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CERCASI MEDIATORE PER EVITARE UN’ESCALATION TRA INDIA E PAKISTAN – IL CONFRONTO MILITARE TRA LE DUE POTENZE NUCLEARI PUÒ DEGENERARE, SOTTO LA SPINTA DEI RISPETTIVI NAZIONALISTI E DEL TERRORISMO – L’AMBASCIATORE STEFANINI: “NÉ MODI E NÉ SHARIF VOGLIONO LA GUERRA, MA DEVONO DARE PUNTUALI DIMOSTRAZIONI DI NON LASCIARE IMPUNITO NULLA PER NON APPARIRNE SUCCUBI. SERVE UN'INIZIATIVA INTERNAZIONALE PER MEDIARE. MA LA CINA CONFINA CON ENTRAMBI I PAESI, È DIFFICILMENTE CONSIDERATA NEUTRALE. E TRUMP RIFUGGE DA QUESTO TIPO DI INIZIATIVE...”

Estratto dell’articolo di Stefano Stefanini per “La Stampa”

 

Narendra Modi e Mian Muhammad Shehbaz Sharif - immagine creata con ai

Quanto può salire un confronto militare fra India e Pakistan prima di cessare? Con due potenze nucleari tutte le paure sono giustificate. Da che in possesso dell'atomica, Delhi e Islamabad hanno mostrato una buona, e reciproca, capacità di sapersi contenere, e poi fermare, negli scambi bellici.

 

[…]  Dopo gli attacchi missilistici mirati indiani contro nove siti in Pakistan e nel settore del Kashmir sotto amministrazione pachistana, in risposta agli attentati terroristici di due settimane fa nel Kashmir sotto amministrazione indiana - di cui il Pakistan nega responsabilità, ma l'India non ci crede - tocca ora al Pakistan colpire l'India. Poi?

 

attacco dell india al pakistan 48

Il primo ministro pachistano avrebbe già autorizzato i militari a rispondere in pari misura («in kind»). Niente escalation, ma pur sempre botta e risposta.

 

Come spezzare il ciclo? Né Narendra Modi e né Mian Muhammad Shehbaz Sharif vogliono la guerra; non si tirano indietro nella retorica nazionalista ma, normalmente, non se ne fanno trascinare. Devono però dare puntuali dimostrazioni di non lasciare impunito nulla proveniente dall'altra parte per non apparirne succubi.

 

Per uscirne devono trovare un punto in cui si sentano rispettivamente in pareggio. Altrimenti rischiano che il livello di confronto si innalzi, passando da una logica di proporzionalità a una di "escalation" […]

 

xi jinping donald trump

Per dichiarare il pareggio potrebbe aiutare un'iniziativa internazionale volta a mediare fra le due parti. Finora ci sono stati solo molti inviti alla moderazione, fra gli altri di Stati Uniti, Cina, Giappone, Francia, rivolti ad entrambi - fa specie che Israele si sia schierato nettamente dalla parte dell'India in nome del diritto all'autodifesa dal terrorismo; per quanto indiscutibile, il problema che India e Pakistan affrontano è di non farsi trascinare dal terrorismo in una guerra fra due medie potenze con armi nucleari pronte all'uso. Nessuno però lo svolge.

 

attacco dell india al pakistan 17

La Cina confina con entrambi i Paesi, ma è difficilmente considerata neutrale; ha controversie territoriali e, soprattutto, una rivalità latente con l'India. Gli americani potrebbero forse fare di più, ma l'amministrazione Trump rifugge da questo tipo di iniziative o perché non collimano con una politica estera guidata esclusivamente dai diretti interessi nazionali - ci sono in Groenlandia ma non nel Subcontinente - e/o perché ha già troppo nelle mani fra Ucraina, Russia e Iran senza per ora mostrare grandi risultati.

 

NARENDRA MODI E DONALD TRUMP ALLA CASA BIANCA - FOTO LAPRESSE

Su India e Pakistan Donald Trump è stato fatalista: sapevamo che qualcosa stava succedendo, va avanti da decenni, anzi da secoli se ci pensate bene. Quindi, res inter alios acta. Il presidente americano ha tuttavia ragione su un punto importante: quello fra Islamabad e Delhi è un conflitto di ben vecchia data.

 

Non secoli forse - i due Paesi indipendenti esistono dal 14 agosto del 1947 - a meno di non voler allargare l'orizzonte alla conquista dell'India nordoccidentale da parte dell'Impero Moghul nel 1526.

 

India e Pakistan sono due grandi Paesi che nascono male. Nascono già in conflitto. Come magistralmente raccontato in Stanotte la Libertà di Dominique Lapierre e Larry Collins, l'indipendenza fu strappata all'Impero britannico separando un Pakistan musulmano da un'India prevalentemente induista, a costo di reciproche massicce pulizie etniche, pogrom, eccidi e di confini artificiosi e tuttora non riconosciuti.

 

stefano stefanini

La divisione del conteso, e spettacolare in bellezze naturali, Kashmir è segnata da una Linea di Controllo, accettata, e poi poco rispettata da entrambe, nell'armistizio del 1972.

 

Dopo una delle tante guerre. Subito, dal 1947 al 1949 proprio per il Kashmir, poi nel 1965, nel 1971 - quest'ultima portò alla creazione del Bangladesh fino allora Pakistan orientale, separato dalla massa continentale dell'India settentrionale.

 

Sono seguiti cinquant'anni che hanno visto l'insurrezione anti-India in Kashmir, continue scaramucce e cannoneggiamenti frontalieri, tentativi di rappacificazione specie nel clima delle grandi riconciliazioni degli Anni 90, larga autonomia concessa al Kashmir indiano da Delhi poi ritirata da Modi nel 2019 e sostituita da una pax indiana - manu militare.

 

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E, sullo sfondo molto terrorismo, costato la vita a due Premier indiani, Indira Gandhi (1984) e Rajiv Gandhi (1991), attentati sui quali il Pakistan non ebbe nulla a che vedere, ma che alimentavano la sindrome di scontro e spaccamento etnico-religioso fra due nazioni fondate proprio sulla linea di faglia induista-musulmana.

 

Il terrorismo è tornato ora a colpire con l'attacco di aprile in Kashmir, con 26 vittime, civili, turisti. Di qui alla risposta militare indiana il passo è stato breve. Lo sarà anche per la risposta pakistana. A quel punto però o Delhi e Islamabad dichiarano il pareggio e si fermano, o il confronto rischia di sfuggire di mano malgrado le reciproche assicurazioni di proporzionalità e misura. Con le atomiche negli arsenali.

shehbaz sharifNARENDRA MODI E DONALD TRUMP ALLA CASA BIANCA

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