giorgia meloni

GIORGIA MELONI NON RIESCE A USCIRE DAL CLAN! ALLE REGIONALI FLOP DEI CANDIDATI DI FRATELLI D’ITALIA: NEI TERRITORI MANCA LA CLASSE DIRIGENTE MA LA DUCETTA NON CERCA NOMI NUOVI, RESISTE LA LOGICA DI COLLE OPPIO – LA STAMPA: “LEI NON SPEZZA IL MECCANISMO DEL CLAN, PER CUI PREVALE SEMPRE IL VINCOLO DI FEDELTÀ E MILITANZA. IL PRIMO PARTITO DEL PAESE NON GUIDA NEMMENO UNA SOLA GRANDE REGIONE DEL SUD O DEL NORD. NON GOVERNA NESSUNA GRANDE CITTÀ. E GIÀ SI INTRAVEDONO I PROBLEMI SU ROMA (NON È UN MISTERO LA CHIACCHIERA SULLA CANDIDATURA DI ARIANNA) E MILANO. È VIVAMENTE SCONSIGLIATO IL PARAGONE CON SILVIO BERLUSCONI PERCHE’…"

Alessandro De Angelis per la Stampa - Estratti

 

Prima foto, la Campania. Dice tutto il dieci per cento di FdI su Napoli. Lì il coordinatore cittadino è Marco Nonno, "camerata di sicura fede", si sarebbe detto una volta: saluti romani, torta di compleanno con la Buonanima, due anni di condanna per resistenza a pubblico ufficiale per i disordini di Pianura. Neanche viene eletto. 

giorgia meloni - foto lapresse

(...)

 

A proposito: una parola su Edmondo Cirielli. Si è imposto a gomitate, perché si considera il padre padrone del partito laggiù. Insomma, «non gli si poteva dire di no» per vincolo di appartenenza.

 

E patatrac ovunque (...)

 

Seconda foto, la Puglia.

Terra che, storicamente, è sempre stata a cuore alla destra, fino a Giorgia Meloni che l'ha scelta come meta preferita delle vacanze. Anche qui, dice tutto il dieci per cento su Bari. Come predicava il vecchio Pinuccio Tatarella, se non vinci a Bari, ciao Puglia. Da quelle parti è stato eletto un solo consigliere uscente, Tommaso Scatigna, peraltro di Locorotondo. Mica male, perché di Bari è il plenipotenziario di FdI Marcello Gemmato, farmacista, padre almirantiano, uno che scommette su Giorgia dai tempi di Colle Oppio, un altro a cui «non si può dire di no». 

giorgia meloni comizio a napoli per cirielli 2199854

 

(...)

 

Senza il Salento sarebbe stato ancora peggio. Lì FdI ha superato il Pd col 26. Ma grazie a Raffaele Fitto, che ha sempre un suo peso nonostante ormai si occupi di Europa e sia stato estromesso dalla gestione del partito. La faida interna, su queste premesse, è annunciata.

 

Terza foto, il Veneto. Caso di scuola, che riassume il tutto. Lo scorso anno, con Giorgia Meloni capolista, il partito prese il 38. Ora contro Zaia, si riscende dalle stelle: metà dei voti della Lega, come numero di consiglieri uno in meno del Pd, che è il primo partito su Venezia città dove si vota la prossima primavera. I dioscuri sono Luca De Carlo, segretario regionale (filiera Lollobrigida) e Raffaele Speranzon, vicepresidente del gruppo al Senato.

giorgia meloni - foto lapresse

 

Vedrete ora come si ballerà sulla giunta: forti del risultato delle Europee, i Fratelli avevano ceduto la presidenza in cambio di sei assessori su nove. Con questi numeri, diventa complicato.

 

Beh, la storia vale un trattato di politologia. Giorgia Meloni è l'ultima figlia del partito novecentesco, sezioni e militanza, dalle giovanili all'assalto al cielo. Ops, ora proprio sul terreno del partito scivola a terra.

 

Com'è possibile che, dopo tre anni di governo, peraltro tutto sommato senza intoppi, la premier non trovi figure che diano il senso di una novità e di una classe dirigente competitiva? Il primo partito del Paese non guida nemmeno una sola grande regione del Sud o del Nord (solo Marche e Abruzzo, con tutto il rispetto).

EDMONDO CIRIELLI - GIORGIA MELONI

 

Non governa nessuna grande città. E già si intravedono i problemi su Roma – non è un mistero la chiacchiera sulla candidatura di Arianna e non è un mistero che stavolta Fabio Rampelli si impunterà – e Milano, dove «non si può dire di no» a La Russa. Ecco, solo se Giorgia Meloni riesce a imprimere al voto una torsione politica nazionale il quadro regge, sennò, sui territori, è un disastro.

 

La risposta è semplice: perché le figure nuove non le cerca, anche se, fuori da Colle Oppio ci sono mondi tutt'altro che ostili. Così come il Pd non spezza il meccanismo delle correnti (croce e delizia) lei non spezza quello del clan, per cui al dunque prevale sempre il vincolo di fedeltà e militanza. Si dice: lei funziona, il limite è la classe dirigente.

giorgia e arianna meloni 1

 

In verità il limite a monte è la mentalità da cui non riesce a liberarsi. Quel «non si può dire di no», fa presa sulla sua cultura politica: la contaminazione come minaccia e tradimento, la politica come rivincita minoritaria di un mondo e non come costruzione maggioritaria. Un'ultima considerazione.

 

È vivamente sconsigliato il paragone con Silvio Berlusconi, sia come capacità di costruire squadre che come quid. Una volta, riuscì a vincere nel Lazio anche senza la lista del Pdl, che non fu ammessa a causa di un pasticcio. Valeva oltre il 30 per cento…

GIORGIA E ARIANNA MELONI - MEME BY EMILIANO CARLI arianna meloni 1giorgia e arianna meloni 3giorgia meloni punto stampa al g20 in sudafrica 8

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…