ERRI DE LUCA S-GRASSATO: "UN GURU CON UN FOLTO SEGUITO DI GROUPIES ATTEMPATE" - MA LO SCRITTORE NON MOLLA: "ANCHE HOLLANDE E' NO TAV"

1. DE LUCA TORNA AD ARRINGARE I NO TAV: "SONO SICURO, L'OPERA NON SI FARÀ"
Andrea Rossi per "la Stampa"

La frase più tagliente, dura, perfida, la pronuncia con occhi gelidi reggendo un bicchiere di vino, stretto tra i militanti nel presidio No Tav di Borgone. «Evito di ascoltare quel che dice Napolitano perché non mi interessa; evito di commentarlo perché da lui non mi sento rappresentato».

E' sceso il freddo sulla Val di Susa, quando Erri De Luca, scrittore di successo, un tempo responsabile del servizio d'ordine di Lotta Continua, oggi intellettuale di riferimento del movimento che si batte contro l'alta velocità, si getta nell'abbraccio del popolo No Tav. Una degli avvocati del legal team gli stringe un braccio. «Ogni sua parola per noi è una boccata d'ossigeno».

Lui ricambia: «Mi avete fatto partecipe della più bella e democratica lotta civile dell'Italia dal dopoguerra a oggi». L'eco degli ordigni, degli attentati alle ditte, degli imprenditori che chiudono tutto per ché stremati, è lontana, qui. Quasi fossimo in un'altra terra e non a pochi chilometri, metri. Ogni accenno viene respinto con sdegno. «Sono i giornali a costruire certi parallelismi», arringa lo scrittore.

«Ma accostare bombe, bombette e azioni notturne alla lotta popolare di questa valle è insolente. E' un insulto». Non c'è nessuna deriva nel movimento contro il super treno, per De Luca. Nemmeno frange eversive che stanno cercando di snaturarlo. C'è invece una popolazione «per cui l'epoca dei feudatari è finita; non ci sono sudditi, qui ci sono cittadini, una comunità unita al punto da farmi credere che quest'opera non si farà».

Si tratta di capire come femarla. Mesi fa De Luca ha teorizzato la liceità dei sabotaggi. Ha ammesso di aver partecipato a un blocco in autostrada, prendendosi una denuncia da Ltf, la società italofrancese che gestisce il cantiere di Chiomonte.

Oggi che i raid alle aziende si susseguono a cadenza regolare, bisogna spendere qualche parola in più: «Non c'è nessun legame tra quelle azioni di criminalità comune, le bombe, e un movimento di resistenza civile come questo. Quando parlo di sabotaggio, io parlo di sabotaggio politico. E il più grande sabotatore di questo treno è il presidente francese Hollande, che ha rimandato l'apertura dei cantieri al 2030».


2. LA VANITA' DELLO SCRITTORE NO TAV PERSO NELLA NOTTE DELLA POLITICA
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"

Le rivolte inestirpabili sono il suo demone: ai tormenti e alle paure dei valsusini mancavano solo le parole di fuoco di Erri De Luca.
Giorni fa, seduto sui gradini della Statale di Milano, lo scrittore ha così sentenziato: «Essere incriminati di resistenza è una medaglia al valor civile, tutti dobbiamo essere incriminati di resistenza... Ogni volta che c'è un nuovo arresto, si allarga l'albo dei resistenti. Si entra a far parte di una comunità che dimostra di non lasciar passare l'insulto, l'infamia, l'oppressione, la violenza».

In precedenza De Luca si era definito «un sabotatore» del cantiere per l'Alta Velocità in Val di Susa, spiegando che i sabotaggi sono necessari per far comprendere che la Tav è un'opera nociva e inutile.
Mentre le autorità denunciano il rischio terrorismo in Val di Susa, mentre molotov, maschere antigas, fionde, cesoie, chiodi a quattro punte, chiavette esplosive non si offrono certo come hardware democratico, il «cattivo maestro» ironizza sul suo ruolo di ispiratore: «Non posso usurpare il titolo, non sono maestro, non sono neanche laureato. Cattivo sì e inservibile per i poteri che praticano soprusi».
Non sono i valsusini ad aver bisogno dello scrittore, ma è il vecchio rivoluzionario che ha continuamente bisogno di una sua piazza Taksim, di una sua Striscia di Gaza, di un suo Zuccotti Park. L'impressione, nonostante la cospicua produzione letteraria, è che De Luca non abbia chiuso i conti con il passato di responsabile del servizio d'ordine di Lotta Continua.

È una vita che espia (muratore, operaio, camionista, scrittore...) per placare quella hybris, quella tracotanza, e tutta la sua prosa nasce sotto il segno dell'espiazione, producendo non pochi effetti di «neodannunzianesimo proletario» (Massimo Onofri), di sentenziosità, di ieratismo partenopeo. Come tutti i guru ha un folto seguito di groupies attempate.
È  una vita che, pur leggendo ogni giorno la Bibbia, ci promette la verità sul delitto Calabresi ma finora la reticenza l'ha frenato. Nonostante si faccia abbagliare dalla luce televisiva, quando c'è da promuovere un suo libro, è nella notte della politica, dove tutte le regole sono nere, che preferisce smarrire la sensibilità civile.

 

 

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