L’ULTIMO RATZINGER – LA SUA “FUGA” LA CHIAMA: “DIO MI CHIAMA SU MONTE” –AL SUO POSTO, FERRARA: “LE INCHIESTE FARLOCCHE SULLA LOBBY GAY E SUGLI APPALTI, E TUTTA LA MOVIMENTAZIONE SGHEMBA E ACCIDIOSA DELLE NOTIZIE PRESUNTE SUL MALAFFARE VATICANO E SULLE CONNIVENZE DEL CLERO CON GLI ABUSI PEDOFILI SUI MINORI, SONO ORCHESTRAZIONI A SFONDO POLITICO ED ELETTORALE”…

1. L'ULTIMO RATZINGER
La Stampa.it

«Dio mi chiama su monte, ma non abbandono la Chiesa. Se dio mi chiede questo è per servirla con la stessa dedizione». Così Ratzinger per l'ultimo Angelus da Papa.

«Cari fratelli e sorelle, grazie per il vostro affetto, oggi abbiamo un vangelo molto bello, quello della Trasfigurazione», ha detto il Pontefice appena affacciatosi. E ha ricordato: «Quando Pietro salì sul monte Tabor a pregare e voleva restarci, pregando fu ricondotto al cammino, all'azione».

Un lungo applauso lo aveva salutato appena affacciatosi alla finestra. Pochi secondi prima la folla scandiva il suo nome, accompagnato da applausi, come si usa negli stadi. I fedeli hanno scelto di assieparsi sotto i due maxi schermi collocati ai due lati del Colonnato, mentre è vuota la parte vicina al Sagrato, dove sono collocati altri due maxi schermi, leggermente più piccoli. Un elicottero sorvola l'area del Vaticano. Più volte il Papa è stato interrotto dagli applausi della folla e dallo sventolio di bandiere.

«Vi ringrazio per l'affetto e per la condivisione, specialmente nella preghiera, di questo momento particolare per la mia persona e per la Chiesa», ha detto Ratzinger salutando la folla.

2. QUELLA CARICATURA DEL LIBERARLISMO CHE SONO LE INCHIESTE SUL VATICANO
Giuliano Ferrara per Il Foglio

Finalmente anche il Vaticano ha cominciato a reagire. La segreteria di stato e il portavoce della santa sede hanno detto sabato quel che tutti i non conformisti avrebbero dovuto dire da subito e nessuno si era azzardato nemmeno a sussurrare. Hanno detto che le inchieste farlocche sulla lobby gay e sugli appalti, e tutta la movimentazione sghemba e accidiosa delle notizie presunte sul malaffare vaticano e sulle connivenze del clero con gli abusi pedofili sui minori, sono orchestrazioni a sfondo politico ed elettorale.

Sono, hanno aggiunto, campagne per colpire il papato, per intimidire i cardinali, per sferrare nuovi colpi a una chiesa dolente, che cerca di fissare nel rispetto delle sue antiche regole i termini inauditi di un passaggio di consegne tra un Pontefice che ha liberamente deciso di andarsene rinunciando alla carica e uno che deve essere eletto, altrettanto liberamente, da un corpo di porporati selezionato secondo costituzioni autorevoli e vecchie come il cucco.

Una volta, all'epoca del temporalismo e della legittimazione religiosa del potere politico, le potenze europee intimidivano il clero deputato a eleggere i papi invocando la ragion di stato, armeggiavano con le pressioni delle diplomazie e la minaccia della forza, oggi si fa altrimenti, si usa il controllo onnipervasivo dell'opinione pubblica, s'inventano fatti, rivelazioni segrete non verificabili, o si rinfocolano e deformano e personalizzano sospetti e ombre che una lunga stagione di delazione anonima, di negoziato finanziario risarcitorio, di pregiudizio anticlericale ha lasciato posarsi su settori decisivi della chiesa come istituzione umana, cercando di assoggettarla alle regole del secolo, di democratizzarla a viva forza, di imporle un modo ideologicamente corretto di sentire i problemi morali, di impedirle il governo delle anime a fronte del peccato come area distinta dalla denuncia del reato.

Credo di avere compreso la questione, che non è riconducibile solo alla maldicenza come stile professionale o ai complotti anticattolici, quando a New York qualche anno fa tentai invano di spiegare a una militante liberal dell'Upper West Side che la legge americana poteva arrestare l'arcivescovo di Boston, se colpevole di reato, e sottoporlo a giusto processo, quando voleva;

ma la legge e la società americana non potevano assecondare una barbarica campagna di sospetto e di odio sui modi in cui i vescovi governano le anime dei loro preti e dei loro fedeli: lì si entrava in un altro ordine del discorso, quello dell'autonomia del fatto religioso, della libertà della chiesa, e conseguentemente si poteva criticare, incalzare, pretendere tutta la trasparenza del mondo, ma non criminalizzare e sputtanare con metodi poco ortodossi, con richieste di risarcimento e delazioni a molti anni di distanza che puzzano di combine lontano un miglio. Quella è una caricatura del liberalismo.

Tantomeno, oggi, è tollerabile l'uso elettorale in Conclave dello scandalismo di questi anni e del sospetto sulla tenuta personale, di fronte ai peccati del clero, dei cardinali chiamati a eleggere il Papa. Ci domandavamo nei giorni scorsi, denunciando la strategia della calunnia e il silenzio corrivo dei cattolici di fronte ad essa, se i paolini siano diventati pazzi, e adesso c'è solo da sperare che questa domanda se la rivolgano direttamente loro stessi: sottoporre a referendum tra i lettori di Famiglia cristiana il diritto, che è un dovere canonico, dei cardinali a partecipare al Conclave: che idea basso-secolarista, quale bizzarro calco del morboso a mezzo stampa con cui in tanti vorrebbero una chiesa a bocca chiusa e la fine nell'umiliazione e nel disdoro, nell'impotenza e nell'intimidazione, di un ciclo papale, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI, che ha dato al mondo alcune delle azioni e delle idee più efficaci a tutela della sua libertà, dalla vittoria sul comunismo alla messa in questione delle certezze scientiste sulla manipolazione della vita umana e sul prepotere del relativismo immoralista che schiaccia i canoni ovvi di una vita decente.

 

 

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