
“IL DOPPIO STANDARD MORALE, 'PUTIN STATISTA/NETANYAHU ASSASSINO', PERMANE E ANZI SI RAFFORZA NEI PACIFISTI ITALIANI” –ANTONIO POLITO AFFONDA IL COLPO CONTRO "LA MALAFEDE DELLA SINISTRA A 5 STELLE E DELLA DESTRA FILO-PUTINIANA” - "QUELLI CHE NETANYAHU È UN PAZZO GUERRAFONDAIO AD ATTACCARE L’IRAN, MA PUTIN LE SUE RAGIONI CE L’AVEVA PER INVADERE L’UCRAINA, SONO UN ESEMPIO DI CONTRADDIZIONE LOGICA ED ETICA PURTROPPO ALQUANTO DI SUCCESSO NEL DISORIENTATO DISCORSO POLITICO NOSTRANO" - "LA DEBOLEZZA STRATEGICA DELL’ITALIA STA ANCHE IN QUESTA OPERA DI COSTANTE EROSIONE E NEGAZIONE DELL’INTERESSE NAZIONALE"
Antonio Polito per il “Corriere della Sera” - Estratti
Quelli che Netanyahu è un pazzo guerrafondaio ad attaccare l’Iran, ma Putin le sue ragioni ce l’aveva per invadere l’Ucraina, sono un esempio di contraddizione logica ed etica purtroppo alquanto di successo nel disorientato discorso politico nostrano.
Meritano una confutazione non tanto e non solo per amor di polemica, ma anche e soprattutto perché rivelano una delle (molte) ragioni della debolezza intrinseca della nostra politica estera.
(...) Oggi nelle piazze il premier israeliano viene condannato come «genocida» o, nel migliore dei casi, autore di una «pulizia etnica» a danno dei palestinesi.
M a a Putin potrebbe essere rivolta la stessa accusa. Ha più volte dichiarato che «l’Ucraina non esiste». Per lui dunque gli ucraini non sono un popolo, ma solo russi sotto mentite spoglie, da riportare a casa (la «Nuova Russia», così battezzata due secoli e mezzo fa, dopo la conquista militare di Caterina la Grande).
Netanyahu passa per uno sterminatore di bambini palestinesi (e lo è, a causa del ricorso indiscriminato a una soverchiante superiorità militare, dell’uso della fame come strumento di guerra, della dislocazione forzata delle popolazioni civili).
Ma Putin è un rapitore sistematico e documentato di minori ucraini (quasi ventimila): comportamento tipico nelle «pulizie etniche», che vogliono appunto estirpare da una terra perfino il seme del suo popolo. E qualcuno se la sente forse di dire che la strage di civili nelle città ucraine sia meno «disumana» di quella perpetrata nella Striscia? L’unica vera differenza è che dura da più tempo.
Sia nel caso di Gaza, ma ancor più in quello dell’Iran, Netanyahu può almeno addurre la scusante della provocazione, o il motivo della minaccia esistenziale. Per la Striscia, il massacro di Hamas del 7 ottobre. Per Teheran, il rischio incombente e imminente della Bomba degli ayatollah, riconosciuto dopo vent’anni perfino dalla indipendente Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che un po’ di più dei nostri opinionisti da talk show ne sa.
Anche col beneficio della creduloneria dei suoi estimatori, Putin non può vantare invece nemmeno una di queste esimenti per aver invaso nel febbraio di tre anni fa uno Stato sovrano e indipendente, i cui confini sono riconosciuti da tutte le organizzazioni internazionali.
Eppure, questo doppio standard morale, Putin statista/Netanyahu assassino, permane e anzi si rafforza, per me incomprensibilmente. Alcuni sostengono che il motivo sia l’odio inveterato di un settore politico italiano per l’America: si sta sempre dalla parte di chi sta contro gli Usa. Ma anche questa spiegazione non è più così valida.
Oggi l’America di Trump sta evidentemente dalla parte di Putin nel conflitto ucraino. Kiev dovrebbe dunque recuperare quella simpatia di cui sempre gode il Davide, piccolo e indifeso, contro il gigante Golia di turno. E invece no.
Questa enorme contraddizione, che spesso origina da vera e propria malafede e che non è solo della sinistra a 5 stelle, oggi egemonica in quell’area politica, ma anche della destra filo-putiniana perché anti-europea, viene coperta in modo astuto; così astuto da apparire accettabile a una fetta importante dell’opinione pubblica. Coloro che la sostengono si dicono infatti pacifisti.
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Così si sono invaghiti di Trump al suo secondo avvento sulla scena del mondo, applaudendo l’uomo che appena pochi mesi fa prometteva di «mettere fine a tutte le guerre» (e attualmente ne sostiene due, a Gaza e all’Iran, e ne tollera un’altra, in Ucraina). Con finta ingenuità hanno scambiato per «diplomazia» i suoi abboccamenti telefonici con Putin o i negoziati con l’Iran sul nucleare, convinti di aver trovato un nuovo campione che possa finalmente capovolgere le priorità storiche dell’Occidente, dando così loro ragione.
Se la sono presa con l’Europa, colpevole di resistere al capo dei Maga, cioè al teorico del nazionalismo più esplicito (America First), e l’hanno candidato al Nobel per la Pace. Hanno dunque proposto una lettura opposta a quella che tutte queste guerre dovrebbero invece indurre nella classe dirigente di un Paese come l’Italia, grande ma piccolo. E cioè che il conflitto armato è tornato a essere il metodo abituale di risoluzione dei contrasti e delle controversie internazionali; almeno al di fuori di quell’area, da tanti disprezzata eppur così pacifica, che è l’Unione europea.
E che dunque, proprio al fine di ripudiare la guerra, bisogna prenderne atto e prepararsi a proteggere la nostra libertà, benessere, stile di vita, dotandosi insieme con gli alleati europei di una capacità di difesa e deterrenza militare. Negando questa realtà, allenano la nostra irrilevanza; perché allevano un’opinione pubblica incapace di comprendere quale sia il nostro interesse nazionale.
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La debolezza strategica dell’Italia e della sua politica estera, sempre più sballottolata dagli eventi, sta anche in questa opera di costante erosione e negazione dell’interesse nazionale. Non più riconosciuto come tale da una classe dirigente degna di questo nome perché unita dalla comprensione di come è cambiato il vecchio mondo. E invece sempre più divisa su quale debba essere il nostro posto nel nuovo mondo.