renzi napolitano adinolfi

1. RENZI FA BUON VISO ALLA CATTIVA INTERCETTAZIONI CON ADINOLFI MA LA BOTTA CHE GLI ARRIVA E' DURISSIMA: HA CAPITO CHE TUTTO IL "GIGLIO MAGICO" E' SOTTO CONTROLLO 2. ALTRO CHE ROTTAMATORE! SE LA MAGISTRATURA VUOLE FARLO FUORI, COME E' STATO LIQUIDATO BERLUSCONI, IL BULLO TOSCANO SCENDE DA CAVALLO E TORNA A CASA

1 - MATTEO: “ASPETTAVO CERTE REAZIONI MA NON HO NULLA DA NASCONDERE”

Goffredo De Marchis per “la Repubblica”

 

A Palazzo Chigi dicono che si «sa che può andare così», che certe “sorprese” dalle inchieste «vanno messe nel conto». Anche se sono intercettazioni senza profilo penale di un’indagine in parte archiviata. Ma Renzi non pensa a manovre ad orologeria.

MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA

 

Nessuno gliel’ha sentito dire nella lunga giornata di ieri, «business as usual», ripete il premier dopo gli incontri con la presidente del Brasile Dilma, il capo del governo irlandese, il consiglio dei ministri, l’analisi dei dati positivi sulla produzione industriale. «Semmai - spiega Renzi ai suoi collaboratori - quelle telefonate dimostrano che io in privato parlo come faccio in pubblico. Non nascondo quello che penso».

 

MATTEO RENZI NELL UFFICIO DI ENRICO LETTA A PALAZZO CHIGI MATTEO RENZI NELL UFFICIO DI ENRICO LETTA A PALAZZO CHIGI

Il fastidio però filtra. E c’è il timore che possano moltiplicarsi episodi di questo tipo. Delle intercettazioni pubblicate si è discusso, eccome, e questo non viene nascosto nella cerchia ristretta del premier. Renzi però ha usato il suo schema classico: rilanciare, non arretrare di un passo e infine ribattere con malizia anche al tweet di Enrico Letta, ennesimo capitolo di una lunga guerra.

 

Basta leggere tra le righe del post scritto su Facebook in cui sono sottolineati i numeri dell’Istat su occupazione e ordini industriali. «Rimane l’amarezza: se queste riforme le avessero fatte quelli prima di noi, la nostra economia oggi sarebbe più forte», scrive Renzi. Come dire: abbiamo fatto benissimo a cambiare governo, i nostri predecessori erano fermi, immobili. Berlusconi, Monti ma anche Letta, certamente. Se non corriamo di più, è colpa loro.

 

Di prima mattina, Renzi non ha ancora letto l’articolo che lo riguarda. Riceve la segnalazione e controlla. Poi, quelle frasi dette nel gennaio 2014 le legge e le rilegge. Non ci trova niente di scandaloso, anche se alcuni vicini a lui sussurrano che «certe conversazioni non dovrebbero mai uscire». Renzi però non si descrive indignato e non vuole fasciarsi la testa.

VIGNETTA VINCINO DAL FOGLIO ENRICO LETTA EFFETTO LEPRE PER RENZI VIGNETTA VINCINO DAL FOGLIO ENRICO LETTA EFFETTO LEPRE PER RENZI

 

«Oggi abbiamo un sacco di lavoro da fare. È, dice, non c’è niente da chiarire, la sua linea. E non c’è un braccio di ferro con la magistratura, che può trasformarsi in panico per nuove indiscrezioni, nuovi passaggi delicati contenuti in qualche carta giudiziaria. Sebbene su questo punto con i giudici il capo del governo non ha mai nascosto le sue obiezioni. Quello che dico io nelle telefonate abbastanza comprensibile - osserva con i collaboratori - . A cominciare da un punto. Non lavoravo contro il governo Letta con un piano preordinato.

 

Pensavo invece a un rimpasto, a un esecutivo che potesse avere un po’ più di sprint. Il giudizio su Letta, sintetizzato nella frase “non è capace”, secondo il premier, è una finta novità. “Intendevo, non è in grado di governare”, spiega. Che questo sia il motivo del cambio in corsa, raccontano a Palazzo Chigi, è stato detto e ridetto.

BERSANI LETTA RENZI BERSANI LETTA RENZI

 

Sullo sfondo resta la sponda di Berlusconi in quel mese che porta all’ascesa di Renzi a Palazzo Chigi. Ma la ricostruzione non ha segreti e le telefonate lo dimostrano, secondo il premier. Il patto del Nazareno ha preso forma qualche giorno dopo le intercettazioni, ma era in ballo dal 2 gennaio, ovvero dal momento in cui l’allora segretario del Pd aveva spedito una lettera aperta sulle riforme a tutti i partiti. Forza Italia aveva già accettato il tavolo, era pronta a sedersi e a firmare.

 

Dov’è lo stupore, si chiedono nello staff del presidente del Consiglio. Questa è dunque la versione ufficiosa dei renziani. Non servono note o comunicati stampa, questa è la decisione. Ma non si nasconde nemmeno che del caso si è parlato. Renzi e Luca Lotti lo hanno fatto tra una riunione e l’altra. Al telefono è stato sentito anche Dario Nardella, il sindaco di Firenze, citato nelle intercettazioni.

 

RENZI E LETTARENZI E LETTA

Si ostenta una grande tranquillità. Ci sono ancora pagine da scrivere sulla nascita del governo Renzi? La risposta dell’esecutivo è no. La vicenda è sotto gli occhi di tutti, con le sue asprezze e i suoi strascichi che sono visibili anche oggi, ad esempio nel duro confronto dentro il Pd tra renziani e minoranze. Il pericolo che esca altro viene esorcizzato con quella battuta sulla “franchezza” del premier:

 

“Io parlo in pubblico come parlo in privato”. Meglio antipatici che senza coraggio, ha ripetuto un sacco di volte l’ex sindaco di Firenze. E la consuetudine con il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi va ricercata nel vecchio lavoro di Renzi a Palazzo Vecchio. Un lavoro in cui i primi cittadini quasi ogni giorno devono chiedere ai finanzieri di intervenire sulla città per mille motivi. Così dicono a Palazzo Chigi. “Lo potrebbe confermare qualunque sindaco”.

ASSEMBLEA PD PRIMA FILA MADIA RENZI LETTAASSEMBLEA PD PRIMA FILA MADIA RENZI LETTA

 

2 - LO SCONCERTO DELL’EX PREMIER: SIAMO FINITI NELLO SQUALLORE SUL MODELLO DI «HOUSE OF CARDS»

Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”

 

Fedele al suo personale credo nel «valore sacro della parola», un Enrico Letta letteralmente «sconcertato» sceglie ancora una volta di evitare la reazione a caldo. Tornato a Roma proprio ieri mattina dall’Australia, dopo un ciclo di conferenze sulla crisi dell’euro all’università di Sidney, l’ex presidente del Consiglio non si aspettava di essere accolto come «un incapace» da «governare da fuori», o da spedire al Quirinale per liberare la poltrona di Palazzo Chigi.

 

RENZI E LETTA ALL ASSEMBLEA NAZIONALE PDRENZI E LETTA ALL ASSEMBLEA NAZIONALE PD

Quando accende il cellulare dopo venti ore di traversata lo trova intasato di sms e chiamate, eppure rifiuta interviste e medita di non rispondere affatto. Poi però, col passar delle ore, Letta decide di consegnare a Twitter una briciola del suo stato d’animo: «Cosa penso delle frasi e dei comportamenti di #Renzi rivelati dal @fattoquotidiano oggi? Si commentano da soli».

 

Un no comment che non è un no comment, ma una critica pesante delle parole e del pensiero del suo successore. Lo conferma la parola «comportamenti», aggiunta per marcare la differenza etica e antropologica da Matteo Renzi. Una presa di distanza a tutto campo, scolpita via web per stigmatizzare non solo il giudizio di «incapace» a lui diretto e i retroscena della staffetta a Palazzo Chigi, ma anche il trattamento riservato a Giorgio Napolitano.

MATTEO RENZI NELL UFFICIO DI LETTA A PALAZZO CHIGI MATTEO RENZI NELL UFFICIO DI LETTA A PALAZZO CHIGI

 

«Sono rimasto sconcertato da tanto squallore» confida Letta ai suoi, mentre la notizia si impone tra le più commentate di Twitter. Per uno che è riuscito a tacere un anno intero dopo essere stato defenestrato da Palazzo Chigi, sconcerto e squallore sono due concetti a dir poco forti. «Ho pensato che siamo davvero finiti nello squallore alla House of Cards» è il giudizio di Letta sulla conversazione tra Renzi e il generale Michele Adinolfi, l’11 gennaio 2014.

 

napolitano renzi letta napolitano renzi letta

È passato quasi un anno e mezzo, ma la sola idea che il leader del Pd gli abbia offerto il Quirinale nel 2017 in cambio di Palazzo Chigi, al compimento dei cinquant’anni di età, ancora lo indigna. La sua risposta è stampata nella celebre foto di Letta che consegna la campanella a Renzi in dieci secondi dieci, lo sguardo rivolto altrove che rivela fastidio, rabbia, quasi repulsione.

 

napolitano letta renzi napolitano letta renzi

Nel libro «Andare insieme, andare lontano» Letta si sofferma sul «coraggio di dire no alle scorciatoie e a una visione trita e ritrita della politica vissuta come “sangue e merda” (o scimmiottando House of Cards )», la celebre serie tv americana che racconta gli intrighi del potere. Ecco perché ieri si è convinto ancor più di aver fatto la cosa giusta, in tre mosse. Dimettersi dal Parlamento, «ma non dalla politica».

 

Accettare la guida dell’università di Parigi Sciences Po. E fondare tra Roma e Bruxelles una Scuola di politiche. «Una scuola piccola e artigianale» per ventenni di belle speranze, dove formare una classe dirigente nuova e virtuosa, immune dai mali di un «conformismo» che per lui fa rima con renzismo. La personalizzazione, l’uomo solo al comando, l’opportunismo, la corsa a salire sul carro del vincitore, il cinismo di chi «applaude quando tutto gira per il verso giusto, ma è pronto a voltarti brutalmente le spalle quando le cose precipitano»...

GIULIO NAPOLITANO GIULIO NAPOLITANO

 

Il bando è scaduto il 30 giugno e l’ex premier si aspettava di ricevere un centinaio di domande. Sono invece arrivate 672 candidature da tutta Italia con tanto di video di presentazione, un’onda «impressionante e beneaugurante» che lo ha convinto ad aumentare il numero delle classi per ottobre.

napolitano giulio napolitano giulio

 

Su quei banchi sogna di crescere una nuova leva di politici, che non somiglino né a Renzi, né a Berlusconi. Al primo, Letta imputa, tra l’altro, l’aver resuscitato il secondo: «L’ha fatto coprotagonista di un asse politico — scrive nel libro — che, al di là di tanti tira e molla artificiosi, ha dimostrato di tenere in molti passaggi dirimenti». Quanto a Vincenzo Fortunato — l’ex capo di gabinetto del ministro Giulio Tremonti, che era tra i quattro commensali intercettati dai carabinieri del Noe alla Taverna Flavia il 5 febbraio del 2014 — i collaboratori di Letta ricordano che la sua sostituzione al Tesoro fu uno dei primi atti del suo governo.

 

3 - ADINOLFI: «MAI DETTE LE FRASI SUL FIGLIO DEL PRESIDENTE EMERITO»

Virginia Piccolillo per il “Corriere della Sera”

 

«Il presidente Giorgio Napolitano sotto ricatto a causa del figlio Giulio? Mai detto. E le rivelazioni politiche di Renzi sull’imminente “rimpastone”, erano cose che leggevamo sui giornali». Non è la prima volta che il generale Michele Adinolfi, numero due della Guardia di finanza, finisce al centro della bufera.

Michele AdinolfiMichele Adinolfi

 

È sua la frase sulla presunta ricattabilità dell’ex presidente da parte di Gianni De Gennaro e di Gianni Letta che avrebbe portato alla nomina di Capolupo?

«Smentisco categoricamente».

 

Antonello Montante, indirettamente in un altro colloquio conferma.

«No, lui dice Michele».

 

Pensa sia un suo omonimo?

«Evidentemente. Perché io con Montante avevo parlato solo due anni prima. Ma di altro».

 

MICHELE ADINOLFI MICHELE ADINOLFI

Al telefono con il presidente Renzi invece c’è lei, a parlare di «rimpastone».

«Sì, ma è lui che parla. Io ne prendo atto. Non erano segreti. Erano cose che si leggevano sui giornali».

 

Il patto del Nazareno no.

«Col senno di poi si danno interpretazioni diverse, io poi non me ne intendo tanto».

 

L’ex premier Letta viene descritto come un incapace.

«Non da me».

 

Poi c’è quella battuta in cui dà dello «str...» a Renzi.

«È un insulto da ferito per l’offesa subìta. Il presidente in quel colloquio allude alla mia squadra, il Milan, parlando di calcio minore».

 

Lei è di nuovo nella bufera.

«Io sono uscito sempre pulito e non comprendo questa violenza nell’attacco».

 

Di chi ha pubblicato quelle carte?

«No, di chi le ha fatte uscire».

 

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”