GAY SPA: L’ARCIGAY FILO-PD FA IL PIENO DI TITOLI (E INCASSI) E OSCURA LE ALTRE ASSOCIAZIONI

Stefano Zurlo per Il Giornale

Più che una lobby è un partito. O meglio un'associazione collocata nel recinto sicuro della sinistra italiana: l'Arcigay. L'Arcigay è stata ed è di fatto la grande casa e l'indirizzo della comunità omosessuale e lesbica tricolore.

Così, quando da destra si prova a scalare questi temi, più ripidi della Cima Coppi al Giro d'Italia, ci s'imbatte in un muro che è anche ideologico. Una complicazione in più come se i gay fossero una corrente, una delle tante, nella galassia del Pd. O qualcosa del genere.
L'Arcigay, che ha espresso un leader storico come Franco Grillini, organizza l'unico vero evento che fa tendenza sui giornali e in tv nel corso dell'anno: il Gay Pride. E così mette ancora una volta il cappello su un mondo che invece sfuggirebbe volentieri alle logiche parlamentari.

Ma al di là delle scintille polemiche alla Biancofiore o delle battute facili - sulla lobby che assomiglia un po' ai poteri forti, così forti che non si riesce mai a dare loro un nome - l'Arcigay, che pesca nel retroterra comunista dell'Arci, ha messo su una rete invidiabile di discoteche, bar, saune frequentate dai tesserati.

È un divertimentificio, che funziona a meraviglia e ha migliaia e migliaia di soci, dalle Alpi alla Sicilia. «Direi - osserva Alessandro Cecchi Paone, storico gay non allineato - che è una rete solida e anche remunerativa, un business. Non a caso animatori e ballerine sfilano nel corteo del Gay Pride».

Insomma, più che una lobby si può cercare sul territorio una mappa aggiornata dei locali che soddisfano questo tipo di pubblico. E che hanno, semplificando, una storia progressista. Il rosso è quasi un fondale naturale, persino uno stereotipo, per questa sensibilità. Il resto, per essere onesti, è un balbettio.

L'altra metà del Paese, quella che non frequenta le Feste dell'Unità, ha provato a creare un contraltare ma il peso specifico di GayLib, la creatura di Enrico Oliari, è quello di una piuma rispetto al colosso targato Arci. Ed è testimonianza pura l'esperienza del Guado, il gruppetto di coraggiosi che abitano sulla linea minata del confine fra cristianesimo e omosessualità e prendono spunto da una pagina celeberrima del Genesi, quella della lotta fra Giacobbe e l'Angelo. Non fanno notizia, hanno una visibilità vicina alla zero e non incidono nel grande bazar della politica.

Quando ci s'interroga sui leader della comunità gay, si finisce sempre dalle parti di qualche politico di centrosinistra: da Paola Concia, che pure alle ultime elezioni è stata trombata, al governatore della Puglia Nichi Vendola, all'ex vicepresidente del Pd Ivan Scalfarotto, entrato in questo Parlamento con una pattuglia di gay dichiarati che sta sulle dita di una mano. E ancora una volta di una mano che si chiude come un pugno in manifestazione.

Lo stesso Scalfarotto, che aveva alle spalle un'esperienza importante come manager di una multinazionale in Europa, ha inventato Parks, una sorta di Linkedin del Diversity Management, ma ancora una volta i numeri sono modesti. E quel che all'estero è quasi un'ovvietà, qui da noi è solo un piccolo club che cresce poco o nulla. Anche se alle riunioni e agli incontri partecipano magari personaggi altolocati, come il principe Jonathan Doria Pamphilj.

«Diciamo la verità - riprende Cecchi Paone - la mitica lobby non riesce a portare a casa alcun risultato, proprio perché è impantanata negli schemi delle contrapposizioni politiche. Non è passata la legge sull'omofobia e non è stata raggiunta alcuna forma di riconoscimento sul piano giuridico, dai Dico ai Pacs, mentre in Francia siamo alle nozze gay».

E allora? C'è nel mondo radicale l'associazione Certi Diritti, ma anche qui convegni, petizioni, iniziative legislative sono patrimonio di un mondo piccolo piccolo. Come il pubblico di quei cinema d'essai, sofisticati e apprezzati, che però radunano pochissimi cinefili. «L'unica realtà di massa - conclude Cecchi Paone - è quella dello spettacolo, da intendere non come artisti, ma come contenuti di film, telefilm, cartoni animati». Su questo fronte la lobby gay friendly ha vinto, anzi ha stravinto. E ha cambiato le teste degli italiani.

 

FRANCO GRILLINI arcigayDA CHI ALESSANDRO CECCHI PAONE CIUCCIA LALLUCE AL SUO PERSONAL TRAIdNER PORTOGHESE carro arcigay roma - copyright PizziALESSANDRO CECCHI PAONE CON IL BOA VIOLA letta alla camera SILVIO BERLUSCONI MICHAELA BIANCOFIORE Ignazio Marino,Zoro,Ivano ScalfarottoPaola Concia e Aurelio Mancuso luxuria enzo foschi paola concia

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…