
EIA, EIA, BACCALÀ! - GIULI, STORDITO DAL "PENSIERO SOLARE" E DAL "DIO PAN", S'INVENTA GLI SPIONI DI DAGOSPIA! “LA REPUBBLICA” RIVELA PERCHÉ È STATA CACCIATA CHIARA SBARIGIA DALLA PRESIDENZA DI CINECITTÀ: "AVER PASSATO NOTIZIE SEGRETE E 'INTERESSATE' A DAGOSPIA, PER DI PIÙ FORAGGIATO CON LAUTE PUBBLICITÀ PAGATE DALL'AZIENDA CON SOLDI PUBBLICI (26.500 EURO PER IL PROGETTO SPECIALE "PROMOZIONE CINEMA" DEL 2024, NDR)" - "REP" AGGIUNGE: "A NULLA VALGONO LE PROTESTE DELLA SBARIGIA CHE PROVA A SPIEGARE COME QUELLA CAMPAGNA FOSSE STATA AUTORIZZATA DA SANGIULIANO, TANTO PIÙ CHE INIZIATIVE DEL GENERE NON SONO CERTO UNA NOVITÀ’’ (PER GIULI, FARE PUBBLICITA' VUOL DIRE CORRUZIONE?) – AMORALE DELLA FAVA: "O SBARIGIA LEVE LE TENDE O IO TOLGO LE DELEGHE A BORGONZONI. SALVINI NON PUÒ FAR ALTRO CHE DARE IL BENSERVITO ALL'UNA PER TENERSI L'ALTRA”
Giovanna Vitale per “la Repubblica”
ALESSANDRO GIULI E LUCIA BORGONZONI
Ne resterà solo uno. E pazienza se nel frattempo il cinema italiano muore, ucciso da riforme sbagliate, risse tra alleati di governo, teste mozzate per dispetto.
Un delitto perfetto. Figlio della guerra tra il meloniano Alessandro Giuli — ministro della Cultura intesa come motore della nuova egemonia tricolore (nel senso di fiamma) — e la sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni.
Ormai non più soltanto dichiarata, avendo già fatto la prima vittima sul campo: Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà sino all'altro ieri quando, col favor delle tenebre, ha rassegnato le sue dimissioni dal vertice dell'azienda controllata al 100% dal Tesoro.
Uscita all'improvviso — peraltro a poche ore dalla visita di Giuli ai cantieri aperti negli Studios grazie ai fondi del Pnrr — ufficialmente per occuparsi d'altro, evitare il potenziale conflitto di interessi fra la carica appena abbandonata e la presidenza dell'Apa, l'associazione dei produttori dell'audiovisivo.
In realtà, capro espiatorio di un conflitto senza esclusione di colpi fra Fratelli d'Italia e Lega per il predominio di un settore considerato strategico per costruire consenso e cambiare segno all'immaginario nazional-popolare, fin qui ritenuto appannaggio di una certa sinistra.
Non si sono mai presi, Giuli e Borgonzoni. Differenze caratteriali, oltre che di appartenenza. Ennesimo capitolo di una frattura in seno all'esecutivo che rischia di compromettere un'industria, quella cinematografica, che è uno dei comparti trainanti del made in Italy. Prenderne il controllo significa esercitare un grande potere: prerogativa che né il ministro, né la sottosegretaria intendono cedere.
ALESSANDRO GIULI - LUCIA BORGONZONI
E su cui sin da subito iniziano a litigare. In principio sottotraccia. Fino a un mese fa, quando lo scontro deflagra: in un'intervista a Libero Borgonzoni scarica sul ministro il ritardo nell'erogazione dei finanziamenti e lo stallo sulla revisione del tax credit.
La risposta è feroce: Giuli prova a estrometterla dal tavolo di confronto con attori e registi.
Beghe consumate alla luce del sole, in un quadro di maldicenze reciproche spifferate ai giornali e di veleni riversati nei corridoi ministeriali che rendono il clima irrespirabile.
Una guerra di nervi, prima che politica. Che l'inquilino del Collegio romano decide di risolvere a modo suo. Picconando pezzo dopo pezzo il sistema di relazioni costruito dalla sottosegretaria nella sua ormai decennale veste di delegata al Cinema.
chiara sbarigia lucia borgonzoni foto di bacco
Cominciando dal luogo più simbolico: Cinecittà. Dove, nella spartizione fra partner di maggioranza, FdI ha piazzato come amministratore delegato Manuela Cacciamani, vicina ad Arianna Meloni, mentre la Lega ha confermato Sbarigia, insediata alla presidenza da Dario Franceschini ma da sempre in ottimi rapporti con Borgonzoni.
Asse che Giuli sceglie dunque di spezzare in fondo a un ultimo giro di articoli che svelano le trame di "Lucia e Chiara" per mettere il ministro in cattiva luce e far fare bella figura alla sua vice.
E così, mercoledì scorso, proprio mentre a Riccione si celebrava la settimana della fiction italiana officiata dalla leghista che lì ha il suo collegio elettorale, la presidente di Cinecittà viene convocata con urgenza a Roma. Al ministero. Dove il medesimo Giuli, la capo di gabinetto Valentina Gemignani e il capo segreteria Emanuele Merlino imbastiscono un processo contro Sbarigia e le chiedono di fare un passo indietro.
gennaro sangiuliano alessandro giuli
Imputazione? Aver passato notizie segrete e "interessate" a Dagospia, per di più foraggiato con laute pubblicità pagate dall'azienda con soldi pubblici (per la precisione 26.500 euro per il progetto speciale "Promozione cinema" del 2024, ndr).
E a nulla valgono le proteste dell'accusata che prova a spiegare come quella campagna fosse stata autorizzata da Sangiuliano, tanto più che iniziative del genere non sono certo una novità.
Né serve l'offerta sì di lasciare ma più in là, dopo l'approvazione del bilancio, così da consentire una transizione ordinata. Per Giuli la sentenza è già scritta: deve andare via. E se non con le buone, intende riuscirci con le cattive.
lucia borgonzoni matteo salvini
Perciò alza il telefono e chiama Matteo Salvini. Per dirgli, più o meno: o Sbarigia leve le tende o io tolgo le deleghe a Borgonzoni. Il capo della Lega non può far altro che dare il benservito all'una per tenersi l'altra. Tutto è bene quel che finisce bene? Manco per idea. Il primo round lo vince Giuli. Ma la guerra per il cinema è tutto fuorché conclusa.
EMANUELE MERLINO
manuela cacciamani chiara sbareggia
giuli arianna meloni