendra Modi non avrebbe risposto alla proposta di soluzione concordata; dall’altro, nei mesi scorsi il team di avvocati internazionali che segue il caso per l’Italia e i funzionari del governo incaricati da Matteo Renzi hanno ricostruito le condizioni per chiedere l’arbitrato, dopo che per lungo tempo questa possibilità era stata resa precaria dall’accettazione di fatto, da parte di Roma, del procedimento giudiziario indiano. «Si sono create le condizioni migliori che ci siano mai state per procedere all’arbitrato», dice una fonte vicina alla trattativa. 


La proposta di mediazione diplomatica italiana è dalla fine dell’estate scorsa sul tavolo di Ajit Doval, consigliere per la sicurezza nazionale di Modi. Nonostante rassicurazioni verbali, però, la discussione non avrebbe mai preso il volo. Il governo Renzi, dunque, ha preso atto che la via diplomatica è finita nella sabbia. E che andare avanti in uno stato di incertezza sarebbe non solo ulteriormente frustrante ma anche rischioso: Latorre è in Italia per trascorrere la terza licenza di convalescenza, che scade il prossimo 15 luglio, e non si può immaginare che la Corte Suprema indiana prolunghi la permanenza all’infinito. Venuta meno la prima scelta, quella di un accordo tra capitali — che comunque andava perseguita quando a Delhi è stato eletto, nel maggio 2014, un nuovo governo — Roma ha dunque deciso per la second best, cioè l’arbitrato. 

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La possibilità non era mai stata esclusa. Il gruppo di avvocati internazionali — guidati da Sir Daniel Bethlehem — che lavora sul caso per l’Italia ha nei mesi scorsi costruito la situazione legale per evitare di essere in fallo. Ha cessato di riconoscere processualmente la giurisdizione indiana. Ha ottenuto a metà aprile il prolungamento della licenza per Latorre, così da non trattenerlo in Italia in un modo che può essere considerato «illegale».

 

E il 28 aprile ha saputo che la Corte Suprema inizierà il 7 luglio a discutere il caso della giurisdizione sollevato dall’Italia in una writ-petition, cioè in una richiesta di revisione di una sentenza della Corte che affermava la giurisdizione indiana: revisione che durerebbe mesi. Il ricorso unilaterale all’arbitrato dovrà dunque essere presentato (se ne occuperà probabilmente la Corte Permanente di Arbitrato dell’Aja) prima del 7 luglio per evitare la sovrapposizione con l’udienza indetta dalla Corte Suprema sullo stesso argomento (potrebbe apparire una malafede affrontarlo in due tribunali) ma anche, per ragioni tecniche, significativamente prima del 15 luglio quando scade la licenza di Latorre: la seconda metà di giugno è dunque la finestra ultima per muovere il passo. 

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone Massimiliano Latorre e Salvatore Girone


I rinvii decisi dai tribunali indiani, insomma, a questo punto vengono usati dalla parte italiana per mettere la sua strategia arbitrale entro argini definiti. 

shinzo abe narendra modishinzo abe narendra modiNARENDRA MODI FA YOGANARENDRA MODI FA YOGA


Nessuna conclusione, di fronte a un arbitrato è scontata. In più, una volta alzato il livello del confronto diplomatico, ci sarà da valutare la posizione di Girone, attualmente in libertà provvisoria a Delhi. Se la reazione della Corte Suprema indiana sarà moderata, forse potrà continuare a muoversi per la città; se la reazione sarà dura, dovrà probabilmente rimanere chiuso nell’ambasciata italiana. Ma più di tre anni dopo l’inizio della vicenda, arrivano i momenti decisivi. 

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