
“PER HAMAS SEDERSI IN UN NEGOZIATO CON GLI USA SIGNIFICA UN RICONOSCIMENTO DEL SUO RUOLO NELLA STORIA” – L’AMBASCIATORE ETTORE SEQUI ANALIZZA L’ACCORDO SU GAZA E LE RIPERCUSSIONE NEL CAMPO PALESTINESE: “HAMAS PENSA DI POTERSI GARANTIRE LA SOPRAVVIVENZA NON PIÙ COME GRUPPO ARMATO MA COME IDEOLOGIA, ARRIVANDO A INFLUIRE SUI FUTURI ASSETTI DI GAZA” – NÉ NETANYAHU NÉ GRAN PARTE DEI POLITICI ISRAELIANI ACCETTERANNO MAI L’ESISTENZA DI UNO STATO DELLA PALESTINA: “C’È UN PROBLEMA DI PERCEZIONE DI SICUREZZA DEI PROPRI CONFINI. D’ALTRA PARTE TRUMP NON È INTENZIONATO A BATTERSI PER LO STATO PALESTINESE…”
Estratto dell’articolo di Silvia Valente per “MF”
I venti di pace soffiano più forti sulla striscia di Gaza che sull’Ucraina. Grazie soprattutto all’intervento del presidente statunitense Donald Trump, che è riuscito a far siglare al premier israeliano Benjamin Netanyahu e ai rappresentanti di Hamas un accordo suddiviso in fasi negoziali sempre più complesse per arrivare alla pace.
Quindi se vincesse il premio Nobel per la pace «sarebbe giusto ma magari se potesse puntare a ottenerlo il prossimo anno si impegnerebbe con più dedizione a rispettare tutti i passaggi verso la pace vera propria in Medio Oriente».
Lo ha dichiarato a MF-Milano Finanza Ettore Sequi, segretario generale della Farnesina e già ambasciatore italiano a Pechino.
[...]
benjamin netanyahu donald trump
Secondo Sequi, gli Usa sono riusciti ad aprire questa prima breccia verso la pace innanzitutto perché il fallimento dell’attacco israeliano in Qatar ha fatto «precipitare la situazione per Netanyahu, con una crescente polarizzazione interna al Paese e un indebolimento dell’immagine di Israele a livello globale, con la diffusione di tutte le immagini delle atrocità a Gaza».
D’altro canto, invece, Hamas ha sicuramente ricevuto pressioni da tutti i Paesi arabi, in particolare da Qatar e Turchia. Per di più, «la possibilità di sedersi in un negoziato con gli stessi Stati Uniti per Hamas significa un riconoscimento del suo ruolo nella storia».
ettore francesco sequi foto di bacco
E in prospettiva ritiene così «di potersi garantire la sopravvivenza non più come gruppo armato, come lo conosciamo oggi, ma come ideologia; arrivando a influire direttamente o indirettamente sui futuri assetti di Gaza».
Al riguardo, ha osservato Sequi, «non penso che né Netanyahu né molti rappresentanti del mondo politico israeliano accetteranno mai l’esistenza di uno Stato della Palestina». Questo perché «c’è un problema di percezione di sicurezza per cui la priorità di Israele è garantire i propri confini interni ed esterni».
Da non sottovalutare poi il fatto che la stessa amministrazione Trump non è intenzionata a battersi per lo Stato palestinese: «Tra i principali sostenitori del tycoon ci sono gli evangelici che credono che Cristo tornerà solo se Israele sarà integro», ha sottolineato Sequi.
La capacità di Trump di influire sugli attori in causa nel conflitto tra Ucraina e Russia è «molto diversa». Innanzitutto non è mai vacillato l’appoggio degli europei alla causa ucraina anche nei «momenti di freddezza tra Ucraina e Usa».
E poi sia il presidente russo Vladimir Putin che quello ucraino Volodymyr Zelensky si trovano in un momento in cui «il costo politico di sedersi al tavolo negoziale per la pace è più elevato di quello legato alla decisione di continuare a combattere».
Da non scordare poi il fatto che «le due posizioni e le condizioni per arrivare a una pace sono totalmente divergenti». Il punto di svolta, ha sottolineato Sequi, arriverebbe solo se venisse garantito all’Europa un cappello di protezione statunitense. Un costo impegnativo per Trump, sicuramente «più di fare arm twisting all’alleato Israele e a Hamas».
IL PIANO DI PACE DI TRUMP - VIGNETTA BY ELLEKAPPA
benjamin netanyahu donald trump
festeggiamenti in israele per l accordo di pace con hamas foto lapresse 8