L’INCUBO DELLA “EUROPEIZZAZIONE” NELL’AMERICA DI OBAMA – QUELLA EURODEGENERAZIONE DI WELFARE STATE, DI DEBITI PUBBLICI, DI “TASSA E SPENDI”, DI IVA, DI DIRITTI ACQUISITI SEGNERA’ LA FINE DEL SOGNO AMERICANO - LA STRUTTURA DELLO STATO SOCIALE - SOCIALDEMOCRATICO O ADDIRITTURA SOCIALISTA PER I FANATICI AMERICANI - NON REGGE PIÙ E NEMMENO L’EUROPA SE LA PUÒ PIÙ PERMETTERE – FISCAL CLIFF FOREVER...

Vittorio Zucconi per "la Repubblica"

In maglietta a righe da gondoliere e in baschetto da Rive Gauche, Barack Obama sta trasformando Washington in una "Bruxelles sul Potomac" e gli Stati Uniti nella triste copia dell'Unione Europea. Torna, sull'orlo del burrone fiscale per ora schivato, l'incubo della "europeizzazione" dell'America.

È l'Economist, il settimanale politico finanziario più seguito nel mondo, a denunciare in una copertina autorevolmente goliardica e in un'analisi sprezzante, quella eurodegenerazione dell'America che da anni la destra repubblicana denuncia: sinonimo di welfare state, di debiti pubblici, di "tassa e spendi", di Iva, di diritti acquisiti che segneranno la fine del sogno americano. Nel mismanagement, nella cattiva gestione dell'interesse generale da parte di politicanti e burocrati incapaci di superare i propri recinti ideologici ed egoismi personali.

È stato l'accordo della undicesima ora per evitare il salto nel precipizio fiscale, raggiunto proprio alle 11 esatte dell'ultima notte, a riesumare quell'incubo della involuzione americana verso modelli di assistenzialismo all'europea e di deficit fuori controllo che turba i sonni dei repubblicani. Con una soluzione «che non ha risolto niente», con un compromesso che non ha affrontato il grand bargain, il patto generale e radicale per scalare la montagna dei 16mila miliardi di debiti (otto volte l'Italia), riducendo le spese pubbliche e frenando la crescita dell'imposizione.

Così la dirigenza politica americana e Obama il gondoliere per primo hanno fatto quello che l'Europa fa da sempre: «Prendere a calci la lattina vuota spingendola avanti», sbuffa l'Economist. Tutti i problemi di fondo, e primi fra tutti lo squilibro strutturale fra introiti e spese del governo federale, rimangono.

Già in marzo, ricorda l'Economist che da leale organo di stampa britannico detesta l'Europa continentale, l'euro e la sovrastruttura eurocratica, il limite legale dell'indebitamento pubblico raggiungerà il tetto che, come vuole la legge, soltanto il Parlamento può alzare. In passato, l'innalzamento di questo tetto era un atto di routine, approvato senza clamore.

Sotto il regno di Reagan, il (falso) profeta della frugalità fiscale, la soglia fu elevata per 14 volte in otto anni, in completo silenzio. Ma da quando il Partito repubblicano, ancora in maggioranza alla Camera nonostante le perdite alle ultime elezioni, è stato dirottato dai movimentisti anti- Stato del Tea Party che, come tutti i movimentisti sanno che cosa
non vogliono ma non che cosa vogliono, il tetto al debito è diventato una clava per ricattare la Casa Bianca.

Proprio il Tea Party, umiliato dal voto che alza le tasse ai redditi oltre i 450mila dollari anni e viola il dogma del "meno tasse per i ricchi", cercherà la propria vendetta estorcendo a Obama tagli sul welfare state per accettare l'autorizzazione a nuovi debiti. Dunque si attendono altri contorcimenti, ricatti, pronunciamenti solenni, accuse, negoziati in buona e mala fede, stridore di denti e profezie di sventura fino all'ultim'ora.

Conclusi, prevede l'Economist, con nuove finte soluzione "all'europea", compromessi, cerotti, espedienti alla Mario Draghi per rimandare la verità, quella che gli europei alla Merkel e Sarkozy non osano dire. Che la struttura dello stato sociale - socialdemocratico o addirittura socialista per i fanatici americani - non regge più e l'Europa non se la può più permettere.

Qui sta il nocciolo radioattivo della discussione e la sostanza politica.
L'Obama in baschetto e il suo principale avversario, il presidente della Camera appena rieletto, Jim Boehner, dipinto in Lederhosen, in braghine di cuoio alla baverese dall'Economist, sono soltanto i "pupi" da copertina di un duello storico e serissimo. La battaglia in corso a Washington non è quella per il tetto del debito, che alla fine sarà come sempre alzato per non mandare in "default" i buoni del tesoro americani e tagliare il rating. Né sono quei circa tremila e 500 dollari in più all'anno che gli "over 450mila" dovranno versare in tasse sul reddito, contribuendo con un minuscolo e simbolico aumento dello 0,3 per cento alle casse del fisco federale.

La battaglia apocalittica, risponde il venerabile Paul Krugman oggi ascoltatissimo e citatissimo, è fra due concezioni diverse e opposte della società americana. Il deficit è un finto problema, essendo in dollari, dunque in moneta controllata pienamente dal governo e dalla Fed. Si vuole demolire l'America ereditata dal New Deal di Roosevelt e poi ampliata dalla Grande Società di Lyndon Johnson, che ha creato la Sicurezza Sociale, le pensioni di anzianità pubbliche, i sussidi di disoccupazione, la sanità per i vecchi e per i minorenni più poveri e la prima riforma sanitaria universale mai vista, la "Obamacare".

E riesumare, al suo posto, l'America pura e dura, quella soltanto accarezzata da Reagan ma ora portata con virulenza movimentista dai "Taliban" del Tea Party, che vedono nello stato il problema e nella spesa pubblica la normalizzazione dell'eccezionalismo Usa verso modelli europei. "Bruxelles sul Potomac", appunto.

È un confronto scritto nella natura stessa della società americana, nella dialettica fra i fautori dello "stato di natura", dove il più forte prevale a beneficio della crescita di tutti e dello "stato solidale", dove nessuno cresce se non cresce il più piccolo fra di noi. Ai progressisti resta da risolvere il problema di come pagare per i più piccoli, quando il debito sprofonda e lo stato sociale è pagato con la carta di credito del governo.

Ai conservatori, resta da conciliare il sogno del darwinismo capitalista con le migliaia di miliardi pubblici - dunque anche soldi dei più piccoli - rovesciati nella casse della banche private per salvarle. E non tutti sono convinti, come l'economista Bruce Bartlett scrive su Forbes, che un qualsiasi cittadino europeo viva in condizioni peggiori del proprio equivalente americano. Con un'aliquota massima del 39,5 per cento sui grandi redditi, la strada verso la fiscalità europea è ancora molto lunga e i Depardieu americani possono riposare sereni.

 

OBAMA ALLE HAWAII President Obama BARACK OBAMA E JOE BIDEN Fiscal Cliff ObamaSpending Obamal giorno di Natale Obama e la moglie Michelle hanno visitato la base dei Marines alle Hawaii ObamaObama over the Cliffohn Kerry con il presidente Barack Obama Obama con Boehner

Ultimi Dagoreport

gaza giorgia meloni donald trumpm benjamin netanyahu

QUANTO A LUNGO PUÒ ANDARE AVANTI IL TRASFORMISMO CHIAGNE E FOTTI DI GIORGIA MELONI DECLINATO IN SALSA ISRAELO-PALESTINESE? - L’ITALIA HA DATO IL SUO VOTO FAVOREVOLE AL RICONOSCIMENTO DI "DUE POPOLI, DUE STATI" ALL'ASSEMBLEA DELL'ONU DEL 22 SETTEMBRE - MA, FRA UNA SETTIMANA, SU INIZIATIVA DI FRANCIA E ARABIA SAUDITA, IL CONSIGLIO DELL'ONU E' CHIAMATO A VOTARE IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE: CHE FARA' LA "GIORGIA DEI DUE MONDI"? - FRANCIA, AUSTRALIA, BELGIO, CANADA, FINLANDIA, MALTA, PORTOGALLO E REGNO UNITO ENTRERANNO A FAR PARTE DEI 147 STATI DEI 193 MEMBRI DELL’ONU CHE RICONOSCONO LA PALESTINA - DIMENTICANDO PER UN MOMENTO LE STRAGI DI GAZA, LA PREMIER VOTERA' CONTRO O SI ASTERRA' PER COMPIACERE TRUMP E L’AMICO NETANYAHU? TROVERA' IL CORAGGIO DI UNIRSI AL RESTO DEL MONDO, VATICANO COMPRESO? AH, SAPERLO...

giorgia meloni vox ursula von der leyen santiago abascal

DAGOREPORT - SE I MEDIA DI CASA NOSTRA, DEL VIDEO-MESSAGGIO DI GIORGIA MELONI ALL'EVENTO MADRILENO DI VOX, HANNO RIPRESO SOLO LA PARTE DEL DISCORSO RIGUARDANTE L’ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK, SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO COME MARTIRE DELL’ODIO E DELLA VIOLENZA DELLA SINISTRA, I CAPOCCIONI DI BRUXELLES HANNO SBARRATO GLI OCCHI PER UN ALTRO MOTIVO - CHE CI FACEVA LA MELONI, EX PRESIDENTE DEL GRUPPO DEI CONSERVATORI EUROPEI ALL’EVENTO “EUROPA VIVA 2025” DI VOX, IL PARTITO DI ESTREMA DESTRA SPAGNOLO CHE DAL 2023 È STATO ARRUOLATO DA “PATRIOTI PER L’EUROPA”, L’EUROGRUPPO ANTI-UE CREATO DAL DUCETTO UNGHERESE E FILO-PUTINIANO, VIKTOR ORBAN, DI CUI FA PARTE ANCHE LA LEGA DI SALVINI? - ALLA FACCIA DEL CAMALEONTISMO DELLA “GIORGIA DEI DUE MONDI”, BASCULANTE TRA UN VIAGGETTO E UN ABBRACCIO CON I DEMOCRISTIANI TEDESCHI URSULA VON DER LEYEN E FEDRICH MERZ, A CATALIZZARE L’IRRITAZIONE DEI VERTICI DELL’UNIONE È STATO IL TEMA DELL'EVENTO DI VOX CHE, TRA DIBATTITI SU IMMIGRAZIONE ILLEGALE, LAVORO, CASA E SICUREZZA, SPUTAVA IN FACCIA AI POTERI FORTI DI BRUXELLES - LA MANIFESTAZIONE DI VOX HA DIMOSTRATO, PER L’ENNESIMA VOLTA, L’ISTRIONICA PERSONALITÀ DI COMUNICATRICE DELLA PREMIER ALLA FIAMMA. TALENTO LATITANTE TRA I NUMEROSI GALLI DEL  CENTROSINISTRA... - VIDEO

FLASH! – MENTRE SVANISCE LA MILANO DEI ‘’POTERI FORTI’’ E DEI “SALOTTI BUONI”, FINITI SOTTO IL TALLONE DEI “BARBARI ROMANI”, SI ALZA LA VOCE DEL 92ENNE GIOVANNI BAZOLI - IL GRANDE VECCHIO, CHE INSIEME A GUZZETTI HA RIDISEGNATO IL SISTEMA BANCARIO, HA CONSEGNATO ALLA FELTRINELLI LA SUA AUTOBIOGRAFIA (LA FIGLIA CHIARA, NONCHÉ COMPAGNA DEL SINDACO DI MILANO BEPPE SALA, LAVORA ALLA FONDAZIONE FELTRINELLI) – IL LIBRO PARTE DALLA GUERRA AI NAZIFASCISMO E LA PASSIONE PER ALESSANDRO MANZONI, CONTINUA CON LA CELEBRAZIONE DI NINO ANDREATTA, LE VICENDE DEL BANCO AMBROSIANO, FINO ALLA CREAZIONE DI INTESA SANPAOLO…

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...