ALTRO CHE CIECHE, LE TALPE SANNO VEDERE MEGLIO DEGLI ALTRI: STORIA DI DUE HACKER A CONFRONTO

Federico Varese per "la Stampa"

Chissà se gli analisti del governo americano avevano in mente l'esperimento di Newton quando battezzarono col nome Prisma il programma di intercettazione globale rivelato da Edward Snowden al Guardian in una serie di interviste condotte ad Hong Kong. Nel 1666 il grande fisico inglese stava cercando di risolvere una volta per tutte il mistero dell'origine del colore. Prese un pezzo di vetro ben levigato e lo espose a un raggio di luce. Quasi per magia il raggio si trasformò in un arcobaleno.

Non vi potrebbe essere metafora migliore del potere: ciò che appare limpido e lineare, «una luce bianca», nasconde una dimensione segreta e multiforme. In quell'arcobaleno per noi invisibile convivono aspirazioni e obiettivi diversi tra loro, la lotta al terrorismo e la caccia alle streghe, la collaborazione tra alleati e lo spionaggio industriale, il poliziotto e la spia, l'agente dell'Fbi e l'hacker, gli eserciti e i mercenari, la fiducia e il tradimento. Ogni tanto nella storia degli Stati arrivano individui che svelano la dimensione segreta e multiforme del potere statale.

Una di queste persone è un ragazzone americano alto quasi due metri, anche lui come Snowden convinto sostenitore della trasparenza totale e del diritto di rimanere anonimi, Max «Vision» Butler. La vita di questo genio del computer con valori anarchici ed eversivi è narrata con dovizia di particolari nell'affascinante Kingpin. La storia della rapina digitale più incredibile del secolo , di Kevin Poulsen (Hoepli). Butler, che diventerà l'hacker più famoso della storia, muove i primi passi nel mondo del crimine informatico quando, ancora sui banchi di scuola, ruba i codici che permettono di fare telefonate a lunga distanza.

Dopo essere stato beccato a scaricare programmi illegalmente, accetta nel 1997 di diventare un informatore dell'Fbi. Viene però arrestato dopo tre anni per aver mantenuto una chiave di accesso segreta ai siti del governo che doveva proteggere. Proprio in carcere conosce un piccolo truffatore con cui comincia a collaborare una volta tornato in libertà. Max ruba i numeri della carte di credito in rete, mentre l'altro le clona per usarle nei grandi magazzini della Bay Area californiana.

Max Butler non è solo un ladro informatico. Come Newton, vuole svelare l'arcobaleno dove noi vediamo solo luce bianca. Ha capito che il problema cruciale per chi opera su internet è riuscire a comunicare in maniera sicura, senza essere spiati. All'inizio del nuovo secolo l'Fbi mette fuori uso i principali forum dove gli hacker si incontrano per scambiare informazioni e comprare merci rubate, generando il caos.

Max «Vision» ha la soluzione: crea un forum a prova di infiltrazioni, dove poliziotti, spie, truffatori e persone indesiderabili vengono scoperti e espulsi. Individuare gli infiltrati è un problema non solo tecnico, ma anche psicologico. Max riesce a riconoscere il loro stile, così se si ripresentano con un nuovo nome, vengono messi alla porta. In un atto di superbia senza precedenti, Max decide di distruggere tutti gli altri forum ancora operativi poiché non sono abbastanza sicuri.

Da qui il titolo della biografia di Poulsen, Kingpin , che si può tradurre come Il Boss. L'unico sito che riesce a resistere alla furia distruttiva di Max si chiama DarkMarket. Non ci vuole molto a Max per scoprire che DarkMarket fa capo ad un server che ha lo stesso indirizzo fisico dell'agenzia contro i crimini informatici del governo americano.

DarkMarket è gestito dall'Fbi. Max svela che il sito è una trappola, ma non viene creduto. Gli hacker pensano che l'invidia verso l'unico forum superstite spinga Butler ad infangare la reputazione degli amministratori di Dark Market.

Sia Max Butler che Edward Snowden hanno voluto emulare Newton e, con motivazioni diverse, hanno svelato al mondo i lati oscuri e multiformi del potere. Il governo americano ha lanciato un'indagine senza precedenti che ha permesso di arrestare Max Butler, il quale è ora dietro le sbarre di un carcere federale, condannato ad una pena esemplare. Edward Snowden sembra per ora essere sfuggito alla giustizia americana.

Di certo è stato abile nel suo piano di fuga. Pochi hanno notato che l'ex analista della Nsa ha scelto, per il suo soggiorno ad Hong Kong, l'hotel Mira. L'albergo si trova nel quartiere di Kowloon, tra Nathan Road e Kimberley Road, una zona della città notoriamente sotto il controllo delle Triadi di Hong Kong. Per una curiosa coincidenza anch'io ho visitato questo quartiere a maggio, pochi giorni prima che Snowden arrivasse nella città asiatica.

Negli ultimi anni sono sorti hotel di lusso, come il Mira, e shopping center labirintici, come il Mirama, ma le Triadi continuano a gestire il pizzo, lo spaccio e la prostituzione. Proprio di fianco all'ingresso del Mira, sullo stesso lato della strada, una porta secondaria permette di entrare in un palazzo che ospita dieci piani di mini-appartamenti, tutti abitati 24 ore su 24 da lavoratrici del sesso.

Ogni piano ha diverse telecamere che controllano chi vi mette piede. Sulle pareti vi sono poster di clienti «ricercati» dal servizio di sicurezza dell'organizzazione che gestisce il palazzo. L'intera strada ha insegne illuminate che invitano il pubblico ad entrare nei locali un po' sordidi del quartiere.

Mentre il consolato americano e i principali hotel sono sull'isola di Hong Kong, Snowden ha scelto la parte Nord di Kowloon, un quartiere sulla terraferma in gran parte abitato da cittadini locali. Come è noto, le triadi di Hong Kong hanno rapporti amichevoli con il governo cinese. Evidentemente, Snowden sa che il potere è un arcobaleno con molte sfumature.

 

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