DIARIO DI UN DETENUTO! IL LIBRO DI NICOLAS SARKOZY SULLE TRE SETTIMANE TRASCORSE IN PRIGIONE DOPO LA CONDANNA A CINQUE ANNI NEL PROCEDIMENTO SUL PRESUNTO FINANZIAMENTO LIBICO DELLA CAMPAGNA PRESIDENZIALE 2007: “IL GRIGIO DIVORAVA TUTTO. SI FINISCE PER SENTIRSI COLPEVOLI SOLO PER CONTAMINAZIONE ESTERNA” – LA PAURA DI INGERIRE CIBO CONTAMINATO DAI SUOI COMPAGNI DI DETENZIONE – L’ESITAZIONE NELL’ACCOGLIERE LA VISITA DELL’AMBASCIATORE ARGENTINO: “HO AVUTO PAURA CHE MILEI PIÙ TRUMP FOSSE TROPPO, A UNA SETTIMANA DELL’UDIENZA SULLA MIA RICHIESTA DI LIBERAZIONE. MANCAVANO SOLO LA VISITA DI ORBAN E QUELLA DELL’AMBASCIATORE RUSSO PERCHÉ FINISSI COL RISCHIARE L’ERGASTOLO”
Monica Coviello per vanityfair.it
Il nuovo libro di Nicolas Sarkozy, Journal d’un prisonnier, Diario di un detenuto, esce domani. Dalle prime righe, mette in chiaro: «A voi che avrete la cortesia di leggere quest’opera, voglio precisare che non si tratta di un romanzo». È un racconto scritto «a Bic su un piccolo tavolo in compensato tutti i giorni», durante le tre settimane trascorse nella prigione della Santé, dove l’ex presidente è stato incarcerato il 21 ottobre dopo la condanna a cinque anni per associazione a delinquere in relazione al finanziamento libico della sua campagna presidenziale del 2007.
Una situazione senza precedenti per un ex presidente della Repubblica. Secondo quanto ha spiegato a Le Figaro, il testo sarebbe stato scritto di getto e completato nei giorni immediatamente successivi alla liberazione.
sarkozy cover diario di un detenuto
Nicolas Sarkozy descrive quello dietro le sbarre come un mondo senza colori e mentalmente logorante. Racconta di essersi nutrito «solo di latticini, barrette di cereali, acqua minerale, succo di mele e qualche dolcetto», spiegando di non aver voluto, né imparato a cucinare sulla piccola piastra della cella (secondo quanto riportato da Le Point, anche per paura di ingerire cibo contaminato dai suoi compagni di detenzione).
Ciò che gli pesava di più, oltre all’assenza della famiglia, era, scrive, «l’impossibilità di vedere l’esterno»: «Era la prima volta nella mia vita che vivevo questa strana esperienza di non poter più guardare la strada, il cielo, le auto che passavano, il tempo che cambiava, gli uccelli in volo, gli alberi che perdevano le foglie in autunno».
La cella, dice, aveva un unico colore: «Il grigio dominava tutto, divorava tutto, ricopriva ogni superficie». Un ambiente che dava l’idea di «vite spezzate, accumulate tra queste mura, lontano dal mondo dei vivi».
Sarkozy ribadisce la sua posizione: «Rivendico la mia innocenza completa. Finché avrò un soffio di vita, mi batterò con tutte le mie forze per dimostrarla, qualunque sia il tempo necessario». La riflessione si allarga all’influenza della prigione: «Quando ci si ritrova in un luogo dove sono riuniti tanti assassini, malfattori e truffatori di ogni genere, è naturale essere colpiti dall’atmosfera generale di colpevolezza e dall’immagine che il carcere rimanda di te stesso. Se non ci si fa attenzione, si finisce per sentirsi colpevoli solo per contaminazione esterna». E ancora: «Esiste un processo giudiziario, consapevole o meno, progettato per indebolirti, per far sentire l'imputato in colpa. Mantenere un basso profilo è la strategia che ti viene imposta, e che alla fine finisci per adottare tu stesso».
Poi aggiunge: «La prigione è stata per me una prova che ho cercato di rendere il più produttiva possibile. È vero che si impara a ogni età, e alla Santé ho imparato molto, sugli altri come su me stesso».
Tra le pagine parla anche di un incontro con Emmanuel Macron, avvenuto pochi giorni prima dell’ingresso in carcere. Sarkozy racconta che «è stato il presidente della Repubblica a insistere per ricevermi all’Eliseo», e ammette: «Non avevo nulla da dirgli e non avevo alcuna voglia di una conversazione amichevole con lui». L’ex presidente racconta anche di aver telefonato a Marine Le Pen per ringraziarla delle sue critiche alla sentenza. Nel libro cita anche un complimento rivolto da Le Pen a Carla Bruni: «Dica a vostra moglie che ho ammirato l’eleganza con cui ha fatto cadere la cuffia del microfono di Mediapart… L’ha fatto con una classe e una dolcezza notevoli».
Sarkozy racconta una lunga lista di attestazioni di stima arrivate da leader stranieri, attuali ed ex. Scrive di aver ricevuto messaggi che esprimevano «un’incomprensione indignata di fronte a un trattamento di tale brutalità e così profondamente ingiusto». Tra i primi a chiamarlo, il re del Marocco Mohammed VI; poi Alassane Ouattara (Costa d’Avorio), Paul Kagame (Ruanda), e «tutti i dirigenti del Medio Oriente, ma anche numerosi leader europei, passati e presenti».
Nel racconto compaiono anche ambasciatori: quello americano, «che non era altro che il padre del genero di Donald Trump», e il giovane ambasciatore argentino, «stretto collaboratore del famoso e originale presidente Milei». Sarkozy dice di aver esitato ad accogliere la visita argentina per un motivo di immagine: «Ho avuto paura che Milei più Trump fosse troppo, a una settimana dell’udienza sulla mia richiesta di liberazione. Sorrisi interiormente pensando che mancavano solo la visita di Orban e quella dell’ambasciatore russo perché finissi col rischiare l’ergastolo!».
Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy - vignetta by Osho
nicolas sarkozy cella
NICOLAS SARKOZY IN CARCERE
NICOLAS SARKOZY IN CARCERE
nicolas sarkozy cella
nicolas sarkozy cella
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