1. DIMENTICATE GRASSO E FRECCERO, ER MEJO CRITICO TELEVISIVO SI CHIAMA BRUNETTA! 2. “FLORIS È IL MISCELATORE PIÙ FURBO DI OSPITI FAZIOSI E MAESTRO NELL’ARTE DELL’AGGUATO. ESEMPIO DEL PLURALISMO PELOSO, PAR CONDICIO CON LA BARBA FINTA” 3.ANCORA! “GLI OSPITI CON IDEE ALTERNATIVE ALLA SINISTRA, GIÀ MINORITARI, SUBISCONO, PRIMA ANCORA DI POTER ACCENNARE A UNA PAROLINA, IL TRATTAMENTO CROZZA, UNA SPECIE DI LAVAGGIO CON CANDEGGINA E TINTEGGIATURA SENZA DIRITTO DI REPLICA” 4. STEFANO DI MICHELE: “NON È POSTO PER LA DESTRA LA, RAI: I BERLUSCONIANI TRANSITANO IN GLORIA, LA SINISTRA SEMPRE S’ACCAMPA, QUELLI DI DESTRA INEVITABILMENTE EVAPORANO. MANCÒ LA FORTUNA, MA FORSE PURE IL VALORE”

Renato Brunetta per "Il Foglio"

Durante l'ultima stagione televisiva il programma "Ballarò", condotto da Giovanni Floris e in onda il martedì in prima serata su RaiTre, ha collezionato, dall'11 settembre 2012 al 25 giugno 2013, 40 puntate. Durante queste puntate si sono avvicendati 307 ospiti, così suddivisi: 146 politici; 77 giornalisti; 37 economisti, politologi, studiosi; 47 altri ospiti.
Giovanni Floris è di certo il miscelatore più potente e furbo tra i giornalisti-conduttori della Rai ma non solo.

Infila nel suo programma "Ballarò", caposaldo dell'informazione politica di RaiTre, ingredienti di ogni tipo, per ricavarne un sapore unico, omogeneizzato al suo pensiero di democratico bersaniano con scivolamenti all'estrema sinistra. Il suo è l'esempio preclaro e molto professionale del pluralismo peloso, di una par condicio con la barba finta. Lo dimostreremo con i numeri, anche se ci rendiamo conto che i numeri sono sempre un po' troppo rigidi per i maestri dei minuetti tivù. Hanno il difetto di essere piuttosto impresentabili e tocca a noi presentarli.

Oltretutto accade questo a "Ballarò": che gli ospiti con idee alternative alla sinistra, già minoritari, subiscono, prima ancora di poter accennare a una parolina, il trattamento Crozza, una specie di lavaggio con candeggina e tinteggiatura senza diritto di replica. Non è affatto una specie di divertissement a parte.

L'introduzione comica di Maurizio Crozza fornisce la chiave del programma. E' in quel vestibolo che Floris fa indossare agli ospiti politici il costumino satirico che li inchioderà nella testa dei telespettatori a quell'immagine per tutta la serata e oltre. (Corriere.it e Repubblica.it collocano immediatamente e lasciano per giorni la performance di Crozza sulla loro prima pagina).

E' la tecnica già definita da Umberto Eco come censura additiva. Si crea un contesto per cui tutto quello che uno dice o scrive viene deformato preventivamente. Crozza, dichiaratamente di sinistra, certo molto capace, sembra prendere a bersaglio dei suoi colpi ogni parte politica con imparzialità. In realtà l'essere ladri e cattivi, volgari e corrotti, sono per lui le caratteristiche antropologiche di uomini e donne del centrodestra.

A sinistra al massimo ci sono simpatici imbranati o ingenui babbei che si fanno infinocchiare dagli avversari. Si osservino le differenti maschere prestate a Berlusconi, Bossi e Formigoni, rispetto a quelle di Bersani, Vendola e Ingroia. Quando si ha il coraggio di interrompere Crozza, come fece ad esempio Mara Carfagna, il giochetto si disvela, e la falsa par condicio satirica evapora. Veniamo alle appartenenze partitiche e a quelle culturali degli ospiti.

Gli ospiti politici invitati in quanto esponenti di partito o sindacato sono stati 146.
La trasmissione nelle quaranta puntate ha visto la scontata vittoria numerica della sinistra, che nemmeno l'abilità di Floris riesce a occultare.

Centrosinistra e sinistra: Pd 45, ministri governo Letta/Pd 4, Sel 4, Idv 3, Movimento arancione 2, Rivoluzione civile 2, Api/Centro democratico 4, Cgil 5, Fiom 6. Totale 75.
Centrodestra: Pdl 38, ministri governo Letta/Pdl 1, Lega nord 4, Fratelli d'Italia 2, Lavoro e libertà 1. Totale 46.

Centro: Scelta civica 2, Futuro e libertà 3, Udc 2, governo Monti 13. Totale: 20.
(Note particolari. Il M5s si tiene fuori dai talk-show, comunque registra una presenza. Teniamo fuori quota, pur sapendo che di certo non hanno appoggiato il centrodestra, Uil 2, Cisl 1. Allo stesso modo contiamo quasi fosse un ospite normale la lunga intervista senza contraddittorio offerta da Floris a Bersani).

Tenuto conto che buona parte delle trasmissioni si è sviluppata sotto il vincolo delle regole televisive della campagna elettorale, colpisce comunque il privilegio dato alla sinistra da Floris. Considerando solo sinistra e destra, come se fossero due squadre impegnate in una partita di calcio, l'arbitro-Floris assegna preventivamente il 62 per cento di possesso palla alla sinistra contro il 38 per cento lasciato alla destra. Bella par condicio...

Lo stesso discorso, in un certo modo, riguarda i giornalisti. Qui non si vuole offendere nessuno qualificando i giornalisti meccanicamente di destra o di sinistra sulla base degli editori. Ovviamente essi sono tutti indipendenti e dipendenti soltanto dalla loro coscienza.
Fermiamoci alle loro esplicite esternazioni.

E qui la prevalenza della sinistra sopravanza decisamente la decenza. Altro che il monito del direttore generale Gubitosi a non usare "il bilancino", nel nostro caso siamo alla dismisura a quintalate. Così i quotidiani che offrono il maggior numero di presenze sono Repubblica e il Corriere della Sera: tredici ciascuno.

Volendo fare un conteggio schematico possiamo semplificare così: cinquantaquattro presenze di sinistra, dalla moderata alla estrema; cinque di centro; diciotto di centrodestra. Nel dettaglio, basti considerare i primatisti di presenze.

Primo in graduatoria: Massimo Giannini, vicedirettore di Repubblica, autore di editoriali dai sobri titoli tipo "Il Grande Corruttore", "Il Cavaliere Alieno", che non è facile intuire a chi si riferiscano, ma noi abbiamo avuto delle informazioni in merito. Per questo ha meritato otto presenze e la maglia rosa del Giro di Ballarò.

Secondo in graduatoria: Paolo Mieli, qualificato come presidente di Rizzoli Libri, già direttore del Corriere, famoso per l'endorsement a favore di Prodi e dell'Ulivo nel marzo del 2006: sette presenze.

Terzo in graduatoria Antonio Polito, già direttore del dalemiano Riformista e quindi senatore del Partito democratico, oggi al Corriere.
Terzo a pari merito Alessandro Sallusti, direttore del Giornale.

Quinta classificata, Concita De Gregorio, inviata di Repubblica già direttrice dell'Unità, oggi candidata da Gubitosi a un programma sulla Rai.
Questi i primi cinque.

Quattro tra loro sono con ogni evidenza di tutte le sfumature della sinistra.
Non mancano nemmeno due presenze di Lucia Annunziata, stavolta in veste di Huffington Post, siccome non le basta esercitarsi "In mezz'ora" la domenica concede il bis, sempre su RaiTre il martedì.

Politici, giornalisti e non è finita qui. Tra i trentasette ospiti assimilabili alla categoria degli intellettuali, lasciando perdere le considerazioni sugli economisti - si va da illustri pensatori a sconosciuti sostenitori di tesi strampalate - ci soffermiamo sui filosofi e gli umanisti.
A essi è affidato il compito di lasciar cadere giudizi morali forti sulla vita politica italiana. Breve elenco di intellettuali italiani invitati come saggi.

Maurizio Pallante è il saggista-filosofo della "decrescita felice", vicino ai Cinque stelle; Antonio Masullo è stato parlamentare del Pci; Roberta De Monticelli, filosofa morale, "si vergogna da Berlino" che esista Berlusconi sulla scena politica; Marco Revelli, storico, è marxista, collaboratore del Manifesto; Amalia Signorelli, antropologa, studiosa del berlusconismo definito come "pedofilia horror"; Luciano Canfora, filologo, è stato candidato per le elezioni europee del 1999 nella lista dei Comunisti italiani.
Anomalia: due volte appare Luttwak, parla otto minuti in tutto. Ma questo è uno scandalo per la sinistra, un orrore.

Al punto che un sito Internet scrive: "La redazione di Leo Rugens ha una modesta proposta per i futuri presidenti del Copasir e della commissione di Vigilanza della Rai auspicabilmente attribuiti al M5s. Si apra al più presto una indagine sulla presenza costante di tale Luttwak Edward (cittadino Usa) alle trasmissioni Rai. Il conduttore di Ballarò, Floris Giovanni, laureatosi alla Luiss, deve essere chiamato a spiegare la costante presenza del Luttwak (consulente di un prof. della Luiss) alla trasmissione".
Spaventato Floris ripiega sull'antropologa gradita anche ai Cinque stelle.

Oltre a imprenditori e banchieri di varie provenienze, interessanti sono le presenze di magistrati e giuristi. Essi sono chiamati come esperti del rapporto tra politica e magistratura, oltre che di riforme nel campo della giustizia. Essi sono in ordine di apparizione:

Pietro Grasso, procuratore antimafia, poi candidato - guarda la combinazione - nel Partito democratico come capolista al Senato dov'è presidente eletto da sinistra e grillini; Piercamillo Davigo, giudice di Cassazione, già testa fine di Mani pulite, nemico giurato delle proposte del centrodestra in tema di giustizia; Antonio Ingroia, a quel tempo magistrato in trasferta in Guatemala, pm dei processi contro Dell'Utri, poi leader di Rivoluzione civile; Pietro Onida, ex presidente Corte costituzionale, nel 2010 si è candidato alle primarie del centrosinistra per le elezioni del sindaco di Milano. L'apparenza inganna proprio come Floris.

Il campione della par condicio si rivela, sotto la maschera sorridente, un professionista delle carte truccate. Organizza in studio confronti politici tra centrodestra e sinistra, dove fa credere siano tutti uguali e invece - come abbiamo dimostrato - mortifica la buonafede del pubblico. Tutto questo sarebbe moralmente penoso e deontologicamente censurabile anche se fosse proposto da una televisione privata o commerciale. Se praticato dalla Rai, che è servizio pubblico, si scivola nell'illegalità, perché va contro le norme che fino a prova contraria valgono e devono essere fatte valere da chi la dirige e ne deve rendere conto al Parlamento.

2. PER LA DESTRA IN RAI È SEMPRE 25 APRILE
Stefano Di Michele per "Il Foglio"

All'ombra del cavallo morente di Francesco Messina, quelli di destra hanno sempre fatto un po' la figura dell'ingenuo ciuchino - festanti e increduli verso il "Paese dei balocchi" che credevano di intravedere, e dentro il quale finivano con lo smarrirsi. Non è posto per la destra (che fu ex An, che fu già ex Msi, e che ora forse solo fu) la Rai - i berlusconiani transitano in gloria, la sinistra sempre s'accampa, quelli di destra inevitabilmente evaporano. Mancò la fortuna, ma forse pure il valore.

Da un evocativo ventennio e passa, si giura di voler versare vinaccia autarchica nella melassa democristiana e post comunista di Viale Mazzini: si fermenta molto, si brinda poco. Ciambella perennemente senza buco - buco e basta, piuttosto. Conta e riconta, sforza la memoria e consulta gli archivi, c'è quasi solo la rapa e pochissimo sangue. E quasi sempre, e sopra a tutto, emerge la secca e definitiva sentenza che i giornali, oltre cinque anni fa, attribuirono a Luca Barbareschi durante una mitologica adunata di finiani televisivi: "An ha portato in Rai solo zoccole". Ovunque transitanti - chi le porta in Rai, chi a cena, chi altrove - ma il loro farsi quasi stanziali nella memoria (fosse per malizia giornalistica, fosse per voracità da lunga astinenza) è ormai inevitabile pietra: più che di paragone, al collo.

Ma lo stesso, nella Rai a caratura montiana, ma che già verso lidi più duraturi pare avviata - il fortificato villaggio della sinistra, la sgarrupata e tentatrice favela berlusconiana - c'è qualcosa che resta e qualcosa che ancora spunta: come rara cicoria ai bordi di orti metropolitani. Ieri i giornali illustravano la nuova trasmissione di Nicola Porro - ma questo è più precisamente campo, diciamo, del liberalismo: sorriso, non ghigno - e il Fatto s'avventava sui pomeriggi di RaiUno messi in mano ad Angelo Mellone, "l'amico di Casa- Pound", studioso e cantore, nientemeno, del "popfascismo".

E poi duplici interviste proprio a Barbareschi, tirato in ballo per il suo transitare da Fini al Cav. ("mi è costato tre fiction", pare disse questi, alzando un calice in quel di Arcore), e lui che rimanda e s'infuria e spiega, tra Corriere e Fatto, che "sono dovuto andarmene a lavorare in Cina", e che sì, altro che fiction!, "la politica mi ha ridotto alla fame" - e peraltro, quella su Nero Wolfe aveva la sua bella eleganza. Che poi, sempre l'ombra delle fiction è calata sull'andirivieni dei destrorsi in Rai: i cognati di nuova acquisizione di Fini nei giorni mesti del tramonto, la famiglia di Bocchino in quelli effimeri della gloria molecolare di Fli.

Pure amicizie cameratesche su quell'altare bruciarono, antichi grovigli di passioni laziali, il volenteroso spendersi di Pino Insegno lo stesso sfottuto da Aldo Grasso sul Corriere. Il nuovo 25 aprile mediatico tra starlette, quiz e sceneggiature. Fiction che poi, a voler regolare e risistemare il senso comune nazionale, finivano con lo scontentare gli stessi di An. Esemplare il caso di quella sulle foibe: invocata per decenni, alla fine fu sconcerto quando mai la parola "comunisti" veniva pronunciata, piuttosto la più criptica "titini" evocata. Ci si provò, eppure.

Quando Veneziani approdò nel cda, offrì il petto alla causa, "rappresenterò una cultura di destra", ma disgraziatamente non di troppo la causa s'avanzò. Dicono che, mentre le giuste sue rimostranze formulava, lì ai piani alti facevano notare che già si era intervenuti rispetto alle preoccupazioni di Donna Assunta per la programmazione a beneficio dei bimbi - e se fu battuta o serio intendimento, lo stesso va a sigillo della dispersione in un labirinto tentatore e immodificabile.

Né un Santoro né un Montalbano alla Rai la destra ha lasciato. Insalutata andò, insalutata tornerà: precario ognuno la sa. Sempre un'altra priorità. Gasparri ride quando ricorda che, da ministro, un eletto di An raccomandava una sua amica per il varietà - e la tipa doveva entrare in una scatola di vetro trasparente, ma non riusciva a trasire perché oltre misura era, e l'eletto irriducibile al ministro: "Embè, allargate la scatola!". Quando erano poco o niente, Fini e il suo portavoce Sottile ignorati attraversavano i venerabili corridoi - come ignorati ora: lunga, la corta memoria Rai.

Nei giorni del trionfo, si instradavano verso l'antro di Storace allora intero Epurator pattuglioni di giornalisti che esibivano orgogliosi la foto di nonno e di zio gagliardamente nerovestiti, marciatori su Roma. Fu indimenticabile memorabilia di quadratissime legioni: mio nonno fu, io sono! Presente! Ora le foto per sempre sono tornate nei sorvegliati cassetti. Nessuno più ante (marcia) in Rai: piuttosto post, e meglio se di conio fresco.

 

BRUNETTA AUTOGRAFA Renato Brunetta Giovanni Floris Renato Brunetta Renato Brunetta Giovanni Floris RENATO BRUNETTA Giovanni Floris 0mara28 maurizio crozzaMaurizio Crozza - Ballarò 21/02/2012 - Lo "Sprecathlon" BERLUSCONI E BOSSIformigoni berlusconi rullo Mara Carfagna MASSIMO GIANNINI Paolo Mieli Polito Floris e Mieli Alessandro Sallusti CONCITA DE GREGORIO LUCREZIA LANTE DELLA ROVERE LUCIA ANNUNZIATAEDWARD LUTTWAK ANTONIO INGROIA CON IL SIMBOLO DELLA SUA LISTA LUCA BARBARESCHI Angelo Mellone ADS

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