pinotti

GENERALI INCHIODATI ALLA POLTRONA – LA PINOTTI SMENTISCE RENZI ED ALLUNGA DA DUE A TRE ANNI LA VITA AI SUOI FIDATI CAPI DI STATO MAGGIORE – ERA RIMASTO FUORI QUELLO DELLA GUARDIA DI FINANZA, MA CON UN EMENDAMENTO INVIATO A PADOAN, PURE LUI RESTA – CHISSA’ SE LA MINISTRA ALLUNGHERA’ NELL’INCARICO PURE I VERTICI DEI SERVIZI?

 

Giacomo Amadori per la Verità

 

GIORGIO TOSCHI GIORGIO TOSCHI

La settimana scorsa il comandante generale della Guardia di finanza, Giorgio Toschi, seduto nel suo ufficio romano di viale 21 Aprile, ha ricevuto un’informazione che ha destato la sua viva preoccupazione. Dopo aver perso il 4 dicembre la copertura del suo mentore Matteo Renzi che tanto si era battuto per la sua nomina nella primavera 2016, da qualche tempo sembra avere meno fiducia nella politica e si guarda intorno con circospezione. Con questo stato d’animo ha scoperto quello che bolle nella pentola del ministro della Difesa, Roberta Pinotti. E si deve essere agitato.

 

carlo magrassi.carlo magrassi.

Infatti ha appreso che alla Difesa stanno cercando di modificare alcuni cavilli per far rimanere in carica i vertici militari per tre anziché due anni. Una decisione che incollerebbe alle poltrone diversi suoi colleghi, ma non lui, visto che la durata della carica di Comandante generale della Gdf è regolata da una legge diversa rispetto a quella degli altri militari e risale addirittura al 1959. La modifica di cui è venuto a conoscenza Toschi riguarda in particolare il comma 3 dell’articolo 1094 del decreto legislativo del 15 marzo 2010, meglio conosciuto come Codice dell’ordinamento militare che disciplina l’organizzazione, il funzionamento e i compiti della Difesa militare e delle forze armate italiane.

 

FAUSTO RECCHIAFAUSTO RECCHIA

Nel testo vigente si legge: «Gli ufficiali generali o ammiragli nominati Capi di Stato maggiore della difesa o di Forza armata, il Comandante generale dell’Arma dei carabinieri e il Segretario generale del Ministero della Difesa, durano in carica non meno di due anni». Il nuovo testo dovrebbe essere modificato in questo modo: «Nell’articolo 1094, comma 3, le parole «Segretario generale del ministero della Difesa, durano non meno di due anni» sono sostituite da «Direttore nazionale degli armamenti e Responsabile per la logistica durano in carica tre anni senza possibilità di proroga o rinnovo».

 

GENERALE CLAUDIO GRAZIANOGENERALE CLAUDIO GRAZIANO

Le recenti conferme del comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette e dei generali Claudio Graziani e Danilo Errico, rispettivamente Capo di Stato maggiore della Difesa e Capo di Stato maggiore dell’Esercito, vanno nella direzione prevista dalle nuove norme in fase di preparazione. Il provvedimento rientra nel più ampio capitolo del riordino di tutte le carriere dei militari, un materia complessa che sino a oggi non ha trovato la quadra a causa del gran numero di parti in causa, spesso con interessi in conflitto tra loro.

 

tullio del sette comandante generale dei carabinieritullio del sette comandante generale dei carabinieri

L’idea degli azzeccagarbugli della Difesa è quella di introdurre queste modifiche in uno dei prossimi Consigli dei ministri per consentire alle nuove norme di iniziare il loro iter nelle commissioni parlamentari. In vista di questa partenza sprint dell’emendamento riguardante Del Sette e gli altri vertici militari, negli uffici della Guardia di finanza hanno cercato di correre ai ripari. Per questo l’ufficio legislativo delle Fiamme gialle si è messo al lavoro per elaborare un emendamento capace di lasciare in sella anche il comandante generale Toschi. Quindi lo ha inviato all’ufficio legislativo del ministero delle Finanze e dell’economia affinché lo girasse alla Difesa, con cui le Fiamme gialle non hanno rapporti diretti.

 

Il documento inviato al Mef aveva la seguente intestazione: «Schema di disegno di legge recante riorganizzazione dei vertici del ministero della Difesa e delle relative strutture. Deleghe al governo per la revisione del modello operativo delle forze armate, per la rimodulazione del modello professionale e in materia di personale delle forze armate, nonché per la riorganizzazione della formazione». Stiamo parlando del disegno di legge che dovrebbe modificare il Codice dell’ordinamento militare di cui abbiamo già parlato.

VALTER GIRARDELLIVALTER GIRARDELLI

 

Questo è l’emendamento che gli esperti del Mef dovrebbero aver trasmesso ai colleghi dell’ufficio legislativo della Difesa. Proponendolo come farina del proprio sacco: «Al comma 1, dopo la lettera n), aggiungere la seguente: «o) in conseguenza di quanto previsto dalla lettera n), all’articolo 4, quarto comma, della legge 23 aprile 1959, numero 189, il primo e secondo periodo sono sostituti dai seguenti: il mandato del comandante generale ha una durata pari a tre anni e non è prorogabile né rinnovabile. Il comandante generale, qualora nel corso del triennio, debba cessare dal servizio permanente effettivo per il raggiungimento dei limiti d’età, è richiamato d’autorità fino al termine del mandato».

 

ALESSANDRO PANSAALESSANDRO PANSA

Quindi nella riforma in arrivo i capi potranno rimanere tre anni e non più due come era stato previsto dalla legge Tremonti nel 2010, un’idea subito rivenduta da Matteo Renzi come propria, quando, nell’aprile del 2016, giustificò così le nomine biennali di Franco Gabrielli (capo della Polizia), Giorgio Toschi (Gdf), Alessandro Pansa (Dis), Mario Parente (Aisi) e Valter Girardelli (Capo di Stato maggiore della Marina militare): «Ci siamo dati innanzitutto un metodo, che è quello di fare le nomine tutte insieme; abbiamo scelto di fare le nomine per solo due anni perché nell’aprile del 2018 comunque ci sarà un altro governo dopo le elezioni del febbraio del 2018 e noi siamo persone serie e vogliamo che chi verrà dopo di noi possa avere lo spazio di nomina che giustamente la legge prevede… poi siamo dell’idea che vinceremo le elezioni e che ci fermeremo noi, ma questo non lo possiamo sapere, per questo l’aspetto istituzionale di correttezza ha portato a fare nomine biennali».

MARIO PARENTEMARIO PARENTE

 

Adesso scopriamo invece che c’è la corsa a inchiodare ai loro posti i generali amici almeno sino al 2019. Perché, si sa, non c’è niente di più volubile delle parole dei politici. In particolare di quelli che speravano di arrivare alle elezioni del 2018 come candidati premier in pectore e che invece sono stati costretti a dimettersi e darsi alla scrittura. Mentre tutto intorno impazzano le inchieste giudiziarie.

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