colosseo renzi franceschini

LA CHIUSURA PER ASSEMBLEA SINDACALE DI COLOSSEO E FORI IMPERIALI ANDATA IN SCENA IERI È LA SOLITA FIGURACCIA IN MONDOVISIONE. SI CIANCIA TANTO DI DIRITTI DEI LAVORATORI, MA POI NESSUNO PENSA AI DIRITTI DEI TURISTI, ITALIANI E STRANIERI – LA COPPIA RENZI-FRANCESCHINI SI È MOSSA SUBITO CON UN DECRETO LEGGE, MA CI SONO UN PAIO DI PUNTI CHE NON TORNANO – VUOI VEDERE CHE I SINDACATI HANNO FATTO LA FIGURA DEI POLLI?

1.LA CULTURA E LE VERITÀ NON DETTE

Gian Antonio Stella per “Il Corriere della Sera

 

COLOSSEO CHIUSO PER ASSEMBLEACOLOSSEO CHIUSO PER ASSEMBLEA

Se volevano farsi dei nemici, i dipendenti che ieri mattina, per una assemblea sindacale, hanno chiuso per tre ore il Colosseo e i Fori Imperiali, ci sono riusciti. C’è modo e modo di dare battaglia e rivendicare questo o quel diritto. Fosse pure sacrosanto. Ed è non solo scontato ma legittimo il coro di esasperazione dei turisti, obbligati a code chilometriche (con addirittura il dubbio che il cuore archeologico di Roma fosse chiuso fino alle undici di sera a causa del maldestro cartello in inglese: « from 8.30 am to 11 pm ») ma anche di operatori, ristoratori, albergatori, cittadini.

 

Non è mancata l’indignazione di Ignazio Marino, colto ancora di sorpresa da questa «sua» città che non finisce di dare scandalo: «Il fatto che il Colosseo sia chiuso a chi magari è arrivato da Sydney o New York e aveva solo oggi per poter vedere il monumento millenario, è uno sfregio».

 

COLOSSEO CHIUSO PER ASSEMBLEACOLOSSEO CHIUSO PER ASSEMBLEA

«Non lasceremo la cultura ostaggio di quei sindacalisti contro l’Italia. Oggi decreto legge #colosseo #lavoltabuona », ha twittato Matteo Renzi. «Ora basta. La misura è colma», è sbottato Dario Franceschini. Detto fatto, il Consiglio dei ministri ha confermato il minacciato inserimento da parte dei musei e dei siti culturali tra i «servizi pubblici essenziali». Con tutti i risvolti e i limiti automatici in caso di sciopero e di prove di forza.

 

FRANCESCHINI TWEET COLOSSEOFRANCESCHINI TWEET COLOSSEO

Annuncio accolto all’istante da un fuoco di sbarramento dei sindacati. In prima fila Susanna Camusso. Toccare questi diritti, tuona, tocca la democrazia: «È uno strano Paese quello in cui un’assemblea sindacale non si può fare».

 

E i diritti dei turisti italiani e stranieri che venivano magari per la prima volta in vita loro a Roma e sono stati bloccati ai cancelli? Restano lì, marginali, sullo sfondo...

 

Scaricare le responsabilità dell’ennesima figuraccia agli occhi del mondo sui soliti custodi, i soliti sindacati, i soliti agitatori, però, è troppo comodo. Ferma restando l’insofferenza crescente per l’indifferenza di un certo sindacalismo verso i disagi causati agli utenti, l’assemblea di ieri mattina era annunciata da una settimana.

COLOSSEO CHIUSO IL TWEET DI RENZICOLOSSEO CHIUSO IL TWEET DI RENZI

 

 La legge e la prassi avrebbero consentito, riconosce un leader sindacale storico dei Beni culturali, Gianfranco Cerasoli, di pattuire tempi e modi diversi: «Dalle 8 alle 10, per dire, già i disagi sarebbero stati minori. Il guaio è che qui c’è una incapacità storica di gestire le “relazioni industriali”».

 

colosseocolosseo

Sono insopportabili i silenzi, le omissioni, le complicità che hanno coperto per decenni situazioni che altrove sarebbero state risolte con la dovuta fermezza e invece sono state abbandonate a se stesse, per motivi spesso di pura clientela, fino al degrado. I dieci custodi del sito di Ravanusa con un solo visitatore pagante (che poi non pagò) l’anno. Il custode di Pompei colto in flagrante con una ragazzina che aveva adescato in una domus chiusa e punito col solo trasferimento. I custodi dell’«archeologico» Antonino Salinas di Palermo che, mentre il loro museo veniva ristrutturato, hanno rifiutato per anni di lavorare provvisoriamente altrove... Storie incredibili. Inaccettabili.

 

Detto questo, un Paese che a parole batte e ribatte sulla cultura e la ricchezza dei beni archeologici, dei musei, delle chiese, delle contrade di stupefacente bellezza, deve anche essere coerente. E investire sul serio, su queste cose. Invece siamo sempre inchiodati lì, a un investimento dello 0,19% del Pil: meno di un quarto di quanto spendeva l’Italia nel 1955, mentre stava ancora scrollandosi di dosso le macerie della guerra.

 

DE LUCA, FRANCESCHINI A POMPEI DE LUCA, FRANCESCHINI A POMPEI

I custodi qua e là sono troppi? Certamente. I lettori ricorderanno il caso, per fare un solo esempio, dei diciotto addetti che fanno la guardia a Mazara del Vallo (e dicono che non ce la fanno...) al bellissimo Satiro Danzante ospitato in un solo grande salone dotato per di più di sei telecamere (sei!) per la videosorveglianza. Altrove, però, ce ne sono troppo pochi. E lo conferma l’ultima pianta organica ministeriale, la quale mostra sproporzioni molto ma molto vistose. Possibile che la Campania abbia 1.525 custodi e cioè quanti il Veneto (408) la Lombardia (465), il Piemonte (348), il Friuli-Venezia Giulia (157) e la Liguria (171)?

TURISTI A POMPEITURISTI A POMPEI

 

In tutta Italia, dice il ministero, sono previsti complessivamente (la Sicilia, poi, va contata a parte perché ha una quota supplementare di dipendenti propri) 7.735 custodi. In realtà quelli in servizio attualmente sono 7.461: quasi trecento di meno. Si possono distribuire meglio? Sicuro. Ma anche a pieno organico saremmo comunque molto sotto i 9.886 previsti vent’anni fa e sotto gli 8.917 di cui parlava Il Giornale dell’Arte nel 2010. Per non dire di uno studio dello stesso ministero che nel 2009 considerava necessaria una dotazione, per la sorveglianza e l’assistenza ai visitatori, di 12.000 persone.

 

TURISTI A POMPEITURISTI A POMPEI

Ben vengano dunque nuove regole che, in nome anche del peso strategico del turismo, puntino a mettere dei paletti più precisi così da evitare al nostro Paese brutte figure come quella di ieri. Brutta figura arrivata nella scia di altri episodi che ci hanno fatto arrossire e che spinsero l’Unesco a darci più di una bacchettata. Ma chi pensa questi problemi si possano risolvere solo facendo la voce grossa rischia, alla lunga, di prendere una cantonata...

 

2. LA CONTROMOSSA PRONTA DA TEMPO. IL QUIRINALE ERA STATO AVVERTITO

Ugo Magri per “La Stampa

dario franceschinidario franceschini

 

È delle ore 10 la notizia che davanti al Colosseo s’era formata la fila, di mezzogiorno in punto l’annuncio del ministro che il governo sarebbe intervenuto con un decreto. Cronometro alla mano, centoventi minuti sono stati sufficienti per adeguare il diritto di sciopero e le sue regole laddove in altri tempi non sarebbero bastati mesi e anni di sterili discussioni.

 

Il piglio decisionista di Renzi emerge dalla vicenda come forse mai prima d’ora. Nella realtà, però, quella del blitz maturato ieri mattina, magari sull’onda dello sdegno collettivo per la brutta figura dell’Italia, è vera solo in parte. Piccolissima. Chi sa come sono andate realmente le cose conferma che la pistola del decreto era già nel cassetto, carica. Pronta a sparare in qualunque momento il governo vi fosse stato costretto. Le tre righe in un solo articolo, che modificano la legge 146 del 1990, sono state scritte e discusse nei giorni precedenti, come è normale in questi casi.

 

dario franceschini michela de biasedario franceschini michela de biase

Trattandosi di provvedimento d’urgenza, il Capo dello Stato è stato avvertito in anticipo, anche qui secondo prassi come confermano le fonti ministeriali. Non è noto a che ora, esattamente, sia avvenuta la comunicazione. Ma sebbene i contenuti dei colloqui quirinalizi siano coperti da rigoroso riserbo, a nessuno è sfuggita la visita che Franceschini aveva reso al presidente della Repubblica giovedì, quando i notiziari locali già segnalavano il rischio (non ancora divenuto certezza) che l’indomani vi sarebbero stati scioperi e assemblee in tutti i principali musei romani all’aperto, dal Colosseo al Palatino agli scavi di Ostia antica.

 

Se sul Colle se ne fosse parlato, non ci sarebbe nulla di sorprendente.?Mossa preparata?Più che nella prontezza dei riflessi, il vero merito del governo (e del ministro in particolare) consiste dunque nel non essersi fatto cogliere alla sprovvista. Di aver studiato le contromosse per tempo, fin dallo sciopero del 24 luglio a Pompei che scandalizzò il mondo.

MATTEO RENZI AL MIBACTMATTEO RENZI AL MIBACT

 

Già allora il ministro aveva messo i sindacati sull’avviso, «con questi comportamenti rischiate di danneggiare il Paese e anche voi stessi» aveva detto, che tradotto nella lingua di tutti i giorni si traduce in una sorta di preghiera o di ultimatum: non fatelo più. Franceschini è uomo di sinistra, le sue radici politiche affondano nel popolarismo cattolico, figurarsi se è sordo alle buone ragioni dei lavoratori.

 

Conosceva le richieste dei sindacati, si stava battendo per mettere in piedi un meccanismo automatico di retribuzione degli straordinari, aveva quasi convinto gli altri protagonisti del cosiddetto concerto inter-ministeriale, era ragionevolmente fiducioso di portare a casa il risultato nella prossima legge di stabilità.

MATTEO RENZI AL MIBACTMATTEO RENZI AL MIBACT

 

Quel che più conta, Franceschini ne aveva informato passo dopo passo i sindacati, dunque si sarebbe aspettato da parte loro un atteggiamento serio e responsabile. Per questo le assemblee, i disservizi, i turisti in fila sotto il sole, gli hanno fatto ancora più male.?

 

La conferma dello sciopero è arrivata a Franceschini mentre stava viaggiando da Bologna in direzione Roma. Una telefonata di corsa a Renzi, un’altra più lunga al presidente della Commissione di garanzia che vigila sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali, Alessi. E subito dopo la dichiarazione di guerra: basta così, la misura è colma. 

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