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UN COLPEVOLE AD OGNI COSTO – CONDANNATO IL COMANDANTE DI NASSIRYA (ORA IN PENSIONE) DALLA GIUSTIZIA CIVILE: DOVRA’ RISARCIRE LE VITTIME. ERA STATO PROSCIOLTO DA QUELLA PENALE – IL GENERALE STANO IGNORO’ L’ALLARME DELL’INTELLIGENCE MILITARE – IL CAPO DEI CARABINIERI AVEVA CHIESTO IL TRASFERIMENTO “VERSO AREE PIU’ SICURE”

 

Francesco Grignetti per la Stampa

 

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A Nassiriya si era in guerra, ma qualcuno non voleva capirlo. Insistendo sull' aspetto di «missione umanitaria», anzi, si esposero i soldati e i carabinieri a un rischio eccessivo. E ora qualcuno pagherà, nel senso letterale del termine, dato che la corte d' appello di Roma, Prima sezione civile, ha condannato l' ex generale dell' esercito Bruno Stano, nel 2003 comandante della missione, oggi in pensione, a risarcire le vittime.

funerale Nassiryafunerale Nassirya

 

Questa sentenza, che arriva a 13 anni dai fatti, dopo un iter estenuante che dalla Cassazione penale è ricominciato nel tribunale civile, mette un punto fermo alle discussioni: «E' manifesta la stretta dipendenza tra il reato commesso (dal comandante Stano, ndr) e la morte e le lesioni riportate dalle vittime». E c' è da dire che il generale Stano era stato assolto in secondo grado, con sentenza non appellata e quindi definitiva, che la Cassazione ha annullato per gli aspetti civilistici.

bruno stano Nassiryabruno stano Nassirya

 

La magistratura civile ritiene Stano colpevole di avere ignorato gli allarmi dell' intelligence e sottovalutato il pericolo di una base troppo esposta. Come era già emerso, il Sismi aveva lanciato i suoi warning: il 23 ottobre segnalò «un attacco in preparazione al massimo entro due settimane»: il 25 ottobre mise in guardia da un «camion di fabbricazione russa con cabina più scura del resto»; il 5 novembre avvertì che «un gruppo di terroristi di nazionalità siriana e yementa si sarebbe trasferito a Nassiriya». Scrive la Corte d' appello: «Si deve rilevare l' evidente sottovalutazione di un allarme così puntuale e prossimo».

 

Il responsabile della base Maestrale, un colonnello dei carabinieri, al contrario, era sempre più allarmato. Chiese di trasferirsi, e gli dissero: vediamo (in effetti il 22 ottobre si disponeva «il progressivo trasferimento verso aree più sicure»). Chiese di chiudere le strade al traffico e gli risposero che così si sarebbe arrabbiata la popolazione, ottenne la riduzione della carreggiata a una sola corsia.

 

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Pregò di avere un mezzo corazzato all' ingresso, ma arrivarono prima i terroristi con una cisterna-bomba. E fu un 12 novembre 2003 di sangue. Forse tutto sarebbe stato inutile. Ma certo che ad avere riempito i sacchi di protezione non con la sabbia ma con sassi, gli effetti della deflagrazione sono stati moltiplicati e non assorbiti. Anche la vicinanza della riservetta con le munizioni all' ingresso ha peggiorato le cose. «Sullo specifico punto, anche un estraneo alle arti militari dovrà rilevare l' irresponsabile assurdità della collocazione così esposta di un deposito di munizioni».

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E poi non c' erano serpentine con blocchi di cemento. C' era solo un carabiniere di guardia e infatti i kamikaze per una volta si presentarono in due: uno alla guida, l' altro come passeggero armato di mitra per sparare sull' uomo di guardia. «Unico ostacolo poteva essere solo il carabiniere, altrimenti vi era via libera fino alla palazzina».

 

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Commenta Luca Comellini, radicale e animatore del Partito diritto militari, che sul sito Tiscali News ha tirato fuori questa sentenza: «Occorrerà un altro procedimento giudiziario per stabilire gli esatti importi economici a meno che il ministero della Difesa non si decida ad intervenire e risarcire direttamente i familiari che da 13 anni sono alle prese con questa odissea giudiziaria».

 

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