influenza spagnola

CI VOLEVA LA BANCA PIÙ RICCA AL MONDO PER DIRCI CHE IL CORONAVIRUS PUÒ ESSERE COME LA SPAGNOLA MA ANCHE NO - NELL'EPIDEMIA DEL 1918-20 LA SECONDA ONDATA FU 5 VOLTE PIÙ DEVASTANTE DELLA PRIMA. TE CREDO: SI USCIVA DA UNA GUERRA MONDIALE E NON SI AVEVANO NÉ GLI STRUMENTI NÉ LE CONOSCENZE DI OGGI - PER PIMCO, GLI EFFETTI SUL PIL SARANNO TALI DA CAMBIARE PER SEMPRE IL CONCETTO DI GLOBALIZZAZIONE

 

Mauro Bottarelli per ''Business Insider''

 

Davvero nella lotta al coronavirus si intravede la proverbiale luce in fondo al tunnel, come azzardato dal presidente Donald Trump in uno dei suoi ormai celebri tweet? O si tratta di un inconsapevole omaggio del Presidente Usa al gramsciano ottimismo della volontà, dopo una gestione quantomeno “leggera” dell’emergenza in aree come New York? La domanda è tutt’altro che perergrina o fine a se stessa, perché se in Europa già si registrano le prime programmazioni di riapertura a macchia di leopardoa Wuhan – focolaio iniziale della pandemia – alla mezzanotte dell’8 aprile è ufficialmente terminata una quarantena durata 76 giorni.

 

Fine del lockdown, mezzi di trasporto tutti operativi: addirittura con le autorità che spronavano i cittadini a uscire di casa e spostarsi, a tornare alla vita normale. Soprattutto, a quella lavorativa e produttiva.

1 casi in cina by goldman sachs

Un azzardo o la fine di un incubo? Questo grafico pare propendere per la prima ipotesi.

 

 

 

 

 

 

Mostra infatti come la Cina che ha appena tolto la quarantena alla città simbolo sia in piena ondata di ritorno da parte dei pazienti asintomatici, il cui numero viene comunicato da Pechino con il contagocce. Un rischio, insomma.

Ma anche l’indiretta conferma di un sospetto inquietante emerso all’inizio del mese, quando la stessa Cina comunicò il rimbalzo record del suo comparto manifatturiero, tornato in territorio di espansione dopo il crollo al minimo storico di febbraio. Delle due, l’una.

 

O Pechino ha totalmente fabbricato quel dato macro, al fine di rassicurare il mondo ed evitare una drastica ridiscussione di certe catene di fornitura globale frutto della globalizzazione che fu oppure, ipotesi forse peggiore, ha davvero riaperto il Paese in segno di capacità reattiva all’epidemia ma, così facendo, ha anche dato vita alla cosiddetta “seconda onda”, per ora rappresentata da un esercito di asintomatici.

E proprio questo rischio, trasposto però nelle società ed economie occidentali, è al centro del report di JP Morgan, la quale ha elaborato questo grafico relativo alla traiettoria di infezione

2 numero di morti durante l influenza spagnola del 1918 1920 by jp morgan

 

 

 

 

 

 

 

 

e, soprattutto, evidenziato tre criticità da non sottovalutare per evitare disastrose ricadute.

  • Primo, l’assenza di un vaccino e di una tempistica certa per la sua creazione e sperimentazione rendono decisamente più complicata e lunga la vittoria sul coronavirus.
  • Secondo, quella del distanziamento sociale è una strategia apparentemente vincente ma costosa in termini prospettici di economia e tenuta sociale dei Paesi.
  • Terzo, la magnitudo della sfida politica che attende appunto molti governi, in caso questi decidessero di non allentare o addirittura restringere ulteriormente le limitazioni imposte ai cittadini.

 

Ed ecco quindi emergere il timore maggiore per gli analisti di JP Morgan: “Nessuno può escludere, ad oggi, che la curva globale dell’infezione possa propagarsi attraverso ondate secondarie, le quali si muoverebbero in modo simile a quello di scosse di assestamento sismico in società che hanno abbassato la guardia. E, soprattutto, ancora non in possesso di un vaccino o, quantomeno, non in quantitativi in grado di soddisfare un’immunizzazione di massa”.

Insomma, per la banca statunitense, la materia relativa all’allentamento di pratiche come il distanziamento sociale in contesti di riduzione dei regimi di quarantema va presa con le pinze.

 

Anche solo perché, come dimostra il caso lombardo, quel tipo di lockdown forzato ha consentito alle autorità di guadagnare tempo assolutamente vitale per attrezzare in emergenza nuove strutture e reparti ospedalieri, come le terapie intensive e cercare di minimizzare il più possibile l’incidenza della mortalità, come mostra questo grafico.

 

3 picchi del virus by jp morgan

La paura? La rappresenta alla perfezione nella sua fredda non interpretabilità questo altro grafico: ovvero, il timore che un Covid-19 che trovi di nuovo strada libera dalla riapertura anche parziale delle società si comporti esattamente come la “Spagnola”, la quale vide la seconda ondata di incidenza causare cinque volte il numero di morti della prima.

 

Ma non basta. Per JP Morgan, infatti, questa infausta ipotesi è da ritenersi improbabile in linea teorica, quantomeno a livello di mortalità potenziale rispetto alla prima ondata. Anche in questo caso, per tre motivi:

  1. consapevolezza dei rischi ormai radicata nei comportamenti dei cittadini,
  2. il potenziale di risposta più rapida di cui sono in possesso i governi, avendo dovuto governare in emergenza la prima ondata e, appunto,
  3. capacità operativa sul terreno già testata in condizioni spesso estreme.

 

Resta però una quasi certezza: per JP Morgan e il suo team di analisti, anche se eventuali nuove ondate epidemiche potranno contare su potenziali di impatto ridotti, le quarantene e i lockdown periodici potrebbero molto facilmente diventare elementi ricorrenti per le nostre società, non nei trimestre ma addirittura negli anni a venire.

Insomma, chi già pregustava un rogo rituale della mascherina a emergenza terminata, meglio che riconsideri il suo proposito celebrativo (anche al netto di rarità e costo del bene in questione).

 

Il tutto, però, con un enorme punto interrogativo ulteriore, cui solo gli studi degli scienziati potranno dare risposta: il ciclo vitale del Covid-19 è davvero, come appare ormai generalmente accettato, di 4-5 settimane, incluse 2 di periodo di incubazione? Tutte domande cruciali, quantomeno in una fase che vede sempre più società e Paesi scalpitare per una riapertura, ancorché parziale, che possa mitigare gli effetti di una contrazione economica che sarà comunque senza precedenti, sia come impatto sui Pil che sulle dinamiche occupazionali.

4 picchi intermittenti by jp morgan

 

Per JP Morgan, infatti, “più velocemente i cittadini di quei Paesi correranno a re-impadronirsi dei propri ritmi precedenti attraverso la pratica di massa del social undistancing, più sale il rischio che questo garantisca terreno fertile a nuovi clusters di contagio che facciano ripartire l’epidemia in grande stile, obbligando le varie autorità statali a reintrodurre pratiche restrittive. Di fatto aggravando una situazione già di per sé complessa e in molti casi compromessa”.

 

Insomma, attenzione agli enormi danni collaterali che una corsa troppo repentina e anticipata verso la normalità può portare con sé, poiché un prolungato periodo di continui e ciclici stop-and-go rischia di inferire più danni alle economie di un lockdown quasi generale fino a risoluzione non totale ma sostanziale del problema.

E se la più grande banca statunitense sembra gettare acqua sul fuoco dell’entusiasmo della Casa Bianca, il maggior fondo obbligazionario del mondo, Pimco, nel suo ultimo report parla chiaramente di “tre cicatrici indelebili” che la crisi da coronavirus, anche una volta superata, lascerà nell’economia mondiale.

 

Questo grafico rappresenta il base case dello studio prospettico, il quale parte da una convinzione (forse, parzialmente interessata per il ruolo primario che Pimco ricopre nel mercato finanziario): quello in atto è il classico cigno nero.

 

“Dato il livello di supporto già messo in campo e l’assenza di eccessivi sbilanciamenti nell’economia reale, ci aspettiamo che il quadro globale possa passare da un periodo di intensa tensione a quello di un graduale recupero nei prossimi 6-12 mesi, una volta che la diffusione del virus sarà sotto controllo e le restrizioni eliminate o attenuate”. Wishful thinking, soprattutto riguardo il presunto equilibrio macro che governerebbe il mondo, al netto dei bacilli.

 

E in effetti, la stessa Pimco mette al primo posto delle lasting scars che la pandemia lascerà in eredità quella di una netta messa in discussione della globalizzazione: “Le aziende cercheranno certamente di ridurre al massimo i rischi derivanti da catene di fornitura troppo complesse, cercando soluzioni alternative pressoché immediatamente dopo la ripartenza. Inoltre, i governi potranno intervenire con misure di restrizione e prevenzione che colpiranno potenzialmente sia il commercio che il turismo, settori essenziali che potrebbero cambiare volto e incidenza nelle economie“.

5 prodotti interni lordi secondo pimco

 

Secondo, “se i governi continueranno con i loro piani di espansione fiscale, il rischio è quello di una fiammata inflattiva ben superiore a quella che i mercati stanno implicitamente cominciando a prezzare e incorporare nelle valutazioni. Oltretutto, in combinato con l’iper-attivismo delle Banche centrali che tenderà comunque a sopprimere la crescita dei rendimenti reali e dei tassi, di fatto operando in maniera distorta rispetto a dinamiche economicamente naturali”.

 

Terzo e ultimo, il cambiamento di atteggiamento dei cittadini occidentali nei confronti del risparmio e dell’investimento, ovvero meno appetito per assets rischiosi e, soprattutto, tendenza a estinguere il più rapidamente possibile i mutui. “Con la congestione di risparmio del settore privato che tenderà a crescere ulteriormente, gli investitori dovranno imparare a muoversi in un contesto che noi definiamo già oggi New Neutral 2.0, nel quale i tassi di interessi reali vanno percepiti come in continuo calo su un orizzonte di decenni”.

Certezze? Solo una: dopo la fine della pandemia, nulla sarà più come prima. Nemmeno sui mercati.

 

  

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